Autismo: l’importanza della ricerca sulle cause genetiche dei sintomi

di Carlo Hanau*
«Passata fortunatamente l’era che riteneva la società e la famiglia come uniche cause dei problemi mentali di adulti e di bambini - scrive Carlo Hanau - i progressi della scienza nel campo della genetica, dell’informatica e della biochimica ci offrono oggi strumenti validissimi utilizzabili a livello di massa con spese contenute. Peccato che il recente Nomenclatore Tariffario comporti un arretramento nelle possibilità di ricerca offerte dal Servizio Sanitario Nazionale e dai LEA (Livelli Essenziali di Assistenza) sulle cause genetiche dei sintomi presenti nei disturbi dello spettro autistico»
Giovane con disturbo dello spettro autistico
Un giovane con disturbo dello spettro autistico

Leggo in «Superando.it», nell’articolo a firma della Fondazione Bambini e Autismo di Pordenone, intitolato “Fame d’aria”: l’autismo fuori dai troppi cliché: «Il romanzo  Fame d’aria di Daniele Mencarelli tratta di un argomento controcorrente rispetto al cliché dell’autismo che il cinema e la televisione propongono, ovvero l’autismo grave o severo che dir si voglia che, attenzione!, statisticamente ha numeri molto più rilevanti rispetto all’autismo cosiddetto “ad alto funzionamento”».
Rispetto ai “numeri” citati in tale testo, devo aggiungere che in economia spesso si chiamano “numeri” quelli degli euro. E in effetti i numeri spesi per i casi di autismo di “Livello 2” e “Livello 3” (detti anche “autismo profondo”, traducendo l’inglese profound) sono molto più elevati della media, poiché in sanità si deve seguire tendenzialmente il principio equitativo “a ciascuno secondo i bisogni”.
Questo spiega perché in un mio recente intervento su queste stesse pagine ho dovuto indicare in un miliardo di euro la previsione molto grossolana della spesa per gli AEC/educatori degli allievi con disturbo dello spettro autistico (d’ora in poi ASD), circa la metà di quella totale.
Purtroppo ormai da molti decenni chiedo invano di analizzare le statistiche di questa assistenza governata a livello locale. Se ci fossero queste informazioni, probabilmente risulterebbe che per il “Livello 1” la certificazione è ancora molto inferiore alla realtà, nonostante sarebbe necessario seguire con attenzione questi casi, cercando di prevenire la grande co-occorrenza con altre patologie mentali che appare nell’adolescenza.
Ricordo che in Italia il numero dei casi di ASD a “Livello 1” è in rapida crescita come quello a “Livello 3”, ma negli Stati Uniti il “Livello 1” occupa ormai due terzi del totale, che rappresenta oltre il 2% della popolazione totale.

Studiando per professione i numeri della malattia e della disabilità da oltre mezzo secolo, mi permetto di fare una precisazione utile per comprendere il fenomeno dell’autismo, utile a migliorare la situazione delle persone che vengono classificate in tre livelli dello spettro autistico, con lo strumento DSM5, manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali dell’Associazione degli psichiatri americani, che ha sempre avuto diffusione maggiore delle ICD, classificazione di tutte le malattie dell’Organizzazione Mondiale della Sanità.
Come ho già scritto in diverse sedi, la psichiatria, a differenza della gran parte delle altre specializzazioni sanitarie, fa l proprie diagnosi sulla base dei sintomi, senza avere riscontri di laboratorio. Questo permette l’indeterminatezza che mi ha fatto scrivere «psichiatra che vai, diagnosi che trovi», poiché il medico osservatore dei comportamenti è una persona con i propri personali schemi che osserva un’altra persona, per un periodo limitato di tempo e in certe particolari condizioni.

Passata – fortunatamente – l’era che riteneva la società e la famiglia come uniche cause dei problemi mentali di adulti e di bambini (per l’autismo la “madre frigorifero” di Bettelheim), occorre ammettere che queste classificazioni debbono essere specificate con la ricerca dell’eziologia, che costituisce la base della classificazione scientifica.
I progressi della scienza nel campo della genetica, dell’informatica e della biochimica (epigenetica) ci offrono strumenti validissimi che possono essere utilizzati a livello di massa con spese contenute. Peccato che il recente Nomenclatore Tariffario approvato quest’anno comporti un arretramento nelle possibilità di ricerca offerte dal Servizio Sanitario Nazionale e dai LEA (Livelli Essenziali di Assistenza) sulle cause genetiche dei sintomi, che scatterà con l’inizio del nuovo anno, contrastando quanto APRI (Associazione Cimadori per la ricerca italiana sulla sindrome di Down, l’autismo e il danno cerebrale) e ANGSA (Associazione Nazionale Genitori di perSone con Autismo) avevano chiesto, appoggiando la SIGU (Società Italiana di Genetica Umana), che proponeva i cosiddetti “esami a pacchetto”.

La conoscenza della diagnosi eziologica è la base necessaria per l’avvio di ricerche su interventi sanitari efficaci sul core, il nucleo centrale, della patologia, così come oggi stesso si può leggere in «Superando.it», a proposito dei progressi della ricerca sulla sindrome di Rett. Ed è pure la base per la procreazione responsabile a livello preventivo del concepimento di figli con patologie trasmissibili.
Chiaramente questo non deve significare l’abbandono dell’attenzione sociale al problema della disabilità, che Mencarelli con Fame d’aria propone con forza, ma anzi deve portare ad intensificare gli sforzi per la costruzione di una società inclusiva di tutti i cittadini, liberi da false credenze che colpevolizzavano i genitori dei mali dei figli.

Presidente dell’APRI (Associazione Cimadori per la ricerca italiana sulla sindrome di Down, l’autismo e il danno cerebrale), organizzazione legittimata ad agire in giudizio in difesa delle persone con disabilità vittime di discriminazioni. Già docente universitario di Programmazione e Organizzazione dei Servizi Sociali e Sanitari nelle Università di Modena e Reggio Emilia e di Bologna (apri.associazione.cimadori@gmail.com).

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