In un recente articolo pubblicato dal «Corriere della Sera», l’editorialista Ernesto Galli Della Loggia imputa i mali della scuola italiana – senza peraltro descriverli – alla convivenza nelle nostre aule tra i ragazzi “normali” con quelli con disabilità ma anche con quelli con disturbi specifici dell’apprendimento piuttosto che con bisogni educativi speciali. Con una stima per difetto parliamo di almeno un quarto degli alunni italiani.
Quale sarebbe la responsabilità di questi bambini e ragazzi non è molto chiaro: probabilmente si ipotizza che frequentare la stessa scuola possa comportare un minore sviluppo delle capacità e competenza di tutti gli altri. L’idea è che, quindi, sarebbe meglio per tutti, che i “bravi ragazzi” frequentassero solo i loro simili mentre quelli “con problemi” dovrebbero stare all’interno di spazi dedicati.
Se accettassimo questa teoria dovremmo progettare di nuovo classi differenziali e scuole speciali dove inserire i ragazzi con disabilità, così come quelli con altri problemi.
Non abbiamo nessun dato che confermi la teoria di Galli della Loggia: i 46 anni di integrazione scolastica che abbiamo alle spalle non hanno impedito alla scuola e università italiana di acere ragazzi altamente formati in diverse discipline, molto ambìti dagli atenei e dalle aziende straniere: al contrario sappiamo che l’esperienza di convivenza con ragazzi con disabilità offre la possibilità di sviluppare competenze relazionali e collaborative molto importanti tanto nel mondo del lavoro quanto nella vita in genere.
Il problema della scuola italiana non è l’inclusione ma il suo contrario: i ragazzi con disabilità, così come quelli con altre difficoltà, purtroppo rischiano, ancora oggi molto più degli altri, di abbandonare precocemente gli studi e di essere vittima di diverse discriminazioni tanto dentro la scuola che nella società.
I problemi della scuola italiana non hanno a che fare con il mito dell’inclusione, ma con la carenza di risorse economiche, con lo scarso impegno sulla formazione degli insegnanti, con la mancanza di materiale e la deplorevole condizione di molti edifici scolastici, con un eccesso di burocratizzazione del mestiere di dirigente e di insegnante a scapito della dimensione educativa.
Tra i meriti che invece la scuola italiana può vantare c’è invece proprio quello, pure tra mille difficoltà, di garantire uno spazio ed una esperienza di incontro e di lavoro insieme a ragazzi con differenti caratteristiche, fisiche, intellettive, mentali e sociali. È più facile che una delegazione di un altro Paese venga a cercare di capire come facciamo a garantire l’inclusione scolastica che non a come insegnamo l’italiano o le lingue straniere.
Quello che, nonostante tutto, persiste non è il mito dell’inclusione ma quello della separazione e quello dell’esclusione. Quello che, nonostante tutto, qualcuno si ostina a pensare è che si crescerebbe meglio stando solo con quelli che ci assomigliano, soprattutto se apparteniamo ad un gruppo forte e vincente.
Un’idea ben misera di scuola e un’idea ben misera di civiltà.
Sull’articolo di Ernesto Galli della Loggia si è duramente pronunciato anche il presidente della FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap) Vincenzo Falabella, sulle pagine del «Fatto Quotidiano», ritenendo quelle dello storico «parole impregnate di stigmi e pregiudizi inaccettabili contro le persone con disabilità, semplificazioni dettate dal fatto che non conosce questo nostro mondo».
«In Italia – ha aggiunto Falabella – con l’abolizione delle classi differenziali abbiamo fatto un grande salto di qualità rispetto ad altri Paesi europei. I ragazzi con disabilità hanno diritto di usufruire di una scuola inclusiva e di avere – come dice la nostra Costituzione – gli stessi diritti di tutti gli altri. Le parole dello storico mi indignano tanto più perché pronunciate da una persona ben nota e che firma su un importante quotidiano nazionale. Pensare che nel 2024 ci sia ancora chi come Galli della Loggia ha questo pensiero la dice lunga su quanto sia ancora lungo il cammino culturale che abbiamo davanti».
«Della Loggia – ha concluso il Presidente della FISH – ha avuto una caduta di stile che rinvio al mittente perché in questi anni i nostri ragazzi e le loro famiglie hanno dimostrato che l’inclusione non è un mito».