Alunni con disabilità: “inciampi estivi” alla garanzia dell’assistenza scolastica

«Fa soprattutto specie – scrive Federico Girelli, docente di Diritto Costituzionale, a proposito di quella Sentenza del Consiglio di Stato in tema di assistenza scolastica agli alunni con disabilità, che tanto sta facendo discutere – leggere ancor oggi in una Sentenza del Consiglio di Stato il riferimento alla categoria del “diritto finanziariamente condizionato” a proposito del diritto fondamentale all’istruzione delle persone con disabilità. Senza poi considerare le possibili conseguenze discriminatorie di questo indirizzo interpretativo»

Assistente all'autonomia e alla comunicazione al lavoro con un bimbo con disabilità

Un’assistente all’autonomia e alla comunicazione al lavoro con un bimbo con disabilità

Nel cuore dell’estate, dunque, interviene il Consiglio di Stato in tema di assistenza scolastica degli alunni con disabilità. La Sentenza n. 7089 è stata depositata infatti il 12 agosto, ma non è passata in sordina; anzi, da subito ha suscitato i commenti critici, tra gli altri, della FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap) e dell’AIPD (Associazione Italiana Persone Down) [su questi e altri commenti si legga in calce l’elenco dei testi da noi finora pubblicati, N.d.R.].
La decisione, in effetti, appare quantomeno discutibile, poiché si pone in evidente contrasto con la giurisprudenza costituzionale in tema di diritto all’istruzione delle persone con disabilità e in specie con la Sentenza 275/16; ma la Terza Sezione del Consiglio di Stato, invero, si discosta altresì dalla giurisprudenza dello stesso Consiglio di Stato, se solo si ponga mente alla Sentenza-Trattato della VI Sezione 2023/17.

La Corte costituzionale così si era espressa: «È la garanzia dei diritti incomprimibili ad incidere sul bilancio, e non l’equilibrio di questo a condizionarne la doverosa erogazione»; e anche le parole scelte allora dal Consiglio di Stato non danno adito ad alcun dubbio: «Le posizioni degli alunni disabili devono prevalere sulle esigenze di natura finanziaria».
La decisione agostana su un punto coglie nel segno: quando puntualizza che la vicenda in esame non concerne l’assegnazione delle ore di sostegno, ma la diversa (pur connessa, va precisato) ipotesi di riconoscimento di ore di assistenza scolastica.

Che il diritto all’istruzione delle persone con disabilità abbia la dignità giuridica di diritto fondamentale è dato non più controverso: lo hanno affermato la Corte Costituzionale (Sentenza 80/10), le Sezioni Unite della Corte di Cassazione (Sentenza 25011/14) e anche l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato (Sentenza 7/16). Stando così le cose, tale posizione soggettiva deve trovare la massima protezione da parte dell’ordinamento.
Eppure, questa volta il limite delle “risorse disponibili” ha impedito che le tredici ore settimanali di assistenza individuate come necessarie nel PEI (Piano Educativo Individualizzato), che, com’è noto, è il documento in cui vengono indicate le specifiche esigenze dell’alunno con disabilità, venissero garantite per intero. Al Comune resterebbe un margine di discrezionalità sulla quantificazione finale di queste ore di assistenza, la cui misura fissata nel PEI rappresenterebbe una mera proposta per l’Amministrazione Comunale: «la littera legis è inequivoca sul punto», afferma il Consiglio di Stato.
Ora, a tacer del fatto che la Corte Costituzionale ha già avuto modo di affermare che l’«interpretazione meramente letterale delle disposizioni normative» è «metodo primitivo sempre» (Sentenza 1/13), diversi sono gli strumenti ermeneutici a disposizione del giudice: si pensi, ad esempio, all’interpretazione estensiva, analogica (quando consentita), conforme (a Costituzione, al diritto eurounitario, al diritto convenzionale), sistematica, che esige che il significato di una data disposizione possa essere colto appieno, tenendo conto non solo del tenore testuale della singola disposizione, ma anche del quadro normativo in cui essa è collocata.
Trattandosi del diritto all’istruzione delle persone con disabilità, che gode di una tutela multilivello (internazionale, europea ed interna), pare proprio che il Consiglio di Stato in questa occasione non abbia ben valutato le opzioni ermeneutiche che i testi normativi da tenere in considerazione offrivano. Con ciò non si vuol certo affermare che bisogna far dire ai testi normativi quello che non dicono, ma semplicemente che l’orizzonte interpretativo disponibile era ben più ampio di quello individuato. E la ristretta visuale imposta dall’ancoraggio (ottuso in questo caso) alla littera legis, ha condotto a un travisamento del canone dell’“accomodamento ragionevole”: il Consiglio di Stato afferma, infatti, che in fondo il Comune, seppur non tutte le tredici ore di assistenza indicate nel PEI, comunque avrebbe garantito un monte ore (sette) commisurato alle proprie risorse finanziarie. Il punto è che l’“accomodamento ragionevole” era già insito nella misura delle ore di assistenza individuate come necessarie per l’alunno, giacché non coprivano certo l’intero orario scolastico.

Soprattutto fa specie leggere ancor oggi in una Sentenza del Consiglio di Stato il riferimento alla categoria del «diritto finanziariamente condizionato» a proposito del diritto fondamentale all’istruzione delle persone con disabilità.
Vanno poi considerate le conseguenze discriminatorie di questo indirizzo interpretativo: un alunno con disabilità che risiede in un Comune “ricco” si vedrebbe riconosciute le ore di assistenza a lui necessarie, mentre un altro alunno, per il solo fatto (meramente casuale) di risiedere in un Comune con minori disponibilità finanziare, subirebbe una compressione del proprio diritto allo studio.
Le ore di sostegno e quelle di assistenza sono strumentali all’effettivo godimento di questo diritto: se io ho diritto a che mi venga consegnato un tavolo e mi viene sì consegnato un tavolo, ma con una gamba segata a metà, ben difficilmente potrò usufruire sul serio del mio tavolo.
In caso di ridotte risorse finanziarie in questi casi deve poter scattare il meccanismo della sussidiarietà che implica l’intervento dei livelli di governo superiori affinché il servizio venga erogato in funzione del pieno godimento del diritto (e sul punto la Terza Sezione qualcosa avrebbe potuto dire).

In ogni modo, confidiamo che l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato abbia modo di dare indirizzi interpretativi alle Sezioni affinché “inciampi estivi” come questi non si ripetano. È nota, infatti, la peculiare forza persuasiva tradizionalmente riconosciuta alle sue decisioni, ulteriormente potenziata dall’articolo 99 del Codice del Processo Amministrativo, che impone alle singole Sezioni, nel caso non intendano uniformarsi ad un principio di diritto enunciato dall’Adunanza Plenaria, di rimettere il ricorso a quest’ultima per la decisione. E va altresì ricordato l’importante contributo dato negli anni dalla giurisprudenza amministrativa alla configurazione e al consolidamento del diritto fondamentale all’istruzione delle persone con disabilità.

Docente di Diritto Costituzionale all’Università Niccolò Cusano di Roma.

Sulla Sentenza del Consiglio di Stato su cui si sofferma Federico Girelli, abbiamo già pubblicato sulle nostre pagine i contributi: Da quella Sentenza un duro colpo per i diritti degli studenti con disabilità, Mai anteporre i costi ai diritti! di Gianluca Rapisarda, L’intangibilità del diritto allo studio per gli alunni e le alunne con disabilità e Riflessioni su quella Sentenza del Consiglio di Stato di Salvatore Nocera.

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