«Il Giorno della Memoria del 27 gennaio – scrivono dall’Associazione sammarinese Attiva-Mente – ci ricorda che non possiamo permettere che le lezioni del passato vengano dimenticate, ma è anche giunto il tempo di mettere da parte la retorica e agire per creare una società che davvero non lasci nessuno indietro. E rispetto alle persone con disabilità di riconoscerle concretamente come cittadini attivi, con diritti e potenzialità da esprimere pienamente»
La storia ci insegna che quando le persone con disabilità vengono considerate un onere, si rischia di intraprendere percorsi pericolosi. Il programma Aktion T4, avviato nella Germania nazista, mirava all’eliminazione sistematica di individui con disabilità, considerati “inutili alla società”.
Come noto, questo programma, mascherato da iniziativa sanitaria, pose le basi per atrocità ben più ampie. La logica era crudele e distorta: ridurre i costi eliminando chi veniva ritenuto non produttivo, negando così la dignità umana.
La disabilità non è una condanna, ma una condizione di vita che la società deve saper accogliere e valorizzare. Troppo spesso, ancora oggi, le persone con disabilità vengono percepite come un peso economico e sociale, alimentando discriminazioni che limitano il loro accesso a opportunità e diritti fondamentali.
Sebbene le condizioni economiche e sociali siano diverse da allora, questa percezione errata, se non contrastata, rischia di aprire nuovamente la strada a pratiche disumanizzanti.
Basti ricordare la recente pandemia da Covid, durante la quale le persone con disabilità sono state spesso tra le prime a subire le conseguenze più gravi, a conferma di quanto la società le consideri ancora marginali e meno prioritarie.
Il Giorno della Memoria del 27 gennaio, tuttavia, offre lo spunto per un’ulteriore riflessione sugli approcci contemporanei, abilisti e oppressivi, che, sebbene oggi non siano espliciti, si manifestano in forme subdole e insidiose.
Quando un sistema discrimina costantemente le persone con disabilità, negando loro il pari accesso alla sanità, all’istruzione, al lavoro, al tempo libero e all’autonomia, rischia di portare inevitabilmente alcuni a percepire la morte come unica via d’uscita. In queste condizioni, le decisioni personali di porre fine alla propria vita non possono essere considerate libere scelte, ma piuttosto il risultato indotto da un contesto sociale e politico che nega sistematicamente diritti e opportunità. E guarda caso, proprio laddove tali sistemi prosperano, sembra un tabù parlare di leggi sul fine vita rispettose della dignità della persona.
Proclami e demagogia a fiumi, ma all’atto pratico si fa poco o nulla, per garantire alle persone con disabilità il diritto all’autodeterminazione e a una vita degna di essere vissuta.
Quando le persone fragili vengono percepite come un costo, tanto più in una società sempre orientata a investire in favore dei più abbienti e potenti, la società stessa tende a ridurre, nell’indifferenza generale, il loro accesso a cure, istruzione e servizi essenziali, incrementando l’emarginazione e la discriminazione.
Per costruire una comunità che si definisca veramente civile e inclusiva, è necessario cambiare prospettiva: le persone con disabilità devono essere riconosciute come cittadini attivi, con diritti e potenzialità da esprimere pienamente. Solo investendo in politiche di sostegno coerenti possiamo garantire una qualità della vita dignitosa per tutti.
Il Giorno della Memoria ci ricorda dunque che non possiamo permettere che le lezioni del passato vengano dimenticate, ma è anche giunto il tempo di mettere da parte la retorica e agire per creare una società che davvero non lasci nessuno indietro.
*Attiva-Mente è un’Associazione della Repubblica di San Marino (contatto@attiva-mente.info).
Sull’Olocausto delle persone con disabilità durante il regime nazista e la seconda guerra mondiale e sul programma Aktion T4, suggeriamo senz’altro la lettura sulle nostre pagine dell’approfondimento di Stefania Delendati intitolato Quel primo Olocausto (a questo link).
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