Il 2 dicembre scorso l’ISTAT ha pubblicato il rapporto di ricerca su L’inclusione scolastica degli alunni con disabilità relativo all’anno scolastico 2021-2022 (il cui testo integrale, assieme alle tavole, è disponibile a questo link).
Spiace innanzitutto constatare che in tale rapporto le differenze di genere non siano considerate né nel linguaggio (si usa il maschile sovraesteso), né nella rilevazione dei dati (che non sono disaggregati per genere). È pertanto necessario ripetere per l’ennesima volta che senza dati disaggregati per genere non si possono contrastare le discriminazioni multiple cui sono esposte le alunne (e anche coloro che non si identificano in alcun genere) con disabilità che frequentano le scuole di ogni ordine e grado, e che contrastarle non è facoltativo, visto che tale disposizione è contenuta nella Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità, ratificata dal nostro Paese con la Legge 18/09. Dunque, se ancora non fosse chiaro: tutti i dati riguardanti le persone con disabilità vanno disaggregati anche per il genere, perché senza dati disaggregati non si può applicare la Convenzione ONU.
Dopo questa doverosa premessa, veniamo agli altri contenuti del rapporto, integrando il genere almeno nel linguaggio.
L’ISTAT informa che nell’anno scolastico 2021/2022 sono più di 316.000 gli alunni e le alunne con disabilità che frequentano le scuole italiane, che questi rappresentano il 3,8% degli/delle iscritti/e, e che vi è stato un incremento del 5% (pari a 15mila unità) rispetto all’anno scolastico precedente.
Nel periodo considerato, come disposto a livello ministeriale, vi è stato un minore ricorso alla didattica a distanza, una modalità adottata nell’anno scolastico 2019-2020 per contenere la diffusione del Covid, che però ha rappresentato un ostacolo alla partecipazione e all’interazione tra coetanei. Oltre al minore ricorso alla didattica a distanza, è stato consentito a molti/molte studenti con disabilità di partecipare in presenza durante i periodi di restrizioni: nelle scuole che hanno attivato la didattica a distanza, infatti, più di 86.000 studenti con disabilità (64%) hanno preso parte alle lezioni in presenza, mentre il resto della classe era collegata da remoto. Ciò nonostante la socializzazione ne ha risentito ugualmente, se è vero che solo un alunno/alunna su tre ha potuto interagire con i/le coetanei/e collegato/a da remoto, mentre gli/le altri/e hanno partecipato con il solo insegnante per il sostegno, in totale isolamento dal gruppo classe.
Un dato positivo è costituito dal fatto che sono oltre 207.000 gli/le insegnanti per il sostegno impiegati/e nelle scuole italiane nel periodo considerato, e che questo è un valore in crescita di oltre 16.000 unità rispetto all’anno scolastico precedente. Tuttavia di questi/e docenti, più di 70.000 (il 32%) sono stati/e selezionati/e dalle liste curricolari; si tratta cioè di insegnanti senza una formazione specifica, ma che vengono impegnati/e nelle classi frequentate da alunni e alunne con disabilità per far fronte alla carenza di figure specializzate.
Si tratta di un fenomeno più frequente nelle Regioni del Nord (con il 42% di insegnanti curricolari che svolgono attività di sostegno) e meno nel Mezzogiorno (dove la percentuale si riduce al 19%).
Gli strumenti tecnologici a supporto della didattica costituiscono un importante ausilio per favorire l’apprendimento, e gli insegnanti dovrebbero ricevere un’adeguata formazione al loro impiego, tuttavia la formazione dei/delle docenti per il sostegno sulle tecnologie educative specifiche per gli alunni e le alunne con disabilità risulta ancora poco diffusa. Infatti «in una scuola su 10 nessun insegnante per il sostegno ha mai frequentato un corso specifico di aggiornamento per l’utilizzo di tali tecnologie; nel 62% delle scuole soltanto alcuni docenti hanno frequentato corsi, mentre nei restanti casi (28%) tutti gli insegnanti hanno frequentato almeno un corso. Le scuole in cui tutti i docenti per il sostegno utilizzano questi strumenti sono soltanto il 54%, un valore ancora lontano dalla copertura totale» (pagina 4 del rapporto ISTAT; grassetti nostri in questa e nelle seguenti citazioni).
Ad affiancare gli/le insegnanti di sostegno vi sono i/le assistenti all’autonomia e alla comunicazione che nelle scuole italiane sono più di 65.000, il 4,6% dei/delle quali conosce la LIS (Lingua dei Segni Italiana).
La disponibilità di assistenti all’autonomia varia molto sul territorio con un rapporto studente/assistente pari a 4,5 a livello nazionale. Nel Mezzogiorno il rapporto sale a cinque, mentre decresce nelle regioni del Centro (con un rapporto di 4,1 studenti per assistente) e del Nord (dove il rapporto è pari a 4,3).
Nel Mezzogiorno anche le tecnologie informatiche sono maggiormente carenti. Il 76% delle scuole primarie e secondarie dispone di postazioni informatiche adattate alle esigenze degli alunni e delle alunne con disabilità, ma il bisogno di questi strumenti non risulta sempre soddisfatto. Infatti, più di una scuola su cinque definisce insufficiente la dotazione di postazioni informatiche adattate. Questa carenza aumenta appunto nel Mezzogiorno, dove una scuola su tre segnala tale problematica.
Ma forse uno dei dati più impressionanti è quello che riguarda la presenza di barriere architettoniche: soltanto una scuola su tre risulta accessibile per gli/le studenti con disabilità motoria. La situazione è migliore nel Nord del Paese, dove i valori sono superiori alla media nazionale (39,5% di scuole a norma), mentre raggiunge i livelli più bassi nel Mezzogiorno (31,8%). «L’assenza di un ascensore o la mancanza di un ascensore adeguato al trasporto delle persone con disabilità rappresenta la barriera più diffusa (45%). Numerose anche le scuole sprovviste di servoscala interno (31%) o di bagni a norma (24%). All’interno degli edifici, invece, raramente le scale o le porte non sono a norma (rispettivamente 6% e 3 % dei casi)» (pagina 5 del rapporto ISTAT).
Anche l’accessibilità per gli alunni e le alunne con disabilità sensoriale risulta scarsa. Infatti «solo il 16% delle scuole dispone di segnalazioni visive per studenti con sordità o ipoacusia, mentre le mappe a rilievo e i percorsi tattili, necessari a rendere gli spazi accessibili agli alunni con cecità o ipovisione, sono presenti solo nell’1,5% delle scuole. La situazione riguarda tutto il territorio nazionale, con poche differenze tra il Nord e il Sud» (pagina 5 del rapporto ISTAT).
A fronte di questo quadro, sconcerta che solo il 19% delle scuole abbia effettuato lavori finalizzati all’abbattimento delle barriere architettoniche nel corso dell’anno scolastico, mentre il 17% di esse dichiara di non averlo fatto, anche se l’edificio ne avrebbe avuto bisogno.
Anche sulla programmazione, infine, si registrano delle lacune. Infatti, nell’anno scolastico 2021-2022, solo il 45% delle scuole ha attuato una programmazione a lungo termine, predisponendo il PAI (Piano Annuale per l’Inclusività) sia per l’anno scolastico in corso sia per quello successivo, mentre una quota del 6% di scuole non ricorre ad alcuna programmazione (percentuale che sale fino all’8% nelle Regioni del Nord).
Responsabile di Informare un’h-Centro Gabriele e Lorenzo Giuntinelli, Peccioli (Pisa), nel cui sito il presente contributo è già apparso e viene qui ripreso, con alcuni riadattamenti al diverso contenitore, per gentile concessione.
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