Dall’inclusione alla valorizzazione degli alunni con disabilità

di Salvatore Nocera
«Sono certo - scrive Salvatore Nocera - che le Associazioni di persone con disabilità presenti ad Assisi, al prossimo “G7 Inclusione e Disabilità”, insisteranno sul passaggio dall’inclusione alla valorizzazione degli alunni e delle alunne con disabilità, consolidando e completando la normativa che sta a base dell’una e dell’altra. Per il momento, però, servirebbe almeno la realizzazione dell’inclusione, applicando compiutamente e correttamente le buone norme approvate in questi anni, perché senza questo non si potrà passare alla valorizzazione, anzi si rischia di regredire»

Alunno in carrozzina e professoressaHo letto in Superando la bella lettera aperta di Claudio Imprudente alla ministra per le Disabilità Locatelli in vista del G7 Inclusione e Disabilità, previsto ad Assisi dal 14 al 16 ottobre prossimi.
L’articolo è animato da grande entusiasmo per il passaggio dall’inclusione alla valorizzazione delle persone con disabilità, cioè, secondo Imprudente, da una semplice presenza degli alunni nelle scuole a una valorizzazione delle loro potenzialità, purché la comunità scolastica e quella esterna possano rimuovere gli ostacoli ivi presenti alla piena realizzazione del loro “progetto di vita personalizzato e partecipato”.
Quanto auspica Claudio è perfettamente previsto dal Decreto Legislativo 62/24, attuativo della Legge Delega 227/21 in materia di disabilità, e dalla normativa sull’inclusione scolastica. Però, le Associazioni sono riuscite ad ottenere nel corso degli anni norme sempre migliori sull’inclusione scolastica, norme che poi tuttavia hanno avuto un’applicazione incompleta o non pienamente corrispondente allo spirito informatore di tale normativa. Infatti, dal 2017 non abbiamo attuato quasi per nulla il Decreto Legislativo 66/17, che prevede l’applicazione dei nuovi princìpi dell’ICF (la Classificazione del Funzionamento, della Disabilità e della Salute dell’Organizzazione Mondiale della Sanità) sul nuovo concetto di disabilità, non più basato sul deficit, ma invece consistente nelle difficoltà a superarlo, a causa delle barriere e della mancanza di facilitatori presenti nel contesto ambientale.
La normativa più recente sta riducendo la qualità della formazione dei docenti, e in particolare anche di quelli di sostegno. Infatti, dal 2023, in via eccezionale, le abilitazioni all’insegnamento si possono prendere con la metà della nuova formazione con l’anno abilitante post-lauream, come era stata introdotta con la Legge 79/22. Dal 2024, poi, sempre in via eccezionale, molte migliaia di docenti di sostegno possono specializzarsi con la metà della formazione ottenuta da quanti li hanno preceduti. La Circolare Ministeriale 115135 del 25 luglio scorso e l’Ordinanza Ministeriale 88/24 hanno inserito nelle Graduatorie Provinciali per le Supplenze moltissimi docenti, sconvolgendo letteralmente la continuità didattica che il Ministro dell’Istruzione e del Merito aveva cercato di garantire agli alunni con disabilità con l’articolo 8 del Decreto Legge 71/24, ma che la Legge 106/24 di conversione dello stesso ha rinviato di un anno. Se a questo si aggiunge il caos creato dall’imprevista e improvvisa Sentenza 7089/24 del Consiglio di Stato, che legittima la riduzione di ore di assistenza per l’autonomia e la comunicazione, ci si rende conto che attualmente la nostra inclusione scolastica, anziché procedere verso la valorizzazione, sta regredendo.
A questo punto, servirebbe a noi almeno la realizzazione dell’inclusione, senza la quale non si può passare alla piena valorizzazione.

Anche l’altro articolo pubblicato da Superando a firma di Gianfranco Notari, attivista per i diritti delle persone con disabilità, è pienamente condivisibile nella critica alle posizioni del Ministro dell’Istruzione e del Merito sul ritorno alle specializzazioni monovalenti basate fondamentalmente sulla diagnosi medica. Non ne condivido, però, la critica agli approfondimenti professionali dei docenti di sostegno sulle risposte didattiche ai differenti bisogni educativi creati dai diversi deficit degli alunni con disabilità.
Infatti, l’attuale specializzazione dei docenti di sostegno è realizzata con un solo anno, rispetto ai due delle precedenti specializzazioni monovalenti, ed è divenuta polivalente; essi, cioè, dovrebbero essere formati in grado di saper rispondere ai differenti bisogni educativi di tali alunni. Purtroppo tale specializzazione è insufficiente a realizzare questo scopo, e lo diviene ancor di più con l’attuale riduzione eccezionale a metà di formazione contenuta in mezzo anno accademico.
Lo stesso Notari giustamente insiste moltissimo sulla personalizzazione per il successo scolastico degli alunni con disabilità, e personalizzazione significa proprio saper rispondere in modo didattico e competente ai differenti bisogni educativi degli alunni con disabilità. Questa finalità non può essere confusa con la “medicalizzazione”, ma è invece rispetto dei bisogni educativi di ciascuno, che richiede una specializzazione adeguata dei docenti di sostegno e un’adeguata formazione dei docenti curricolari, cose che attualmente non sono sempre presenti nelle nostre scuole.
A tal fine, la FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap) sta elaborando una Proposta di Legge che prevede due anni di specializzazione per il sostegno, una maggiore formazione dei docenti disciplinari sulla pedagogia e le didattiche speciali e la realizzazione della continuità didattica tramite l’istituzione di apposite classi di concorso per il sostegno.
Mi auguro pertanto che l’augurio di Claudio Imprudente cominci a trovare realizzazione con il prossimo G7 Disabilità e Inclusione, anche perché il Ministro dell’Istruzione e del Merito ha promesso la riattivazione dell’Osservatorio sull’Inclusione Scolastica, fermo da quasi un anno.
Sono certo che le Associazioni presenti ad Assisi insisteranno sul passaggio dall’inclusione alla valorizzazione, consolidando e completando la normativa che sta a base dell’una e dell’altra.

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