Va detto: uno dei più grandi problemi di chi è in felice possesso di una qualsiasi forma di disabilità è quello di dover rispondere sovente alle stesse domande curiose di chi non ce l’ha. Si può reagire in diversi modi (di cui il 90% non rispetta i canoni di una corretta educazione) e oggi il sottoscritto imbrattacarte aggiungerà una nuova voce a questo elenco.
Scagli il primo microchip chi, navigando in internet, non si è mai imbattuto nelle famigerate FAQ. Chiarisco subito per gli imbranati e gli anziani. Diconsi FAQ (Frequently Asked Questions) quelle «domande poste più di frequente dagli utilizzatori di un certo servizio web, che vengono raccolte in una lista con le relative risposte fornite dagli amministratori dello stesso servizio, in modo così da evitare di rispondere più volte ai medesimi quesiti» (da rimarcare l’assonanza tra il suddetto acronimo e un altro termine inglese, decisamente volgare).
A questo punto mi si dia un valido motivo per non redigere delle FADQ (Frequently Asked Disability Questions), cioè delle “domande frequenti sulla disabilità”. Quindi, eccomi qui, con una sintetica infornata di esempi.
Piccolo corollario finale. In pratica le FAQ rappresentano un astuto sistema escogitato per risparmiare i soldi di un operatore in carne e ossa, poiché in realtà, direbbero a Genova, non risolvono “un belino di niente”. Perciò anche in questa sede le FADQ serviranno a poco o nulla e tuttavia eviteranno qualche scocciatura in più alle persone con disabilità. Di conseguenza mi raccomando: se non troverete nelle FADQ una risposta adeguata alle vostre domande… arrangiatevi!
Perché se chiamo “Diversamente abile” un disabile, questo mi fa gli occhiacci e poi se lo chiamo “Diversabile” bestemmia e incomincia ad arrotolarsi le maniche?
Bagonghi che non sei altro, ripetiamo per l’ennesima volta il concetto, sperando di non dovertelo cacciare a forza nella zucca. La locuzione “Diversamente abile” è stata coniata negli Anni Novanta come valida (sic!) alternativa a termini quali “handicappato” o “ritardato”. Tuttavia era e resta un deleterio esempio di politically correct portato all’estremo, un ipocrita paternalismo da evitare assolutamente, in quanto l’espressione in oggetto tira in ballo ancora una volta, in modo superfluo, il sostantivo “diversità”. Basta, non se ne può più. Ci vuole così tanto a chiamarci col nostro nome di battesimo?
Cosa si prova ad avere un contrassegno di parcheggio riservato sul cruscotto?
Amico galletto amburghese in pentola, sappi che non importa se sei un semplice passeggero o se stai guidando tu stesso l’automezzo in questione, in ogni caso avvertirai la stessa sensazione, cioè un misto fra delirio di onnipotenza e feroce aggressività verso i malcapitati abusivi degli stalli. Diventerai a tutti gli effetti un animale territoriale per eccellenza, un vero e proprio “disabile alfa”, temuto e rispettato dalla plebaglia degli altri comuni automobilisti.
Perché nelle code i portatori di handicap mi passano sempre davanti?
Impareggiabile e stolido capoccione, potremmo stare delle ore a parlarti di dovere morale, educazione civica, buonsenso, empatia, calvario dell’handicap e (soprattutto) articolo 3, comma 3 della Legge 104/92, ma saremo lapidari: perché abbiamo la precedenza? Perché siamo più belli, e ovvio!
Perché la percentuale dei disabili che riescono a pubblicare un libro (di poesia o di prosa) è nettamente superiore a quella della popolazione normodotata?
Graziosa testina di sanato, hai mai sentito parlare di pietismo? Ebbene, apri un vocabolario, informati e capirai in un nanosecondo il perché.
Come ci si trova, da invalidi, a farsi assistere da badanti?
Esimio Einstein da supermercato, magari non te ne sarai accorto, ma sappi in primo luogo che Quasi amici è un film di fantascienza. Detto ciò, calcati nella cucurbitacea che i badanti più bravi sono ingestibili e invece quelli più accomodanti sono incapaci. Se poi ci tieni ancora a sapere cosa si prova, legati le mani dietro la schiena, vai al gabinetto col tuo miglior amico/a, fai quello che devi fare mentre ti guarda e infine lascia a lui/lei il compito di pulirti e sistemarti. Solo allora capirai di non dover più fare domande così stupide.
Perché spesso i disabili cronici ce l’hanno con i medici?
Gentile mazzancolla appena pescata, ciò accade non a causa di motivi banali (annunciatori di brutte notizie, autorevolezza della divisa, appartenenza a una casta, utilizzo di un linguaggio astruso, durezza caratteriale, partecipazione a congressi nei Caraibi) e neppure per ragioni ben più serie (lauti onorari, benefit lussuosi, evasioni fiscali, Cayenne in garage). L’unica risposta a questo astio di noi disabili cronici verso i medici è che, quasi sempre, non riescono a… guarirci!
Com’è il mondo associazionistico connesso all’handicap?
Senti, elemento da Billionaire, sappi che purtroppo, sovente, esso è molto “-oso”. Stai pensando a meraviglioso? Ahimè no, piuttosto è litigioso, astioso, fazioso, permaloso, geloso, lacunoso, noioso, lacrimoso, sussiegoso, presuntuoso, lezioso. E adesso, sapendolo, dovrai essere davvero… coraggioso!
Scusate la domanda, ma non ho ancora ben capito: ai disabili manca di più il sesso o l’amore o tutti e due?
Inguaribile cervello di ornitorinco, renditi conto che se potessimo tramutare in realtà le chiacchiere spese finora sull’argomento in convegni, webinar, tavoli, corsi, siti, blog, trattati, riviste, libri e compagnia bella, noi disabili non avremmo neanche più cinque minuti per andare a ritirare l’assegno di accompagnamento, perché staremmo tutto il tempo a… Vabbè, ci siamo capiti.
In giro se ne parla tanto, ma in fondo cos’è l’Inclusione?
Prediletto carciofo andato a male, (non è una favola ma) c’era una volta l’Integrazione… e adesso non c’è più perché l’ha mandata in pensione la signora Inclusione. La cara, vecchia Integrazione si preoccupava lodevolmente di mettere insieme le persone, mentre oggi la squinzietta Inclusione accoglie tutte le diversità, cercando di allestire un ambiente in cui organizzazione, progettualità, logistica, metodologie, didattica e opportunità siano adatte a tutti, ma proprio a tutti.
Naturalmente la residenza della signora Inclusione è in Via delle Utopie (ohi ohi, lo stesso indirizzo della casa di riposo dell’Integrazione), tuttavia finché si parla di scuola, lavoro, formazione o àmbiti pubblici va (più o meno) bene, quando invece si pretende di maritarla con (tutto vero, controllate nel web) l’arte in generale, la religione, la sessualità (sic!), i “premifici” assortiti, la pesca in mare, il credo vegano, i presepi viventi, gli intestini “felici”, i “nonni fitness” (e la galleria degli orrori potrebbe continuare ancora a lungo), beh, fuggiamo volentieri dalle sue maliem per recarci in visita all’ospizio, a portare i frollini alla vegliarda Integrazione.
Cos’è il Baskin?
Cara bagnarola affondata, a dire tutta la verità non lo sappiamo neppure noi, anzi, se per caso ne venissi a conoscenza, faccelo sapere, grazie.
Di solito i disabili cosa pensano dei politici?
Ascolta, disadattato di Paperopoli: non te lo possiamo proprio dire. Infatti l’amministratore del sito ha rimosso la risposta originaria a questa FADQ per evitare l’intervento immediato di Polizia Postale, Reparto Indagini telematiche dei Carabinieri, Corazzieri, Curia Romana, Alcolisti anonimi eccetera eccetera.
Di solito i disabili cosa pensano dei normodotati?
Amabile catorcio già rottamato, non mi stupisce che tu lo ignori. Ebbene, ficcati dentro quel mini-encefalo in tuo possesso che nel 50% dei casi i pensieri dei disabili sono saturi di peste e corna, mentre nell’altro 50% sono zeppi di corna e peste. Ciò accade perché i rapporti di base risultano minati da reciproche e insanabili invidie. Infatti il disabile medita: tu corri e io no, tu vai in bagno da solo e io no, tu t’azzuffi e io no. Inversamente il normodotato pondera: tu hai la pensione e io no, tu parcheggi ovunque e io no, tu sei coccolato da tutti e io no. Tu tu tu… la società odierna sembra proprio un telefono occupato (e senza segreteria)!
Rees Postacce
Nella colonnina qui a fianco a destra, riportiamo l’elenco dei vari contributi di Gianni Minasso pubblicati da «Superando.it», per la rubrica intitolata A 32 denti (Sorridere è lecito, approvare è cortesia).