Se la battaglia contro quel Decreto rimane nella “nicchia”…

di Orlando Quaglierini*
«Se quel Decreto sull’inclusione scolastica suscita l’indignazione dei soli insegnanti di sostegno che hanno conseguito il TFA (Tirocinio di Formazione Attivo) - scrive Orlando Quaglierini -, e non anche di rappresentanti dei docenti curricolari e dei dirigenti scolastici; se suscita le rimostranze dalle associazioni di categoria e non anche di rappresentanti della società civile, coloro che non sono inclini ad una scuola e a una società inclusiva, si fregheranno le mani, perché percepiranno tale reazione come una battaglia corporativa, “di nicchia”...»

Viso di uomo con mano sul volto ed espressione di sconfortoPosso sbagliarmi, ma il Decreto Legge 71/24 (Disposizioni urgenti in materia di sport, di sostegno didattico agli alunni con disabilità, per il regolare avvio dell’anno scolastico 2024/2025 e in materia di università e ricerca), che proprio mentre scrivevo, stava per essere convertito in legge, è legato a filo doppio con il Decreto Legislativo 62/24 (Definizione della condizione di disabilità, della valutazione di base, di accomodamento ragionevole, della valutazione multidimensionale per l’elaborazione e attuazione del progetto di vita individuale personalizzato e partecipato).
Il vincolo fra i due atti sta in quelle due date così perentoriamente sancite dal Decreto Legislativo di cui sopra: la prima, il 1° gennaio 2025, corrisponde alla decorrenza della fase sperimentale, mentre con la seconda, il 1° gennaio 2026, viene stabilita la decorrenza della fase a regime.
Verso queste scadenze ebbi modo su queste stesse pagine di esprimere le mie perplessità e i miei dubbi sul fatto che fossero rispettate. Ora quei dubbi non li ho più. Al contrario ho due certezze: la certezza che quelle date saranno rispettate e l’altrettanto amara certezza che lo scotto da pagare sarà quello di trasformare in una “farsa” l’ICF, la Classificazione Internazionale del Funzionamento, della Disabilità e della Salute, sulla cui filosofia sottesa apparentemente si base il suddetto Decreto Legislativo)… Peccato, perché poteva essere una grande occasione di riflessione e di una crescita corale che sarebbe potuta andare oltre la disabilità, e invece il tutto sarà trasformato nell’ennesima scartoffia da compilare frettolosamente e burocraticamente, e per fare ciò i 30 Crediti Formativi per l’insegnamento di sostegno del Decreto 72/24 sono più che sufficienti e avanzano…

Altro che Progetto di vita! La parola “progetto” è un termine aulico, impegnativo e denso di significato e di prospettiva, la cui etimologia rimanda a “gettare avanti”, dove “gettare”, a sua volta, rimanda alla “distanza” a cui può arrivare un dispositivo di lancio o, come nella fattispecie, alla “distanza” a cui ciascuno di noi, proiettandosi nel futuro, può arrivare con un pensiero, un’aspirazione, un desiderio… Ma, ahimè, non mi stupirei, date le premesse (formazione a distanza con verifiche, si fa per dire, con questionari a risposta multipla compilati online) che per redigere il suddetto “Progetto di vita”, ridotto ormai a un simulacro, sia sufficiente un foglio A4 prestampato a cui apporre delle crocette, magari ricorrendo a qualche algoritmo di intelligenza artificiale! Idem per il Profilo di Funzionamento, il PEI (Piano Educativo Individualizzato) ecc.
Mi piacerebbe che i diretti interessati, o chi per loro, prendessero “in castagna” tutti quei funzionari che si presteranno a questa mistificazione, diventando conniventi con queste nuove procedure svuotate di contenuto. Sarebbe semplice farlo, per esempio basterebbe chiedere loro: «Scusate, mi sapete dire quali sono le mie capability e come le avete rilevate?». Ma temo che i diretti interessati, o chi per loro, per lo più sottoscriveranno moduli senza leggerli, un po’ come succede per le procedure sulla privacy.

Considerazione conclusiva a margine. Non molto tempo fa, in una scuola media superiore uno studente con disabilità, per un qualche cavillo, non poteva partecipare a una gita scolastica, al che, non i genitori dello studente con disabilità, non le associazioni di categoria, ma tutti i suoi compagni di classe e tutti i loro genitori compatti si sollevarono con una voce sola e dissero: «Se alla gita programmata, non viene anche il nostro compagno, nessun altro ci andrà»… Storia a lieto fine: il cavillo venne superato e tutti andarono in gita.
Quando Martin Luther King il 28 agosto 1963 tenne lo storico discorso I have a dream davanti al Lincoln Memorial di Washington, ad ascoltarlo c’erano 200.000 persone molte delle quali “bianche”, e fu proprio questa peculiarità a renderlo un successo storico. Se fossero stati anche dieci, venti volte più numerosi, ma esclusivamente “di colore”, la manifestazione non avrebbe sortito i medesimi effetti sperati. La presenza dei “bianchi” suggellò che quel sogno poteva essere di tutti e non solo degli afroamericani. Questo fu il vero successo.
Se il Decreto Legge 71/24 suscita l’indignazione dei soli insegnanti di sostegno che hanno conseguito il TFA (Tirocinio di Formazione Attivo), e non anche di rappresentanti dei docenti curricolari e dei dirigenti scolastici; se suscita le rimostranze dalle associazioni di categoria, o comunque di gruppi organizzati di operatori storicamente sensibili alle tematiche afferenti la disabilità, e non anche di rappresentanti della società civile, coloro che non sono inclini ad una scuola e a una società inclusiva, si fregheranno le mani, perché percepiranno tale reazione come una battaglia corporativa, “di nicchia”, e avranno buon gioco a scatenare una “guerra fra poveri” tra i docenti con TFA e le altre due categorie di insegnanti: quelli con tre anni di anzianità sul sostegno, pur essendo privi di titoli per svolgerlo, e quelli che hanno conseguito la specializzazione all’estero… e questa volta la storia non sarà a lieto fine… Peccato!

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