Nello scorso mese di aprile, nei giorni in cui i Comuni della Lombardia avevano aperto le iscrizioni ai centri estivi, il Centro Antidiscriminazione Franco Bomprezzi della LEDHA, la Lega per i Diritti delle Persone con Disabilità che costituisce la componente lombarda della FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap), aveva inviato una lettera alle Amministrazioni Locali [se ne legga anche su queste stesse pagine, N.d.R.], per ricordare che la frequenza dei centri estivi rappresenta un diritto che deve essere garantito a tutti i bambini e ragazzi con disabilità. E tuttavia, nonostante quell’appello, durante questa estate il numero di casi di bambini e ragazzi con disabilità esclusi dai centri estivi è aumentato rispetto agli anni precedenti.
A denunciare la situazione, insieme alla LEDHA è stata Cristina Finazzi, fondatrice di Spazio Blu Autismo Varese e portavoce di Uniti per l’autismo Lombardia. Tra orari ridotti, gite precluse, servizi parziali, mancanza di formazione specifica degli operatori e di reali momenti di condivisione di giochi e socialità tra bambini e ragazzi, le difficoltà sono talmente tante da mettere in discussione l’intero impianto organizzativo dei centri estivi, pubblici o privati che siano.
Per analizzare questa situazione occorre, innanzitutto, partire da un dato di fatto: l’inclusione nei centri estivi non funziona perché andrebbe costruita durante l’anno, integrando attività e servizi. «L’inclusione non può essere improvvisata in poche settimane di programmazione delle attività -ha commentato Finazzi -, l’inclusione è un fatto culturale che non riguarda solo il bambino o il ragazzo con disabilità, ma tutto il contesto sociale in cui vive, perché garantire inclusione alla disabilità significa garantire inclusione a ogni unicità».
Il centro estivo inclusivo, dunque, non è solo quello che accoglie i bambini e i ragazzi con disabilità, ma è quello che offre anche all’unicità di ciascuno il contesto adatto in cui creare relazioni, svago, crescita. Non è la “riserva indiana”, anche molto costosa per le famiglie, di campus estivi riservati a minori con disabilità.
«Un ulteriore problema – spiega Laura Abet, legale coordinatrice del Centro Antidiscriminazione Franco Bomprezzi – è dato dal fatto che anche molti centri estivi con progetti specifici di inclusività hanno offerto un’accoglienza spesso parziale a causa dell’impossibilità di trovare figure educative professionali da inserire in organico, rivelandosi così poco funzionali per l’organizzazione lavorativa familiare e poco significativa se non addirittura negativa per la crescita dei bambini».
«Succede spesso – sottolinea ancora Finazzi – che gli educatori cui è affidata l’inclusione del bambino non abbiano gli strumenti né teorici né pratici per operare correttamente, a volte neppure per entrare in relazione con il bambino stesso».
In concreto, quindi, questo si traduce anche nel fatto che ai bambini e ai ragazzi vengono proposte attività e giochi basati sulla competitività, piuttosto che sulle capacità di aiutarsi, affinché tutti arrivino al traguardo. Affinché l’inclusione sia reale questa attenzione deve essere condivisa da tutto il team di educatori e volontari che animano i centri estivi.
Analogamente, serve uno sguardo attento anche all’organizzazione delle attività proposte: «Non può esserci inclusività – aggiunge Abet – se ogni settimana ci sono uno o due giorni in cui al gruppo vengono proposte iniziative che sono precluse ai minori con disabilità. In alcuni casi un accomodamento non è possibile, ma in molti altri è sufficiente organizzarsi per fare in modo che tutti possano partecipare in serenità e sicurezza».
Per LEDHA e Uniti per l’autismo Lombardia è urgente pertanto un cambio di passo, a cominciare dall’organizzazione di questi servizi che, per essere realmente inclusivi, richiedono un lavoro di coordinamento che coinvolga tutti i diversi contesti di socialità dei bambini e dei ragazzi: dalla scuola ai centri di riabilitazione, dagli oratori agli enti che organizzano attività sportive alle reti di volontariato. «Spetta al Comune – conclude Finazzi – svolgere il primo passo in questa direzione, promuovendo la continuità tra i vari servizi educativi in qualità di Ente coordinatore e responsabile del progetto di vita dei bambini e dei ragazzi con disabilità, integrandosi con la competenza dell’ente gestore. Che ricordiamo, non può discriminare in alcun modo nessun bambino con disabilità».
«Quando si eroga un servizio per la cittadinanza come un centro estivo – afferma Abet – bisogna tenere conto delle esigenze e caratteristiche di tutti i bambini e ragazzi, compresi quelli con disabilità. Un’operazione facilitata dal fatto che, grazie ai processi di inclusione scolastica, è in gran parte già noto in anticipo quanti siano questi bambini e ragazzi e quali siano i loro bisogni».
Sempre Abet ricorda anche che la Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità sancisce all’articolo 30 (Partecipazione alla vita culturale e ricreativa, agli svaghi ed allo sport) «il diritto a tutte le persone con disabilità a partecipare alle attività ricreative su base di eguaglianza con gli altri, anche attraverso l’adozione di tutte le misure e gli accomodamenti ragionevoli a ciò necessari. Qualche esempio? Se si sceglie di andare a fare una passeggiata in montagna si possono scegliere percorsi percorribili da tutti; scegliere un’area giochi accessibile piuttosto che una in cui sono presenti barriere. E ancora optare per una piscina con alti livelli di accessibilità».
Le due organizzazioni lanciano quindi ai Comuni e agli Enti Locali una proposta per costruire, già da oggi, percorsi di integrazione e inclusione in vista della prossima estate che garantiscano a ogni bambino e ragazzo con disabilità il diritto a frequentare fin dal primo giorno e in condizioni di parità con i propri coetanei il centro estivo. Senza che le responsabilità ricadano sulle famiglie, senza riduzione di orari né tariffe più onerose. «Gli enti gestori devono infatti adottare già da ora – dichiara Alessandro Manfredi, presidente della LEDHA – la previsione di ogni misura e accomodamento ragionevole per garantire da subito la partecipazione dei bambini con disabilità a parità di diritti con gli altri». (I.S.)
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