Vorrei partire da una serie di considerazioni proposte durante il mio intervento intitolato Non è intelligenza se non è accessibile, al recente all’evento di Milano Intelligenza artificiale: e noi? che era.
Per definizione l’intelligenza artificiale (d’ora in poi IA) è l’abilità di una macchina di mostrare capacità umane quali il ragionamento, l’apprendimento, la pianificazione e la creatività. Alcuni tipi di intelligenza artificiale esistono da più di cinquant’anni, ma i progressi nella potenza dei computer, la disponibilità di enormi quantità di dati e lo sviluppo di nuovi algoritmi hanno portato a grandi balzi in avanti nella tecnologia negli ultimi anni.
L’IA è centrale per la trasformazione digitale della società ed è diventata una delle priorità dell’Unione Europea, tanto da portare alla futura nascita di una legge per regolamentarla. Applicazioni future potrebbero portare grandi cambiamenti, ma non dobbiamo dimenticare che l’intelligenza artificiale è già presente nelle nostre vite, anche a nostra insaputa. L’uso di soluzioni come gli assistenti vocali, l’apprendimento dei motori di ricerca sono solo un paio di esempi.
L’Italia si è dotata di una Strategia 2022-2024 la quale però non contempla all’interno del documento la parola disabilità. Pensare che l’IA non abbia necessità di essere supportata e fruita da persone con disabilità significa rischiare di portare ancora una volta il problema del divide, passando dalle barriere digitali dei siti e servizi attuali alle ulteriori barriere digitali derivanti dalla mancata possibilità di interagire e di beneficiare delle soluzioni che utilizzano l’IA.
Dove l’IA ha già dimostrato di non funzionare con l’accessibilità
Di tale tema abbiamo già parlato in un altro articolo su queste stesse pagine: con le regole vigenti in tema di accessibilità (alcune dallo scorso millennio), la maggior parte di esse necessitano di un essere umano per verificare la conformità di siti web e app mobili e per tale motivo l’attuale uso dell’IA, non solo per analizzare ma soprattutto per riparare automaticamente le problematiche, è pressoché inutile.
Dove l’IA funziona con l’accessibilità
Ci sono casi in cui l’IA funziona, e migliora costantemente, perché le finalità sono semplici e non danno adito ad interpretazioni tecniche: le trascrizioni, che generano poi i sottotitoli. Grazie alle tecnologie di apprendimento, dovute anche al nostro utilizzo di soluzioni come gli assistenti vocali, l’IA è in grado di comprendere il parlato e tradurlo in testo. Ciò consente non solo di generare sottotitoli, ma di predisporre un’integrazione culturale: traduzione in tempo reale di testi e informazioni oramai sono una quotidianità.
Un bastone intelligente: WeWalk
«Uno dei modi migliori per potenziare qualcuno è consentirgli di essere indipendente», afferma Ashley Eisenmenger, paratriatleta, podista di fondo e utente di WeWalk, un bastone intelligente progettato per migliorare la mobilità delle persone con disabilità visive.
Come persona nata cieca, il co-fondatore e Chief Product Officer Kürşat Ceylan è stato ispirato a fornire alle persone ipovedenti la tecnologia per partecipare alla vita quotidiana. «Circa 253 milioni di persone ipovedenti in tutto il mondo, e almeno 50 milioni, si affidano al bastone bianco, un semplice strumento progettato principalmente per fornire il rilevamento degli ostacoli a livello del suolo. WeWalk è più di un prodotto: è il primo passo verso una trasformazione sociale», afferma Ceylan.
Con utenti in 59 paesi, il bastone intelligente si abbina a un’app di navigazione mobile gratuita. per rilevare ostacoli sopraelevati e avvisare i suoi utenti tramite feedback tattile, navigazione turn-by-turn e notifiche su ristoranti, negozi e caffè nelle vicinanze e trasporti pubblici. «Dobbiamo essere integrati nella città e voglio sentire la vita della città», afferma Ceylan.
È controllato dal touchpad integrato del bastone intelligente, che consente agli utenti di posizionare il telefono in tasca per la navigazione con una sola mano e una maggiore sicurezza, ottenendo allo stesso tempo nuove funzionalità, integrando soluzioni per città intelligenti.
«Esiste una correlazione positiva tra mobilità indipendente e autostima, ed è per questo che, se vuoi cambiare la vita di una persona ipovedente, devi fornirle una mobilità indipendente», aggiunge Ceylan.
Integrazione delle persone con disabilità grazie a ChatGPT
Hafsa Qadeer, amministratrice delegata e fondatrice di ImInclusive, ha incorporato ChatGPT e intelligenza artificiale, per preparare all’occupazione le persone con disabilità in cerca di lavoro. La piattaforma collega infatti le persone con disabilità a lavori e datori di lavoro inclusivi. In precedenza, offriva coaching individuale e ospitava una varietà di modelli di e-mail per guidare il suo talento, che include persone con disabilità fisiche, uditive, visive, sensoriali e neurologiche.
Qadeer sottolinea che, in particolare, le persone con problemi di udito possono spesso utilizzare frasi abbreviate nella comunicazione quotidiana. «Durante i colloqui di lavoro e le conversazioni – afferma -, si sviluppa una barriera. Le persone sorde che vivono qui possono comunicare nella lingua dei segni americana, nella lingua dei segni britannica, nella lingua dei segni araba, nella lingua dei segni pakistana o indiana o in qualsiasi altro dialetto della lingua dei segni».
Utilizzando ChatGPT e IA, i candidati stanno imparando le modalità di scrittura di e-mail, la raccolta di dati e la ricerca, imparando inoltre a risolvere le loro richieste di comunicazione in modo indipendente.
«Comprendiamo – conclude Qadeer – che su larga scala non possiamo istruire migliaia di candidati uno a uno con le loro domande specifiche, quindi ChatGPT e Bard aprono la strada fornendo istruzioni e risposte chiare in modo tempestivo affinché i nostri candidati possano dotarli di migliori attività e quesiti relativi alle domande di lavoro».
L’uso buono dell’intelligenza artificiale
«La tecnologia e l’intelligenza artificiale svolgono un ruolo fondamentale nell’accelerare l’impatto sociale e l’inclusione sociale», afferma Reem Alfranji la cui piattaforma, che coinvolge bambini o persone con disabilità, tramite gli strumenti di assistenza basati su testo o che includono l’intelligenza artificiale possono aiutarli a sentirsi inclusi nella loro comunità. «Possono aiutarli – dice – a imparare, giocare, comunicare e gestire le funzionalità necessarie per la loro vita quotidiana».
«Se l’intelligenza artificiale – aggiunge – viene utilizzata in modo positivo e regolamentata, può scavalcare l’inclusione sociale e portarla a un nuovo livello. Ai tanti innovatori sociali in tutto il mondo che la adattano nelle loro soluzioni, serve ad aiutarli a crescere e ad avere un impatto positivo, risparmiando più tempo e costi, ma con il potenziale di crescita elevata nel cambiare la vita delle persone».
“Il digitale accessibile”
Avviata recentemente sulle pagine di «Superando.it», la rubrica Il digitale accessibile è firmata da Roberto Scano, che da oltre vent’anni si occupa di accessibilità informatica, ossia dal 2002, anno in cui entrò nel W3C (World Wide Web Consortium), come rappresentante dell’IWA (International Web Association), partecipando allo sviluppo delle WCAG 2.0 (Web Content Accessibility Guideline), le Linee Guida per l’accessibilità dei siti web. Nel corso degli anni si è occupato del tema dell’accessibilità anche in àmbito normativo, supportando la nascita della cosiddetta “Legge Stanca” (Legge 4/04: “Disposizioni per favorire l’accesso dei soggetti disabili agli strumenti informatici”), in materia di accessibilità ICT (Tecnologie dell’Informazione e della Comunicazione) e avviando iniziative a livello nazionale, per diffondere il tema dell’accessibilità “by design”.
Attualmente presiede l’Associazione dei Professionisti Web IWA e le Commissioni UNI dedicate alle professionalità digitali e all’accessibilità digitale. Svolge inoltre l’attività di consulente per aziende e Pubblica Amministrazione.
Nella colonnina qui a fianco (Articoli correlati), i contributi che abbiamo finora pubblicato, nell’àmbito della rubrica Il digitale accessibile.