Avevamo recentemente rilanciato una nota diffusa dal Garante Nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale in merito ad una Sentenza della Prima Sezione della Corte Europea per i Diritti dell’Uomo (CEDU) del 6 luglio scorso (disponibile in lingua italiana a questo link).
Tale Sentenza sancisce che l’Italia ha violato l’articolo 8 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, per avere inserito una persona anziana in una Residenza Sanitaria Assistenziale nonostante la sua volontà contraria, limitandone i contatti con l’esterno e senza attuare un percorso di revisione di una misura provvisoria (della nota del Garante si legga anche su queste stesse pagine).
Successivamente anche l’Associazione Diritti alla Follia, da diversi anni impegnata nel promuovere la riforma dell’istituto dell’amministrazione di sostegno e nel contrasto agli abusi nell’applicazione del Trattamento Sanitario Obbligatorio (TSO), si pronuncia sulla questione. «La violazione dei diritti umani di Carlo Gilardi, prodotta e avallata dalla giustizia italiana, è affermata dalla Corte Europea per i Diritti dell’Uomo di Strasburgo», si legge nel comunicato diramato dall’Associazione.
Per Diritti alla Follia la Sentenza non fa che confermare un dato che essa riscontra da tempo, vale a dire «che la Legge sull’amministrazione di sostegno, la Legge 6/04, nell’interpretazione consolidata e “benedetta” anche dalla Corte Costituzionale, è strutturalmente incompatibile sia con i principi della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali del 1952, sia con la Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità del 2006, ratificata dall’Italia con la Legge 18/09».
Per l’Associazione questa incompatibilità strutturale si sostanzia nel fatto che «la volontaria giurisdizione – quella dei Giudici Tutelari – può avere un impatto micidiale sulla famiglia. Può massacrare l’onorabilità e i patrimoni dei padri in procinto di separarsi dal coniuge, può imporre in famiglia un amministratore di sostegno estraneo alla stessa, può sottrarre i figli minori ai genitori, può “carcerare” nelle RSA [Residenze Sanitarie Assistenziali, N.d.R.] persone con disabilità e vecchi, può mettere in moto lucrosi affari in nome della tutela dei più deboli».
La storia del professore Gilardi ben semplifica l’enorme «disparità di potere fra le persone fragili e chi decide la loro sorte», argomentano dall’Associazione. «Il vecchio professore aveva previsto e denunciato tutto quello che andava subendo, ma ciò non è stato sufficiente a garantirgli la libertà ed ancor meno la piena disponibilità dei suoi averi», spiegano.
Essendo in contatto con Mattia Alfano, l’avvocato estensore del ricorso alla CEDU sul “caso Gilardi”, Diritti alla Follia è venuta a conoscenza che anche il tenore Andrea Bocelli, di cui il professore è grande estimatore, si sarebbe interessato al caso, e avrebbe proposto di andare a trovarlo per cantargli Buon compleanno. Ma anche questa richiesta è stata respinta. «Calpestando il diritto e umiliando un uomo di grande valore, ancora una volta, il sistema (occulto) ha dimostrato tutta la sua inespugnabilità», commentano dall’Associazione.
Ma come è possibile che si arrivi a tanto? Secondo Diritti alla Follia «la strada che conduce giudizialmente alla “tutela” di famiglie e/o di persone in circostanze problematiche è presidiata da diverse figure professionali: Giudici Tutelari, avvocati, consulenti del Tribunale e potenziali amministratori. Questi soggetti, in taluni casi, dopo essersi tolto “l’abito di scena”, si rivelano dei volgari delinquenti. Eppure in quei frangenti loro rappresentano comunque la Legge».
Si tratta di un «un comportamento illegittimo, come ora sancito dalla Corte Europea – sottolinea Michele Capano, presidente dell’Associazione –. Sostanzialmente i giudici riconoscono che il signor Gilardi è stato sottoposto a un trattamento sanitario obbligatorio che non avrebbe potuto essere autorizzato in quanto le autorità hanno, in pratica, abusato della flessibilità dell’amministrazione di sostegno per perseguire le finalità che l’ordinamento italiano assegna, con severi limiti, solo a quel tipo di provvedimento e in presenza di precisi presupposti di legge».
«La privazione della libertà deve essere l’estrema ratio anche per la persona malata e in un ambito temporale ristretto – ha dichiarato a Diritti alla Follia l’avvocato Mattia Alfano –. Non può essere all’infinito. La decisione della Corte è qualcosa di storico per quanto riguarda l’amministrazione di sostegno. Stabilisce che anche un soggetto fragile, che non ha voce, può essere legittimato ad avere voce».
Quanto all’isolamento in cui vengono tenute, spesso per ordine dell’amministratore di sostegno, le persone ricoverate, la Corte – continua Alfano – «stabilisce che non c’è alcuna ragione pratica, giuridica e normativa che possa legittimare la privazione dell’affettività delle persone che vengono ristrette in Istituto». «Come Gilardi ce ne sono a centinaia. Sono stato invaso da telefonate di persone come lui. Purtroppo senza voce», osserva lo stesso Alfano.
Come già accennato, Diritti alla follia si batte da anni per svelare La realtà dell’amministrazione di sostegno in Italia e ha elaborato una proposta di riforma dell’istituto che però non ha trovato alcun tipo di risposta dalle Istituzioni competenti. Per questo l’Associazione considera assolutamente necessaria la costituzione di una «Commissione parlamentare d’inchiesta sulla mala gestio [cattiva gestione, N.d.R.] della Legge 6/2004».
L’Associazione spera inoltre che il ministro della Giustizia Carlo Nordio risponda all’Interpellanza Parlamentare avanzata dalla deputata Valentina D’Orso in merito al caso Gilardi, dopo la Sentenza della CEDU.
«Chiediamo – concludono da Diritti alla Follia – che lo Stato ascolti la voce delle vittime e dei reclusi condannati a vivere nei “parcheggi di fine vita” e ad un “ergastolo bianco”». (Simona Lancioni)
Il presente contributo è già apparso nel sito di Informare un’h-Centro Gabriele e Lorenzo Giuntinelli di Peccioli (Pisa) e viene qui ripreso, con alcuni riadattamenti al diverso contenitore, per gentile concessione.