Elena Improta, prima su Facebook e successivamente anche su queste pagine, dà conto della Proposta di Legge presentata dal Partito Democratico nel settembre 2023, a firma del deputato Marco Furfaro e altri, affidata alla Commissione Affari Sociali della Camera nelle scorse settimane, concernente l’Istituzione della figura professionale dell’operatore per l’emotività, l’affettività e la sessualità delle persone con disabilità. In sintesi, siamo nel solco del tema dell’assistenza sessuale per le persone con disabilità che da dieci anni, senza per ora alcun risultato di carattere legislativo, viene portato avanti dal Comitato Lovegiver. Siamo infatti con questa alla terza Proposta di Legge, dopo quella del 2014 promossa dallo stesso Comitato Lovegiver e sostenuta anch’essa dal Partito Democratico (senatore Sergio Lo Giudice) e da quella successiva sempre targata Partito Democratico, presentata dall’onorevole Ileana Argentin nel 2015. Non si ha notizia che queste Proposte di Legge siano mai state discusse.
Improta, persona anch’essa di area PD, per il quale è stata recentemente candidata alle elezioni europee, usa nel commentare la proposta Furfaro toni precisi e scevri da ogni intento puramente polemico col collega di partito, e tuttavia non si esime dal definirla «…a dir poco imbarazzante».
Più “colorito” nell’analisi Carlo Giacobini, figura “storica” dell’associazionismo della disabilità (già direttore del portale HandyLex e già esponente di spicco della FISH), di cui riporto integralmente il commento pubblicato sulla pagina Facebook di Improta: «Ho letto più volte la proposta di legge agli Atti della Camera. Mi sono fatto anche un diagramma di flusso dell’ipotetico iter delle prestazioni perché francamente non è facile credere che possa essere così scombiccherata. A parte che non si comprende come venga finanziata, ma è una autentica ciofeca inemendabile, oltre che una visione del sesso piuttosto deformata o malamente confermata ad alcune disabilità. Non se ne sentiva la mancanza».
«Imbarazzante» e «ciofeca»… direi che ci stanno tutte e due perché, leggendo il testo di legge (che ricalca in varie parti i due precedenti) si rimane veramente interdetti sul fatto che una cosa del genere possa essere stata presentata al nostro Parlamento. L’invito è a leggerla (5 minuti) e a farvi una vostra personale idea perché troppo forte è la tentazione di citarne alcuni passaggi veramente grotteschi, che danno un’idea di totale ignoranza sul tema, e presentano un’idea di sessualità di tipo puramente meccanico. Mi trattengo però dal sarcasmo e dalle citazioni, perché ci svierebbero dal riflettere su cosa sta succedendo nel mondo della disabilità e nel proporsi della politica su queste frontiere.
Una parte del mondo della disabilità, quello che utilizza maggiormente la comunicazione che non l’agire politico e culturale, ritiene, paradossalmente, che la stessa sia un fatto esclusivamente politico culturale e il nodo della discriminazione (e delle sue “varianti”… vedi appunto il dibattito su sessualità e disabilità) diventa il “luogo” dove tale approccio si manifesta. Questo luogo apre possibilità, ma è anche molto rischioso, se alla fine se ne applicano i meccanismi in automatico, sempre e comunque.
La disabilità è una dimensione molto complessa, certamente non solo politico/culturale e recentemente, per vari fattori (ascrivibili soprattutto al mondo della politica – Lega da una parte e area “radical chic” principalmente dall’altra – oltreché al mondo delle imprese), è diventata elemento di mercato che va oltre a quello classico dei servizi sociosanitari. Intendendo con “mercato” non solo l’aspetto dei soldi, ma anche quello del consenso politico e del marketing.
Rimasti i disabili gli unici “buoni” sul palcoscenico del sociale, a fronte dei tanti “brutti e cattivi” su cui una parte della politica picchia duro (immigrati, rom, carcerati, tossicodipendenti, senza dimora, malati mentali, babygang…), si tratta di decidere quale via imboccare. E anche tra associazioni, federazioni e attivisti il quadro non è chiaro ed è pieno di ambiguità.
Personalmente quello che avevo da dire l’ho già pubblicato in vari articoli su Superando diversi anni fa (li si può trovare in questo articolo di taglio bibliografico su disabilità e sessualità). La raccolta bibliografica si ferma al 2015, ma mi pare che da allora, tenendo monitorato il tema, le argomentazioni sull’uno e sull’altro versante, rispetto all’assistenza sessuale e al tema sessualità e disabilità più in generale, non abbiano aggiunto prospettive particolarmente differenti, se non, ed è un aspetto molto significativo, il tema del mutuare dalle posizioni femministe e del movimento Lgbtq+ le modalità dell’agire movimentistico di parte del mondo della disabilità, attorno alla centralità del tema del “corpo disabile” e del suo essere inevitabilmente sessuato (si legga anche qui l’articolo Il ritorno del corpo).
Per finire mi aggrappo nuovamente alle parole di Umberto Galimberti: «[…] Ciascuno di noi ha sempre la possibilità di ripensare l’eterno conflitto tra il corpo e la legge, e fin dove la legge può decidere della vicenda dei corpi. E qui la direzione del discorso si lascia intuire qualora si dovesse scendere nella specificazione dei corpi per incontrare il corpo delle prostitute, il corpo dell’omosessuale, il corpo del travestito, il corpo dell’handicappato, il corpo del drogato intorno a cui, proprio in questi giorni, la legge si sta organizzando» (U. Galimberti, La legge lo giudica osceno: erotico o paralizzato è sempre il corpo del reato, in «Corriere della Sera», supplemento Sette, n. 33/89, pagina 15).