L’Associazione M’aMa–Dalla Parte dei Bambini si occupa di diffondere gli appelli all’affido e/o all’adozione di minori in carico al Tribunale su tutto il territorio nazionale. Raccoglie le candidature di famiglie potenzialmente affidatarie, pur lasciando, ovviamente, la decisione finale alle Istituzioni. Dall’esperienza di vita e professionale della vicepresidente Karin Falconi, nasce ora un libro semiautobiografico, dal titolo Non vi ho chiesto di chiamarmi mamma – Cronaca di un affido sine die, in cui si racconta la vita di una famiglia affidataria la cui candidatura verrà accolta.
E qui inizia una storia in cui ogni regola, da manuale o di buon senso, viene abbattuta dalla vita a cui la coppia affidataria e la loro bambina, decidono di “fare spazio”. Fare spazio. In ultima analisi è questo che significa prendere dei bambini in affidamento: accantonare parte della propria vita intima e sociale, la ridondanza delle attenzioni iper-protettive verso i figli biologici e il proprio ego. Al fine di accogliere quei bambini definiti dai servizi “incollocabili”, in quanto aventi bisogni speciali.
La storia di questa famiglia stralcia le regole del “Manuale del perfetto genitore affidatario” e inizia a scrivere quelle del fare spazio.
Prima regola: non esistono bambini incollocabili ed è così che decidono, contro ogni buon proposito, di prendere in affido una bambina con bisogni speciali.
Seconda regola: i fratelli non si dividono ed è così che fanno spazio anche alla sorella adolescente pur di non separare le due sorelle.
Terza regola: non sottovalutare mai il senso di dignità dei ragazzi affidati ai servizi sociali. Dolorosa lezione appresa dalla piccola Lagnacontinua (figlia biologica della coppia affidataria) quando viene investita dalla rabbia di Nevrotic (la prima figlia affidataria), per aver chiesto se in comunità avevano l’albero di Natale: le comunità che li ospitano (anche per molti anni) diventano le loro famiglie e non bisogna mai avere la presunzione che famiglia (affidataria o adottiva) sia, nel cuore di questi ragazzi, meglio che comunità.
Quarta regola: ricorda sempre che anche se ti senti genitore del bambino che ti è stato affidato, quel bambino potrebbe non viverti mai come genitore… non fosse altro perché dopo anni di attesa ha rinunciato all’idea stessa di madre (o di padre). Spesso i genitori affidatari arrivano troppo tardi.
Quinta regola: vivi l’affido (sine die) senza aspettative, quello che conta è far quel che si può fin quando durerà. I ragazzi non ti devono nulla.
Sesta regola: l’adulazione è il modo elegante che amici, vicini e parenti adotteranno per mettere distanza. Non aspettarti partecipazione né sostegno. Non aspettarti neanche comprensione o condivisione: i vostri figli affidatari il più delle volte saranno visti come un peso piuttosto che come una benedizione.
Questo è un libro che fin dalle prime pagine entra con uno stile diretto, ironico e tutt’altro che retorico in tante questioni legate alle dinamiche connaturate all’affido familiare. Utile per chi sta accarezzando l’idea di candidarsi o per chi lo ha già fatto, ma anche per gli operatori interessati al tema, così come per persone con disabilità e caregiver, o per chi semplicemente ha il desiderio di “pensare” le dinamiche familiari.
Psicologo, psicoterapeuta.
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