Una buona progettazione abilita, una cattiva progettazione disabilita

di Manuela Viezzoli*
“Good Design Enables, Bad Design Disables”, ossia “Una buona progettazione abilita, una cattiva progettazione disabilita”: così Manuela Viezzoli, dipendente del Centro di Ateneo per i Diritti Umani A. Papisca dell’Università di Padova e donna con disabilità, conclude l’approfondimento che presentiamo oggi a Lettori e Lettrici, consistente in un vero e proprio viaggio in alcuni musei dell’Università di Padova, a sostegno dell’accessibilità alla cultura e per riflettere a fondo su come realmente perseguire tale obiettivo per tutti e tutte
Realizzazione grafica di Village for all sul design universale (©avrildesign)
Una realizzazione grafica diffusa da Village for all sulla progettazione universale (©avrildesign).

In occasione dell’International Museum Day 2023, promossa a livello mondiale dall’ICOM, il Consiglio Internazionale dei Musei, il CAM dell’Università di Padova (Centro di Ateneo per i Musei) ha pensato e creato una serie di eventi nei diversi contesti museali e culturali dell’Università stessa, al fine di ampliare il più possibile la platea dei pubblici e fornire occasione di nuove esperienze, promuovendo accessibilità e fruizione di spazi, oggetti e opere attraverso modalità differenti rispetto a quelle convenzionali. Una serie di esperienze nuove e arricchenti, dunque, per tutte le persone, con o senza disabilità.
Personalmente ho avuto l’opportunità e il piacere di partecipare agli eventi creati dal Museo dell’Educazione, dal Museo di Scienze Archeologiche e d’Arte e infine alla visita personalizzata presso la Sala dei Giganti.
Sono Manuela Viezzoli, dipendente del Centro Diritti Umani A. Papisca dell’Università di Padova e mi occupo prevalentemente di diritti umani e inclusione delle persone con disabilità. Io stessa sono una persona con disabilità e utilizzo la sedia a rotelle; uso un pochino la mano sinistra e potrei definire il mio modo di vedere piuttosto buffo visto che “vedo ma non vedo”; potrei dire meglio che in generale ci vedo (le diottrie ce le ho tutte!), ma ho difficoltà a percepire soprattutto dettagli o pagine scritte. A compensare utilizzo molto il canale uditivo e una buona capacità di memoria.
L’opportunità di questo viaggio all’interno dei musei patavini mi ha permesso di fare esperienze del tutto diverse nella fruizione di opere e spazi, attivando canali come il tatto che di solito non uso, oppure utilizzando la vista in modo diverso e più efficace, grazie alle preziose indicazioni e alla guida degli appassionati operatori che mi hanno consentito di godere maggiormente delle complessità.

Learning by Hand: il Museo dell’Educazione
Questa è stata la prima tappa del mio viaggio, un’immersione nel passato circondata da moltissimi oggetti appartenenti a tutti i contesti della vita quotidiana legati all’infanzia, non solo all’educazione scolastica in senso stretto, peculiarità di questo museo (unico in Italia insieme a quello di Roma).

Museo dell'Educazione di Padova
Il Museo dell’Educazione di Padova

Accompagnata dalla voce calda e soave del racconto e delle dettagliate descrizioni, dalle attenzioni nei confronti delle esigenze di ogni visitatore da parte della curatrice Elena Santi, sono entrata facilmente nell’atmosfera dell’infanzia nel passato.
Abbiamo cominciato con il “gioco delle scatole”. Con gli occhi bendati ho inserito le mani nei fori laterali delle scatole chiuse create dalla curatrice, contenenti diversi oggetti che ho potuto esplorare con il tatto, cercando di indovinare cosa fossero: una bambola di porcellana, una di pezza e un Pinocchio di legno! Abbiamo proseguito toccando e osservando nei dettagli giochi e giocattoli, libri, quaderni, materiali didattici di diversa natura e arredi antichi.
Sono poi entrata concretamente nella dimensione di un’aula scolastica del secolo scorso, toccando i vecchissimi banchi di legno scuro, i pennini appuntiti, l’enorme abaco, il mappamondo… Che sensazione di stupore e meraviglia! Anche se, a dirla tutta, il ritorno al “clima scolastico” qualche ombra di disagio me l’ha rievocata…
Osservando gli altri visitatori, ho notato anche come ci possono essere un po’ di resistenze e piccoli disagi nell’essere bendati, nel prendere contatto con l’ignoto toccando ciò che non si vede; oppure delle remore, nonostante i continui solleciti della curatrice, a usare il tatto su oggetti tanto vecchi e fragili che di solito è consentito solo guardare.

Museo per tutti: Museo di Scienze Archeologiche e d’Arte
Ed eccoci alla seconda esperienza. Per la prima volta sono entrata in questo meraviglioso museo progettato da Giò Ponti al terzo piano dell’edificio Liviano, con le sue prospettive e gli ampi spazi che accolgono oggetti appartenenti a diverse epoche storiche. Purtroppo la curatrice Alessandra Menegazzi non ha potuto presenziare alle visite, ma abbiamo avuto il piacere di essere stati accolti con calore dall’appassionato collega del Dipartimento dei Beni Culturali Arturo Zara, il quale si è offerto di affiancare e coordinare il personale in sua assenza.

Padova: Museo di Scienze Archeologiche e d'Arte
Padova: una sala del Museo di Scienze Archeologiche e d’Arte

Siamo stati accompagnati lungo tutto il percorso, in modo accurato e coinvolgente, e seguiti inoltre uno a uno nella meravigliosa esperienza di esplorazione tattile, alla quale è stato dedicato molto tempo.
Indossando un’enorme benda ho potuto giocare esplorando con le mani le riproduzioni in gesso di busti e di un enorme pannello stampato da un file 3D e rifinito a mano. Con grande cura e attenzione personalizzata, Arturo Zara mi ha consentito di percepire nei dettagli tutte le sensazioni che le diverse parti delle superfici suscitavano, chiedendo anche molta partecipazione da parte mia attraverso la condivisione verbale rispetto a ciò che sentivo e giocando a indovinare il soggetto.
L’opportunità di entrare in contatto con le riproduzioni delle statue attraverso l’esplorazione tattile è stata un’esperienza assolutamente nuova, appagante.
La visita è poi proseguita con naturalezza, attraversando con grande semplicità i diversi periodi storici e consentendomi, finalmente, di affrontare e immergermi “nella storia” in modo nuovo e per me efficace.

Una stanza tutta per sé: Sala dei Giganti
Non è così scontato il privilegio di avere la disponibilità esclusiva per sé, o al massimo per propri amici, di uno spazio tanto prestigioso e della guida per una visita personalizzata e calibrata su misura.
Da subito la Sala ha avuto uno strano e particolare impatto: lo spazio così ampio e gli affreschi raffiguranti i giganti della storia, tanto alti e maestosi, mi hanno suscitato innanzitutto una sensazione di calma e serenità. Mi hanno anche fatta sentire piccola, ma allo stesso tempo parte della grande storia dell’umanità, a tal punto da farmi riflettere sul mio posto nel mondo e sul mio futuro. Caspita, che bell’impatto emotivo, tanto per iniziare!

Padova, Sala dei Giganti
La Sala dei Giganti nel Palazzo Liviano di Padova

È stata un’esperienza coinvolgente e immersiva, grazie all’entusiasmo e alla precisione della curatrice Chiara Marin nell’attraversare le storie e le vicissitudini della Sala, nel racconto dei personaggi e nella descrizione degli affreschi utilizzando tecniche ad hoc, quali ad esempio l’ascolto di musiche dell’epoca, per fare immergere il visitatore nei diversi periodi storici. Abbiamo anche dedicato prezioso tempo per parlare della sua esperienza nei giorni precedenti nell’accogliere persone con esigenze diverse e delle differenti modalità utilizzate per le visite personalizzate.
Devo dire che la passione e l’entusiasmo contagiosi di Chiara, accompagnati da questa capacità di calibrare l’esperienza sul visitatore, qualità non scontata, hanno molto contribuito a rendere la visita particolarmente significativa.
Non è infatti cosa scontata che sia offerta l’opportunità di poter godere di esperienze come queste, bisogna pertanto riconoscere al CAM dell’Ateneo patavino il merito di avere pensato e organizzato questo percorso in diversi siti culturali della città, promuovendo accessibilità per tutti e modalità di fruizione diversificate. Grazie alla multisensorialità e alla personalizzazione nelle visite, viene arricchita l’esperienza di tutti i visitatori, con e senza disabilità, come hanno evidenziato il grande coinvolgimento e l’entusiasmo della mia assistente sul lavoro che ha fatto con me in questo viaggio e degli altri visitatori che ho potuto osservare.
A mio parere con queste modalità vengono inoltre stimolate risorse personali che consentono di assumere nuove prospettive su di sé e sul mondo. Un’altra interessante considerazione può riguardare il fatto che tutti vengono messi sullo stesso piano, abbattendo le differenze, anche nelle difficoltà, come ad esempio durante le esplorazioni tattili da bendati.
Spero che queste iniziative temporanee diventino sempre più frequenti, conosciute, recepite dal territorio e quindi più partecipate in quanto preziose occasioni; ma spero soprattutto che vengano creati quanto prima un maggior numero di spazi permanenti caratterizzati da accessibilità e fruibilità per tutti.

Museo della Natura e dell’Uomo: una visita per viverne la fruibilità
A qualche mese dall’inaugurazione di tale struttura ho avuto l’opportunità di visitare il più grande museo scientifico universitario d’Italia (a questo link il sito), esperienza per cui ringrazio molto la curatrice della Sezione di Zoologia Marzia Breda, la quale ha generosamente dedicato molte ore del proprio tempo nell’accompagnarmi in questo fantastico “viaggio nel tempo e nello spazio attraverso le ere geologiche fino ad oggi”.

Museo della Natura e dell'Uomo di Padova
Una sezione del Museo della Natura e dell’Uomo di Padova

Fin da subito si è instaurato un clima di condivisione e scambio reciproco: accompagnandoci nella visita alle ricchissime sezioni di Mineralogia, Geologia e Paleontologia, Zoologia e Antropologia, Marzia richiedeva costantemente opinioni e feedback sull’accessibilità degli spazi e sulla fruibilità delle esposizioni sia a me che alla mia assistente, per averne una panoramica più articolata. Ne è nato un confronto interessante e produttivo, in cui mi sono sentita valorizzata come persona con disabilità, ma anche come collega nell’offrire il mio punto di vista e nel suggerire possibili adattamenti.
L’esperienza del percorso inizia in modo molto suggestivo, risucchiando immediatamente il visitatore in un’altra dimensione, grazie al video immersivo Dal centro della terra durante il quale si è avvolti a trecentosessanta gradi da immagini, suoni e vibrazioni. Purtroppo non posso dilungarmi nella descrizione delle fantastica esperienza vissuta nell’attraversare le diverse sezioni, che mi hanno stupita sia per la grande ricchezza  di reperti, ma anche per i diversi momenti di stimolo alla riflessione su grandi temi attuali: ad esempio, selezionando gli anni futuri su touch screen con mappa dell’Italia settentrionale, si possono concretamente osservare le variazioni nell’innalzamento del livello del mare sui nostri territori, secondo il modello di previsione basato sui cambiamenti climatici in atto. Questo esempio ci fornisce anche l’occasione per soffermarci a fare alcune considerazioni su accessibilità e fruibilità: purtroppo non riuscivo a toccare e vedere la mappa, essendo lo schermo troppo alto e non sufficientemente inclinato. Ci siamo confrontate anche riguardo ad altre criticità riscontrate durante il percorso, a partire dalla generale difficoltà per tutti (e non solo per le persone con disabilità) nella fruizione delle didascalie relative ai reperti, fino alle considerazioni sull’esposizione di alcuni modelli tattili, purtroppo poco segnalati al pubblico e (di nuovo) fuori portata per le persone sedute in sedia a rotelle. Inoltre, nello studio della curatrice, ci siamo prese del tempo per ragionare sul ruolo dei musei e della cultura nella vita delle persone con disabilità, nella prospettiva dello Human Right Based Approach (“approccio basato sui diritti umani”) promosso dalla Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità, che rende l’accessibilità prerequisito fondamentale per il riconoscimento e il rispetto di “tutti i Diritti Umani per tutti”: diritto all’autonomia e alla crescita personale, alla partecipazione alla vita sociale e culturale, all’autodeterminazione per una vita il più possibile indipendente.

Le esperienze raccontate sono state per me molto significative, sia dal punto di vista della crescita personale che di quella professionale: mi hanno dato l’opportunità di vivere e apprezzare come mai prima le collezioni dei musei e di sperimentare in prima persona le dimensioni di accessibilità e fruibilità nel mondo della cultura, stimolando riflessioni e successivi approfondimenti. Mi sono dedicata, infatti, alla lettura dei Quaderni della Valorizzazione NS 4 del MIBACT-Direzione Generale Musei (2017), i quali mettono in evidenza la rilevanza di concetti e prospettive quali il Modello sociale dell’accessibilità (fisica, culturale, economica, cognitiva, sensoriale), intesa come “fruizione” e “per tutti”, condizione imprescindibile  per l’ampliamento della partecipazione e del coinvolgimento dei pubblici; il ruolo del Museo contemporaneo non più quale spazio elitario, ma come “piazza”, luogo di confronto ed esperienza sociale, di costruzione di saperi basata sull’ascolto reciproco, sostenendo partecipazione e accettazione sociale delle differenze. Viene in tal senso chiamata in causa la “responsabilità sociale” dei musei (Codice Etico ICOM).
Per concretizzare tutto questo e perseguire quindi una reale accessibilità al patrimonio culturale e l’inclusione della massima diversità umana dei fruitori, è necessario procedere in modo logico, inclusivo ed economico, attraverso un’analisi fondamentale delle variabili in gioco e il coinvolgimento degli utenti finali in ogni fase del processo progettuale “per non dimenticare di pensare per il mondo reale” (EIDD – Design for All Europe, Dichiarazione di Stoccolma, 2004). In tale uso cosciente del progetto consiste la Progettazione Universale (Universal Design) o Design for All per la diversità umana, l’inclusione sociale e l’uguaglianza.
Good Design Enables, Bad Design Disables, ossia “Una buona progettazione abilita, una cattiva progettazione disabilita”.

Centro di Ateneo per i Diritti Umani A. Papisca dell’Università di Padova.

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