Alessia Mastrosimone, 22 anni, è l’unica persona in Italia a convivere con la sindrome di Behr, una rara patologia causata dal gene OPA1, che a quanto pare affligge solo 35 individui nel mondo.
Questa condizione, una variante della paraplegia spastica familiare, si manifesta con atrofia ottica, atassia, spasticità e ritardo mentale, per la quale non esistono trattamenti definitivi al momento.
All’inizio della malattia, ricorda di essere arrivata persino a perdere la voglia di uscire di casa: «A 15 anni ho vissuto un periodo difficile, senza amici e con i primi segni di depressione, diventando spesso un bersaglio per i bulli».
«Le maestre della scuola materna – prosegue – furono le prime a notare le mie difficoltà nel partecipare ai giochi. Una visita oculistica rivelò un’atrofia bilaterale del nervo ottico, causandomi ipovisione».
Nonostante le sfide quotidiane legate alla sua condizione e le esperienze dolorose di bullismo, Alessia ha trovato la forza di reagire, trasformando il suo vissuto in un messaggio di speranza e consapevolezza per chi vive situazioni simili.
La diagnosi e le difficoltà scolastiche
Quando Alessia ha ricevuto la diagnosi, si è sentita come se le fosse stata inflitta una pugnalata al cuore: «Non ci si aspetta mai di avere una malattia così rara. Fortunatamente, ho avuto il supporto dei miei genitori e di uno psicologo durante quei momenti difficili».
I ricordi di quel periodo sono confusi, ma Alessia rammenta che le relazioni sociali divennero sempre più difficili, e accettarsi e sentirsi accettata dagli altri divenne complicato, soprattutto a scuola.
«Negli anni, ho affrontato ingiustizie e bullismo. Spesso, le maestre di sostegno non preparavano il materiale in tempo, costringendomi a studiare all’ultimo momento. Nonostante ciò, sono riuscita a superare le difficoltà grazie alla mia determinazione. Anche se i medici mi hanno detto che la mia malattia avrebbe peggiorato tra i 20 e i 30 anni, mi alleno in palestra e pratico ippoterapia per mantenermi in forma. Cerco anche di sensibilizzare le persone scrivendo articoli, perché in Italia mancano servizi adeguati per malattie come la mia».
L’impatto dello sport
Alessia ha trovato nel fitness un’importante fonte di motivazione: «Quando mi sono iscritta alla prima palestra, mi avevano detto che non sarebbe stata adatta a me. Tuttavia, grazie a un personal trainer che mi segue da oltre due anni, ho ritrovato fiducia e determinazione. Ora mi alleno alla palestra Orange di Collegno (Torino), dove ho scoperto una passione che nessuno potrà mai togliermi».
Attraverso l’attività fisica, dunque, Alessia è riuscita a migliorare la sua forma fisica e a sentirsi realizzata.
Barriere e inclusione
Crescendo, Alessia ha notato molte barriere architettoniche e difficoltà nell’integrazione lavorativa per le persone con disabilità. «Se sei ipovedente, sembra che l’unica opzione sia diventare centralinista. Sto cercando lavoro, ma è complicato. Le persone non ci vedono per quello che siamo, e le nostre capacità non vengono messe alla prova. In Piemonte manca una conoscenza approfondita della sindrome di Behr da parte dei medici e un supporto adeguato per i pazienti. Spesso si effettuano terapie senza un vero obiettivo».
Un messaggio di speranza
Alessia lancia in conclusione il suo messaggio di speranza a quanti, come lei, stanno affrontando una situazione che sembra insormontabile: «Nonostante tutti gli sforzi fatti finora, nulla è ancora cambiato. Tuttavia, non mi arrendo, perché non bisogna mai perdere la speranza».