Ragazze e donne con disabilità: sempre poca attenzione alla loro vulnerabilità

«C’è ancora poca attenzione da parte dell’Italia sulla condizione di estrema vulnerabilità delle ragazze e delle donne con disabilità in tutti gli àmbiti di vita e in questo caso nel fenomeno della violenza di genere e domestica»: si apre così il Rapporto Alternativo a quello del Governo Italiano, inviato dal FID (Forum Italiano sulla Disabilità) al GREVIO, il Gruppo di esperti/e indipendenti che monitora l’applicazione della Convenzione di Istanbul (“Convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica”)

Donne con diverse forme di disabilità

Donne con diverse forme di disabilità

È noto che il FID (Forum Italiano sulla Disabilità), come membro effettivo dell’EDF, il Forum Europeo sulla Disabilità, si è assunto, tra i molti obblighi derivanti da questa appartenenza, l’attività di monitoraggio dell’applicazione nel nostro Paese dei Trattati Internazionali e fin dal 2014 ha sempre lavorato nei meccanismi di rendicontazione delle specifiche Convenzioni, producendo Rapporti Alternativi ai Rapporti Governativi. Non va dimenticato, ad esempio, che per il movimento della disabilità italiano fu importante nel 2016 la redazione del Primo Rapporto Alternativo al Comitato ONU per la Convenzione delle Nazioni Unite sui Diritti delle Persone con Disabilità, nonché le successive Risposte Scritte in alternativa a quelle da parte del Governo italiano. Altrettanto importante da segnalare nel 2020 il contributo scritto sulla condizione delle persone con disabilità durante la pandemia da COVID, che fu inviato al Comitato ONU della Convenzione contro la Tortura ed altre pene e trattamenti crudeli, inumani o degradanti (CAT) in occasione dell’esame dell’Italia.

Per quanto riguarda la condizione delle ragazze e delle donne con disabilità, il FID ha iniziato il lavoro di rendicontazione nel 2017 in occasione dell’esame dell’Italia rispetto alla CEDAW (Convenzione sull’eliminazione di ogni forma di discriminazione della donna) nella 67^ Sessione, inviando poi nel 2021, in corrispondenza della Pre-sessione n. 80, inviando la propria proposta di Lista delle Questioni da sottoporre allo Stato italiano, e finalmente nel 2023, inviando il proprio Rapporto Alternativo per l’87^ Sessione e soprattutto partecipando di persona a Ginevra a quest’ultima Sessione, durante la quale il nostro Paese è stato sottoposto all’esame ricevendone poi le Osservazioni Conclusive.
Per quanto concerne quindi il meccanismo di monitoraggio della Convenzione di Istanbul (Convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica del 2011), fin dall’inizio del 2018 il FID ha lavorato con il GREVIO, il Gruppo di Esperti sull’Azione contro la Violenza sulle Donne e la Violenza Domestica e con il Comitato delle Parti (organo politico del meccanismo di monitoraggio della Convenzione di Istanbul, composto appunto dai rappresentati delle Parti della Convenzione stessa). E ancora, ha risposto ed è intervenuto nel ciclo di valutazione di base nel 2018, nella compilazione nel 2020 del questionario inviato all’Italia da parte del Comitato delle Parti, in merito all’attuazione delle Raccomandazioni, e infine nel giugno di quest’anno ha partecipato con un proprio rapporto al primo ciclo di valutazione tematica (Costruire la fiducia fornendo sostegno, protezione e giustizia). I Rapporti FID inviati hanno avuto l’obiettivo di valutare, dal punto di vista delle donne con disabilità, l’attuazione della Convenzione di Istanbul in Italia.
Secondo la successione delle prassi del GREVIO, la procedura di valutazione di base ha fornito una panoramica dell’attuazione in Italia dell’intero spettro di disposizioni della Convenzione di Istanbul. In successione il GREVIO effettuerà nel futuro regolari procedure di valutazione suddivise in round. L’ultima tornata del 2024 appartiene a questo primo ciclo o round.

Questa premessa mi aiuta a presentare e pubblicare la versione italiana del Rapporto Alternativo del FID inviato al GREVIO (disponibile a questo link), nonché una traduzione automatica del questionario inviato dal GREVIO stesso all’Italia e il Rapporto Governativo in risposta a tale questionario. Mi sono sentita in obbligo di tradurre il Rapporto Governativo (usando una traduzione automatica e quindi non perfetta e non revisionata dall’Autore), in quanto il Dipartimento delle Pari Opportunità, responsabile per questa azione, non ha fornito la versione italiana. Su nostra richiesta dell’esistenza di tale versione italiana, la segreteria dell’Ufficio per le Politiche delle Pari Opportunità presso il Dipartimento per le Pari Opportunità così rispose: «Gentilissima, nel ringraziarLa per il suo messaggio e per l’interesse mostrato con riguardo all’elaborazione da parte dell’Italia del Rapporto GREVIO, che delinea le iniziative intraprese in merito all’attuazione delle misure previste dagli articoli della Convenzione di Istanbul sulla violenza di genere e la violenza domestica, si rappresenta che non è prevista la traduzione in italiano di tale rapporto, richiesto in lingua inglese dal Consiglio d’Europa. Cordialmente».
Un rapporto di solo interesse del Consiglio d’Europa e non delle cittadine italiane? Mah! Ciò mi sembra in aperto conflitto con l’articolo 13.2 della stessa Convenzione di Istanbul dove si scrive che «le Parti garantiscono un’ampia diffusione presso il vasto pubblico delle informazioni riguardanti le misure disponibili per prevenire gli atti di violenza che rientrano nel campo di applicazione della presente Convenzione».

Superato questo momento di sconforto, il Rapporto Governativo, seppure in versione italiana tradotta in modalità automatica (mi perdoneranno i traduttori professionisti), ci aiuta a comprendere il punto di vista delle donne con disabilità e a compararlo con quello del Governo. Soprattutto per quanto riguarda il significato di applicazione ed attuazione delle Convenzione di Istanbul.
«Per le ragazze e le donne con disabilità, la prima forma di oppressione è sempre stata l’invisibilità: non essere viste significa non essere incluse nell’ordine del mondo, non poter essere»: con questo incipit si apre il Rapporto del FID inviato nel giugno scorso al GREVIO che evidenzia da subito come sarà l’intonazione critica di questo punto di vista delle donne con disabilità focalizzato sulla loro invisibilità.
La cara amica Simona Lancioni, nei suoi interventi su queste stesse pagine e nel sito del Centro Informare un’h, ha scandagliato i due Rapporti e ottimamente analizzato i loro contenuti, così come ha fatto anche per i precedenti. Non mi ripeterò, lasciando ai lettori e alle lettrici la valutazione del livello di applicazione della Convenzione, invitando a comparare, ora che sono entrambi in italiano, le diversità di vedute riguardanti il significato di “applicazione” e di “attuazione” di una Convenzione.

Sempre nell’introduzione del Rapporto del FID si sottolinea che «esistono molte disposizioni di legge in materia di diritti delle vittime e di lotta alla violenza di genere, ma non ne è stata trovata nessuna che contempli le azioni mirate necessarie per proteggere e sostenere le ragazze e le donne con disabilità vittime di violenza di genere e di violenza domestica». Infatti, ed è stato segnalato, una lettura attenta della successione dei Rapporti FID inviati al GREVIO rileva una ripetitività delle informazioni, segno di una costante assenza di attenzione da parte dell’Italia alla condizione delle ragazze e delle donne con disabilità negli àmbiti coperti dalla Convenzione stessa e soprattutto un’incapacità di agire per trasformare la loro invisibilità in visibilità.
Il rapporto governativo è composto da ben 78 pagine e la lettura di esso colpisce per il gran numero di informazioni su norme, prassi, misure, metodologie, risorse destinate al tema concernente la Convenzione di Istanbul. Un lungo elenco, e questo è positivo, senza però capire l’effetto che tali iniziative hanno sulla vita delle ragazze e delle donne con disabilità.
Qualche esempio (ripreso dal commento di Simona Lancioni) lo troviamo nell’affrontare il tema della raccolta e della ricerca dei dati, dove ancora nell’ultima legge disponibile, la 53/22, non si prevedono dati disaggregati per condizione di disabilità. Dunque, le donne con disabilità non esistono come campione statistico?
Nel Rapporto Governativo, inoltre, la relazione autore-vittima di violenza viene ampiamente esplorata statisticamente nella figura dell’autore, mentre è assente il dato sulla condizione di disabilità della vittima. Dunque, non esistono donne con disabilità vittime?

Interessante, poi, come viene analizzato, alle pagine 60-61 del Rapporto Governativo il fenomeno della sterilizzazione e degli aborti forzati subiti dalle donne con disabilità. Un fenomeno la cui analisi ed eventuale soluzione viene rimandata alle Linee guida nazionali per le Aziende sanitarie e le Aziende ospedaliere in tema di soccorso e assistenza socio-sanitaria alle donne vittime di violenza (adottate con il Decreto del Presidente del Consiglio del 24 novembre 2017) e al suo previsto “personale di supporto”. Purtroppo, su questo fenomeno non esistono informazioni valide a livello nazionale, tant’è che il Governo richiama le dichiarazioni dell’EDF, dimenticando che il FID chiede da anni di fare emergere in Italia questo odioso fenomeno odioso. Già in occasione del citato Rapporto Alternativo al Comitato ONU per la Convenzione sui Diritti delle Persone con Disabilità nel 2016 lo sollevò, ottenendo una precisa Osservazione Conclusiva e una Raccomandazione. Quest’ultima, però, come tutte le altre, non è stata onorata ed applicata.

Legata a tale àmbito, ma non solo, il FID nel suo Rapporto ha posto la questione della privazione della capacità giuridica che impedisce alle donne con disabilità, sottoposte a tutela, di denunciare e agire in giudizio. Per le donne con disabilità, invece, che hanno potuto denunciare la violenza subita, nei procedimenti giudiziari esse sono esposte alla cosiddetta “vittimizzazione secondaria” e ad ulteriori discriminazioni, nonché traumi, ostacolando l’accertamento della verità processuale. Il tutto grazie a «pregiudizi culturali e stereotipi sessisti di cui ne sono piene le aule dei tribunali, i meccanismi, le istituzioni e le politiche progettate per proteggere  e sostenere le vittime con disabilità» (pagina 13 del Rapporto del FID).
Questo fenomeno si chiama negazione dell’accesso alla giustizia. Invito i lettori e le lettrici a pagina 61 del Rapporto Governativo, per comprendere come la questione venga affrontata e in quale maniera. Ovvero come il nostro Governo risponda al questionario in merito all’applicazione dell’articolo 18 della Convenzione di Istanbul (Obblighi generali) ai punti 15, 16 e 17 del questionario inviato dal GREVIO allo stesso Governo italiano. In modo analogo, chiedo ai lettori e alle lettrici di compararlo con quanto il FID nel suo Rapporto Alternativo ha inserito sul tema, riportato a pagina 5 in riferimento all’articolo 7 (Politiche globali e coordinate), a pagina 13 rispetto all’articolo 18 (Obblighi generali), a pagina 14 e seguenti per l’articolo 20 (Servizi di supporto generale) e per l’articolo 22 (Servizi di supporto specialistico).
Questa negazione dell’accesso alla giustizia, unita alle criticità denunciate dal FID e dalle organizzazioni femminili, coordinate da D.i.Re (Donne in Rete contro la Violenza), sulla mancata garanzia di attuazione globale della Convenzione di Istanbul, è molto grave, tenendo conto che il titolo di questo ciclo di valutazione, già ricordato, è molto impegnativo per gli Stati Parte della Convenzione stessa (Costruire fiducia fornendo sostegno, protezione e giustizia alle donne vittime di violenza domestica e di genere).

E chiudo riportando quanto inserito dal FID nell’introduzione del proprio Rapporto Alternativo inviato al GREVIO: «Indubbiamente la Convenzione di Istanbul si rivolge a tutte le donne, nella loro diversità, ma è necessario essere consapevoli che: i documenti di genere non danno abbastanza spazio e attenzione alle donne con disabilità; le donne con disabilità, oltre a subire una doppia discriminazione, devono anche affrontare il problema di una doppia invisibilità: come donne e come persone con disabilità; scrivere esplicitamente dei problemi specifici delle donne con disabilità aumenta la possibilità che i governi adottino misure adeguate a risolverli».
Questa considerazione deriva dalla poca attenzione da parte dell’Italia sulla condizione di estrema vulnerabilità delle ragazze e delle donne con disabilità in tutti gli àmbiti di vita e in questo caso nel fenomeno della violenza di genere e domestica. Una vulnerabilità causata dalla discriminazione, dalla discriminazione intersezionale e dalla violazione dei loro diritti. Come donne e come persone con disabilità.
Le donne con (ma anche senza) disabilità hanno bisogno di vedere cambiamenti in positivo sul fenomeno della violenza. Avere un elenco di misure e di azioni di contrasto al fenomeno della violenza è un fattore positivo, ma, come già detto, inutile se tali misure ed azioni non vengono monitorate e valutate nella loro efficacia a raggiungere l’obiettivo: fermare la violenza.
Il nostro Paese Italia deve seriamente monitorare e valutare quanto ha introdotto nel proprio sistema giuridico e sociale, per innescare processi di miglioramento continuo attraverso il coinvolgimento attivo e partecipe di tutti i soggetti che a vario titolo ricoprono un ruolo nella programmazione, nell’erogazione e nella fruizione. È necessario porsi dei “perché”, cercare le ragioni tanto dei successi quanto degli errori o delle disfunzioni.
Attraverso i propri Rapporti Alternativi, redatti dal suo Gruppo di Lavoro specifico, il FID ha svolto questo compito di valutazione, di riflessione, di confronto, di ricerca e analisi. Dal punto di vista delle ragazze e delle donne con disabilità. Riuscirà l’Italia a fare altrettanto?

Componente del FID (Forum Italiano sulla Disabilità).

Please follow and like us:
Pin Share
Stampa questo articolo