Che in Italia vi sia un problema con gli istituti di tutela emerge con chiarezza dai tanti casi di cronaca che in genere i media si premurano di raccontare solo quando le violenze e gli abusi diventano eclatanti ed ineludibili. Alcuni di questi casi assumono una rilevanza nazionale – come, ad esempio, quello di Carlo Gilardi, anziano professore in pensione da diversi anni trattenuto contro la sua volontà all’interno della Residenza Sanitaria Assistita (RSA) Airoldi e Muzzi di Lecco, come riferito, tra gli altri, anche su queste pagine (a questo e a questo link) -, altri ricevono sporadiche attenzioni nelle cronache locali, i più si consumano in silenzio, senza che l’espropriazione del diritto di disporre di sé subita dalle persone con disabilità di tutte le età, venga colta nella sua valenza sistemica. E il problema, è importante sottolinearlo, non riguarda solo gli istituti “di vecchia concezione” – l’interdizione e l’inabilitazione –, il cui carattere liberticida è ben noto, ma riguarda anche e soprattutto l’amministrazione di sostegno, introdotta nel nostro ordinamento dalla Legge 6/04 col nobile scopo di superare le brutalità dei primi due, ma che ha finito per riproporne le logiche e le modalità in sede applicativa.
In questo panorama si rivela particolarmente importante La prigionia dei vecchi e degli inutili (a questo link il trailer), coraggioso docufilm realizzato dalla giornalista Barbara Pavarotti, con la regia di Roberta Zanzarelli, e lo speaker Massimo Veschi, finalizzato a denunciare gli abusi e le violenze commessi nell’applicazione dell’amministrazione di sostegno e a promuovere la riforma di questo istituto di tutela.
«Mi chiamo Bruno e sono prigioniero del mio amministratore di sostegno, che mi ha messo in una RSA. Io volevo solo morire a casa mia, che invece è stata affittata ad estranei e tutti i miei ricordi sono finiti chissà dove. In struttura ho una stanza, prima avevo una casa», è la prima di tante testimonianze, tutte vere, narrate da più speaker.
«Mi chiamo Alda, non posso vedere l’uomo con cui ho vissuto per 35 anni perché me lo proibisce il suo amministratore di sostegno», è un’altra testimonianza.
«Mi chiamo Carla e l’amministratore di sostegno di mia madre ha dato l’ordine ai medici di non darmi sue notizie quando è stata ricoverata in Ospedale, poco dopo è morta. Quanto fosse grave mia madre, secondo l’amministratore di sostegno, era un dato sensibile che non può essere divulgato a terzi, nemmeno a me, sua figlia», è un’ulteriore storia.
E, proseguendo, al disconoscimento del diritto all’autodeterminazione, alla segregazione, all’allontanamento dagli affetti stabili, si sommano anche altri tipi di violenza: «Mi chiamo Gina e l’amministratore di sostegno di mio padre ha permesso che fosse legato al letto per tre mesi, perché voleva uscire dalla struttura dove l’aveva ricoverato per tornare da me. [Ora] mio padre è morto».
Sono ben 100.000 le persone tuttora sottoposte a contenzione all’interno di queste strutture, informa il documentario. Nata con le migliori intenzioni, oggi l’amministrazione di sostegno in tanti, troppi, casi è diventata una vera e propria camicia di forza.
La norma stabilisce che la persona beneficiaria vada sostenuta con la minore limitazione possibile, ma negli anni gli amministratori di sostegno e i giudici tutelari si sono appropriati di ogni potere: vendono beni e proprietà degli amministrati, li ricoverano contro la loro volontà, li isolano dal mondo, decidono dove devono vivere e quali terapie assumere, spezzano legami affettivi decennali, si sostituiscono all’amministrato in ogni decisione economica e pratica che lo riguardi.
Benché la norma statuisca diversamente, la volontà delle persone con disabilità conta meno di zero. È questa l’agghiacciante denuncia contenuta in La prigionia dei vecchi e degli inutili che, opportunamente, riferisce anche dell’ammonimento rivolto all’Italia dal Comitato ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità, il quale vieta espressamente che gli istituti di tutela, «compreso il meccanismo dell’amministratore di sostegno», possano essere applicati nei termini di regimi decisionali sostitutivi della volontà delle persone con disabilità, e invita il nostro Paese ad «emanare e attuare provvedimenti per il sostegno alla presa di decisioni», come si è potuto leggere al punto 28 delle Osservazioni Conclusive al primo rapporto dell’Italia sull’applicazione della Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità, pubblicate nel 2016 e ancora del tutto ignorate. «Del resto, quando amministratori di sostegno e Giudici Tutelari arrivano a dire che, per il bene dell’amministrato, può essere pericolosa [persino] una carezza, allora, davvero, non c’è più salvezza», si osserva nel filmato.
La stessa Pavarotti, inoltre, assieme all’Associazione Diritti alla Follia, è promotrice della petizione denominata No alla reclusione dei vecchi e degli inutili imposta per legge, e finalizzata a promuovere una riforma dell’amministrazione di sostegno, che fa propri gli elementi cardine di una proposta su questa materia, elaborata, nel novembre dello scorso anno, dalla medesima Associazione, che è molto impegnata su questi temi.
Gli elementi cardine di tale proposta (se ne può leggere a questo link) sono i seguenti:
° Garantire il diritto alla difesa, per legge, a chiunque sia oggetto di un ricorso per la nomina di un amministratore di sostegno, questo perché i ricorsi sono troppo spesso basati su affermazioni generiche senza alcuna prova di supporto (un tipico esempio è la cosiddetta “prodigalità forsennata”).
° Togliere ad un unico Giudice monocratico il potere di decidere sulla vita di una persona, e affidarlo ad un Collegio, composto anche da figure specialistiche in materia di disabilità.
° Stabilire, per gli amministratori di sostegno, l’obbligo tassativo di non avere in carico più di un beneficiario.
° Riconoscere al beneficiario il diritto di essere direttamente sentito dal Giudice Tutelare.
° Equiparare, in ordine ai rapporti affettivi da preservare, congiunti di fatto e amici di lunga data, ai congiunti di sangue.
La petizione è ospitata a questo link e può essere sottoscritta da chiunque ne condivida le finalità. (Simona Lancioni)
Per ulteriori informazioni: Barbara Pavarotti (barbara.pavarotti@yahoo.it).
Nella colonnina a destra (Articoli correlati) del nostro articolo Amministrazione di sostegno: quando “la tutela diventa ragnatela” (a questo link), vi è l’elenco dei contributi da noi dedicati in questi ultimi mesi al tema dell’amministrazione di sostegno.
Il presente contributo è già apparso nel sito di Informare un’h-Centro Gabriele e Lorenzo Giuntinelli di Peccioli (Pisa) e viene qui ripreso, con alcuni riadattamenti al diverso contenitore, per gentile concessione.