L’inclusione delle persone con disabilità è un cammino. Infatti, la circostanza che prima l’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità), tramite l’ICF, la Classificazione Internazionale del Funzionamento, della Disabilità e della Salute e poi le Nazioni Unite, con la Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità, abbiano individuato nell’aspetto relazionale il tratto distintivo della disabilità, conferisce alla stessa un carattere dinamico. Ed è probabilmente proprio a causa di questo dinamismo che ancora oggi alcuni segmenti del cammino risultano meglio definiti e illuminati, mentre altri sono rimasti in ombra, poco frequentati, poco raccontati.
È questa la prima riflessione che viene da fare guardando e ascoltando Out of sight, out of mind? (“Lontano dagli occhi, lontano dal cuore?”), l’ultimo filmato pubblicato nel vlog [blog nel quale la fonte principale di comunicazione è il video o la web TV, N.d.R.] con il quale Raffaela Bicego ha scelto di condividere “il suo viaggio con l’iperacusia”, uno dei segmenti della disabilità ancora poco frequentati e poco raccontati.
Di iperacusia, infatti, in Italia non se ne parla, se non come aspetto correlato ad alcune forme di autismo. E va bene parlarne anche così, intendiamoci, purché non si pensi che il fenomeno sia circoscritto all’àmbito della neurodiversità.
Bicego non è neurodivergente, ma è interessata da iperacusia e questa condizione, con tutte le difficoltà che comporta vivere in un mondo non educato ad interrogarsi sull’impatto che suoni e rumori possono avere in alcune circostanze, richiede un’attenzione specifica. E tuttavia questa attenzione specifica lei non la riscuote. Probabilmente, in prima battuta, dovrebbero prestargliela le diverse Associazioni composte da persone con disabilità sensoriali, e in particolare quelle impegnate nel settore delle disabilità uditive, ma queste, a quanto pare, hanno concentrato la loro attenzione solo sulla sordità e l’ipoacusia, ed è per questi tipi di disabilità che avanzano proposte e indicazioni.
Dunque, anche per queste Associazioni l’iperacusia rimane confinata in un cono d’ombra. La qual cosa non è di alcun aiuto per chi in quel cono d’ombra ci deve vivere.
Abbiamo già avuto modo di conoscere Raffaela Bicego ospitandone una prima testimonianza nel maggio dello scorso anno all’interno del sito del Centro Informare un’h. Chi se la fosse persa può leggerla a questo link, e può anche consultarne il blog personale, nel quale pubblica, tra le altre cose, delle foto davvero strepitose (la fotografia e la ritrattistica sono due passioni di Bicego). Il vlog – diario online realizzato tramite video, disponibile a questo link – aggiunge un tassello al cammino.
Nei filmati Bicego parla in inglese, ma dall’ultimo video sono disponibili i sottotitoli in italiano. I filmati stessi sono realizzati partendo dall’esperienza personale, senza però mai scivolare in personalismi e nell’autoreferenzialità. Il vlog è uno spazio aperto, una sorta di “piazza”, che Bicego ha scelto di gestire ponendosi in ascolto e interrogandosi sulle reazioni e i feedback che i primi video hanno suscitato sia nelle diverse persone con iperacusia, che nelle altre persone che seguono il vlog.
Nel produrre i video l’autrice si muove come chi deve percorrere un sentiero non ancora tracciato, e dunque, ad ogni passo, cerca di comprendere quale sia la direzione da intraprendere. Indaga gli aspetti formali e i contenuti, e lo fa con la competenza e la scioltezza di chi ha un approccio critico alla realtà e si muove con padronanza dal contesto italiano a quello internazionale e viceversa.
Anche l’iperacusia, al pari di alcune altre “disabilità invisibili”, entro certi limiti, lascia alle persone che ne sono interessate un certo margine di scelta circa la decisione di rivelare questa parte di sé. «Capisco perfettamente i motivi per cui qualcuno preferisce non parlare pubblicamente della propria iperacusia. Non ti rende un eroe, ed è complicato, estenuante. È qualcosa di ampiamente frainteso e mette la maggior parte delle persone a disagio», spiega Bicego, che ha ben chiara questa dinamica e sa che questo è uno degli aspetti più complessi col quale lei e le altre persone con disabilità invisibili devono fare i conti. Il vlog, che – per essere chiari – non ha scopo di marketing, è un modo per iniziare a farli. Un bel modo. (Simona Lancioni)
Il presente contributo è già apparso nel sito di Informare un’h-Centro Gabriele e Lorenzo Giuntinelli di Peccioli (Pisa) e viene qui ripreso, con alcuni riadattamenti e integrazioni dovuti al diverso contenitore, per gentile concessione.