Riceviamo e ben volentieri pubblichiamo la seguente lettera, aperta e pubblica, inviata al Sindaco di Roma da Luigi Vittorio Berliri, presidente di Casa al Plurale, Associazione di coordinamento delle case famiglia di Roma e del Lazio.
Caro Sindaco, le mandiamo una lettera, aperta e pubblica, per trasformare un problema serio e sentito in un problema politico che vorremmo pubblicamente discutere con lei.
Chi le scrive è convinto che, nel fare scelte di bilancio e di priorità nel governo della città, ci siano alcuni criteri a dover guidare la scelta amministrativa e intorno a questi criteri vorremmo confrontarci con lei.
A nostro parere questi criteri ruotano attorno all’attenzione che si deve ai concittadini più fragili, più indifesi. E che per farlo occorre stanziare risorse sufficienti a pagare il giusto chi per loro lavora.
Vogliamo mettere al centro dell’attenzione di questa riflessione le persone che sono in casa famiglia. Gli operatori sociosanitari che vi lavorano hanno affrontato una pandemia a rischio della loro stessa vita, stremati dalla stanchezza, mai pagati il giusto, non visti, ma hanno letteralmente salvato molti nostri concittadini.
Le tariffe delle case famiglia furono fissate nel 1995 con una Delibera sperimentale della Giunta Rutelli, paragonandole a quelle delle case di riposo. Da allora nessuna manutenzione, nessuno ci ha messo le mani, nessuno al governo della città, finora, si è chiesto se nel mentre non fossero cambiate le norme, i costi del lavoro e nessuno si è chiesto se quel primo calcolo del tutto approssimativo e inesatto, fosse corretto e se sì in base a cosa.
Esiste un nostro studio, presentato pubblicamente in Campidoglio nel novembre dello scorso anno [se ne legga anche su queste pagine, N.d.R.], definito congruo dai dirigenti del Dipartimento Politiche Sociali.
Veniamo al punto: occorrono almeno 18 milioni di euro per adeguare le tariffe per le 415 persone con disabilità in casa famiglia (e ancora di più ne occorrono per i minori in casa famiglia).
Benissimo il piccolo incremento di 7 euro che il Consiglio Comunale ha deliberato e che la Giunta ha confermato. Ma davvero non basta.
Occorre parlarne, pubblicamente, perché dare risposta ai più fragili è dare risposta a tutta la città: è una responsabilità collettiva!
Come possiamo, assieme, arrivare a questo obiettivo? Vogliamo fare un piano di azione pluriennale?
Tenga conto che, nel mentre che il tempo passa, l’indice ISTAT sale. E che nel mentre che decidiamo almeno l’adeguamento all’ISTAT (per altro totalmente insufficiente: esso ci riporterebbe alla situazione di due anni fa, quando denunciavamo la crisi e lei si impegnò con noi a risolverla!), esso è obbligatorio e previsto da una Delibera di Consiglio Comunale.
Proprio perché riteniamo che si tratti di un problema politico, etico la cui portata va al di là del bilancio e delle risposte contingenti, alcuni di noi si sono rivolti al Papa, per inviare un grido di allarme al Vescovo della città, e al Presidente della Repubblica, da anni attento a questo tema.
Sindaco: questo è un invito formale: venga a trovarci in casa famiglia e parliamone lì!
Attendiamo anche un suo riscontro, pubblico.