Siamo sicuri che debbano essere i calzini a combaciare e non le emozioni trasmesse da una storia? Per la Giornata dei Calzini Spaiati di oggi, 7 febbraio, nata per ricordare l’importanza della diversità, proponiamo un’intervista a Germano Carella, attore, speaker, doppiatore non vedente, che con i suoi audiolibri e fumetti vocali ci fa vedere come «voci diverse si intrecciano, senza discriminazioni, perché non è l’omologazione a creare bellezza, ma l’unicità di ogni interprete»
![Germano Carella](https://superando.it/wp-content/uploads/2025/02/Germano-affacciato-sorriso-camicetta-bianca_3.jpg)
Da grande, Germano, volevi fare il doppiatore, poi ti sei dato al teatro dopo il diploma all’Accademia di Arti Drammatiche “Pietro Scharoff” a Roma, adesso sei un programmatore per la Fondazione Ugo Bordoni e hai creato l’Associazione DramaBooks, per realizzare libri sceneggiati e fumetti accessibili. Te lo chiediamo subito: il fatto di essere cieco dalla nascita ti ha ostacolato nella realizzazione dei tuoi progetti e dei tuoi sogni?
«La cecità ha chiaramente posto degli ostacoli, di carattere “pratico”. Nel periodo in cui ho frequentato il corso di doppiaggio, la tecnologia dei display Braille non era ancora arrivata a produrre macchine piccole da poter indossare, quindi ero costretto ad imparare a memoria i testi per poter svolgere gli esercizi in sala. Però ho trovato sulla mia strada un bravo insegnante, Teo Bellia, un doppiatore famoso, che non si è fatto scoraggiare dal fatto che non ci vedessi.
Certo, in fase di produzione le cose si complicano, perché i tempi richiesti sono molto stretti e i direttori di doppiaggio non hanno il tempo di spiegarti volta per volta cosa sta succedendo in scena; e il doppiatore invece ha bisogno di saperlo, deve sapere esattamente cosa fa l’attore dicendo la battuta: qual è il suo sguardo, che fa col corpo ecc. A volte lo puoi evincere dalla voce, ma non è sempre possibile.
Anche in Accademia, ho senza dubbio avuto delle difficoltà, specialmente negli esercizi di improvvisazione, dove era richiesto solo il gesto, senza usare la parola. Ma grazie a Luigi Rendine, il mio secondo insegnante, abbiamo trovato il modo di fare gli esercizi. Mi chiedeva sempre di immaginare i gesti consueti che fai quando sei a casa tua: sono gli stessi gesti che devi fare qui. Come fai ad aprire una finestra? Come fai a scrivere al computer? Come lo fai il caffè? È stata un’esperienza oltremodo istruttiva, che mi piacerebbe mettere al servizio di altri.
Quindi la risposta breve è “sì, ma non così tanto”: trovo, purtroppo, ancora molto pregiudizio, ma non dipende dalla cecità, dipende di più dalle persone che ti capita di incontrare. Non è la disabilità visiva a limitarti, è la società che non riesce a trovare il modo di conviverci».
Cos’è DramaBooks e da quale esigenza è nata?
«DramaBooks è un’Associazione Culturale nata dall’esigenza di far lavorare attori con e senza disabilità in uno spazio condiviso e inclusivo. Dal momento che a me piacciono tantissimo i libri e le serie tv, ma amo anche i fumetti, ho voluto creare uno spazio dove tutte queste cose potessero essere realizzate.
Poter trasporre un libro, senza togliere nulla al libro stesso, mantenendone intatta la struttura cronologica e la storia, con tutti i suoi personaggi, ma trasformandolo in qualcosa che sta fra il radiodramma dei vecchi tempi e un film audiodescritto: il narratore diventa una voce fuori campo che descrive ciò che vede, tutto il resto è lasciato ai personaggi che recitano i dialoghi scritti dall’autore, dai suoni e dalle musiche».
DramaBooks si occupa anche di fumetti vocali, ci racconti cosa sono?
«Partiamo da un presupposto: la letteratura del fumetto è completamente preclusa alle persone cieche. Un fumetto è un film su carta, composto da vignette che sono scritte in sequenza e creano un mondo fatto di immagini stilizzate. Chi non vede, dunque, non può accedere ai fumetti, perché neanche i software di riconoscimento vocale riescono a leggere i caratteri scritti nelle vignette.
Le serie TV tratte dai fumetti non sono in realtà i veri fumetti, perché sono trasposizioni e molto spesso le storie vengono mescolate, destrutturate e in molti casi, cambiate. Dunque, l’idea è quella di creare un formato che, sebbene non si possa definire “fumetto” in senso stretto, deve essere qualcosa che ci si avvicina il più possibile. Infatti il nostro progetto si chiama Voicecomic, cioè fumetto vocale. Il testo dei dialoghi viene lasciato intatto e fatto recitare ai personaggi. Le vignette, invece, vengono trasposte in una sorta di audiodescrizione che in qualche modo racconta la sequenza scenica proposta dai disegni. Nei nostri obiettivi c’è anche un’app che dovrebbe permettere all’utente di leggere, se lo desidera, vignetta per vignetta. Stiamo esplorando con l’intelligenza artificiale l’idea di svilupparla, ma siamo ancora agli inizi. Ovviamente il Voicecomic è accompagnato, come per i libri, da suoni e musiche».
Qual è attualmente il progetto più importante dell’Associazione?
«Noi abbiamo un motto: ogni progetto, grande o piccolo, ha la sua importanza e vale come tutti gli altri. Abbiamo realizzato dieci poesie sceneggiate di Trilussa e sono andate così bene che ancora oggi vengono ascoltate. Tanto che stiamo pensando di recitarle tutte… e sono innumerevoli! Poi c’è sicuramente La parola ai giurati di Reginald Rose, da cui sono stati tratti anche dei film: è una storia realizzata con i miei studenti, un’opera in tre atti, scritta per il teatro, ma che si adatta benissimo anche ad una fruizione audio. E ancoar, ci sono i racconti “crime”, che hanno anch’essi la loro importanza, perché sono racconti brevi e sono stati ascoltati tantissime volte. Abbiamo in cantiere ben 4 fumetti, sulla carta li abbiamo sceneggiati e audiodescritti, aspettano solo di essere registrati: Corto Maltese, Dylan Dog e Asterix. Però, per poterli pubblicare, abbiamo bisogno di ottenere i permessi e i fondi per poterli realizzare».
Quali sono le principali difficoltà che incontra l’Associazione?
«Una delle principali difficoltà è reperire fondi: l’Associazione, infatti, vive esclusivamente di donazioni, abbiamo provato a partecipare a qualche bando, ma non abbiamo avuto fortuna. È anche difficile parlare con le case editrici. Le nostre opere sono su Audible ma non ci ricaviamo niente, se non qualche impressione per gli spot pubblicitari. Forse i nostri prodotti sono troppo di nicchia, ma sicuramente dovremmo avere più iscritti all’Associazione o finanziatori che credono nel nostro progetto. Abbiamo appena lanciato anche una raccolta fondi sulla piattaforma Gofundme».
Nel 2020, durante la pandemia, hai anche attivato un laboratorio di recitazione online, chiamato DramaLab nel quale insegni dizione e lettura espressiva a studenti con e senza disabilità visiva. Com’è la classe quest’anno?
«Quest’anno ho due classi: una composta da dieci studenti, l’altra da otto. Sono tutti ciechi, ma ho avuto anche studenti senza disabilità visiva in passato, con i quali ho realizzato alcuni atti unici del teatro classico, De Filippo, Čechov, Williams etc. Quest’anno invece, i ragazzi si sono voluti cimentare nella stesura di una sceneggiatura scritta da loro».
Ma quindi cosa c’entra la Giornata dei Calzini Spaiati con DramaBooks?
«La Giornata dei Calzini Spaiati celebra la diversità e l’accettazione delle differenze, concetti che in DramaBooks viviamo ogni giorno. Nei nostri audiolibri sceneggiati e fumetti vocali, non cerchiamo l’uniformità perfetta, ma il valore unico di ogni voce. E questo valore non dipende da caratteristiche fisiche o da una presunta “normalità”, ma dalla capacità di trasmettere emozioni. DramaBooks è una realtà in cui lavorano attori con e senza disabilità, perché per noi ciò che conta non è il corpo, ma la voce e il modo in cui riesce a raccontare una storia, a emozionare, a far immaginare mondi e personaggi. È la voce che porta vita a un racconto, che rompe le barriere e rende accessibile la cultura a tutti.
I calzini spaiati ci insegnano che l’armonia non sta nell’uguaglianza, ma nella diversità. E così anche nelle nostre produzioni, voci diverse si intrecciano senza discriminazioni, perché non è l’omologazione a creare bellezza, ma l’unicità di ogni interprete. In fondo, non sono i calzini a dover combaciare, ma le emozioni che una storia riesce a trasmettere». (Carmela Cioffi)
A proposito della Giornata dei Calzini Spaiati, suggeriamo la lettura di un’intervista pubblicata lo scorso anno da «Famiglia Cristiana», all’insegnante di scuola primaria Sabrina Flapp, colei che nel 2012 ideò l’evento. «L’ho trovato un modo diverso, forse originale – aveva affermato tra l’altro -, per spiegare ai bambini quanto siamo tutti unici, diversi e speciali: insieme possiamo essere ancora più importanti, efficaci, positivi. Siamo tutti un pezzettino di puzzle del mondo e tutti possiamo aiutarci, fare la differenza. Come i calzini, che possiamo indossare anche se spaiati, così rispettando ogni compagno e amico possiamo rendere le nostre giornate “delle buone giornate”». Per partecipare alla Giornata basta semplicemente indossare dei calzini spaiati e farli vedere a tutti, passando dai social alle chat sul proprio smartphone.
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