Vita Indipendente: un diritto da rendere reale

di Vincenzo Falabella*
«Il 5 maggio – scrive Vincenzo Falabella -, Giornata Europea per la Vita Indipendente delle persone con disabilità, non può essere solo una giornata di ricordo o celebrazione, ma un momento di responsabilità collettiva, perché la libertà di vivere secondo le proprie scelte è il cuore stesso della democrazia e la Vita Indipendente ne è una delle sue espressioni più alte»

Persona con disabilità in carrozzina a braccia spalancate, fotografato di spalleOggi, 5 maggio, si celebra in tutto il Vecchio Continente la Giornata Europea per la Vita Indipendente delle persone con disabilità (The European Independent Living Day), una ricorrenza che nasce dal movimento delle persone con disabilità stesse, a partire dagli Anni Settanta, come rivendicazione di un principio fondamentale: la possibilità di scegliere autonomamente come vivere la propria vita, al pari di ogni altro cittadino e cittadina.

La Vita Indipendente non significa “fare tutto da soli”. Significa, invece, avere il controllo delle proprie scelte quotidiane: dove vivere, con chi convivere, che tipo di assistenza ricevere, quale percorso lavorativo o formativo intraprendere, come partecipare alla vita sociale e culturale della propria comunità. È la possibilità di vivere con dignità, autodeterminazione e libertà, indipendentemente dalla propria condizione di disabilità.
La FISH (già Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap, oggi Federazione Italiana per i Diritti delle Persone con Disabilità e Famiglie), attraverso la propria rete di Associazioni, da anni pone al centro del dibattito pubblico questo principio come fondamento di ogni politica inclusiva. Vivere liberi e partecipi, senza essere costretti in istituzioni, in strutture segreganti o dipendenti da sistemi rigidi e impersonali, è ciò che definisce una società realmente civile.
Un passo importante è stato compiuto con l’approvazione della Legge Delega in materia di disabilità (Legge 227/21) e con l’adozione del Decreto Legislativo 62/24, attuativo di essa, che introduce il Progetto di Vita come strumento centrale per costruire percorsi personalizzati e autodeterminati.
Questi provvedimenti rappresentano una base normativa significativa verso l’attuazione concreta del principio di Vita Indipendente e tuttavia, occorre che su questi strumenti vi sia maggiore consapevolezza, non solo da parte della politica e delle amministrazioni pubbliche, ma anche da parte dei cittadini/cittadine con disabilità e delle loro famiglie. La piena attuazione dei diritti richiede infatti partecipazione, informazione, presa in carico personalizzata e un cambiamento culturale profondo che metta la persona al centro.
E altresì, oggi, in Italia, la Vita Indipendente ancora troppo spesso non è un diritto garantito. La scarsità di risorse, l’assenza di una regìa nazionale, le disparità territoriali e la logica emergenziale con cui vengono affrontate le disabilità, impediscono a migliaia di persone di accedere a percorsi personalizzati di assistenza e supporto. Il rischio è quello di relegare le persone con disabilità ai margini della cittadinanza attiva, negando di fatto l’articolo 3 della nostra Costituzione, che impone alla Repubblica di rimuovere gli ostacoli che impediscono il pieno sviluppo della persona umana.

La Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità, ratificata dall’Italia nel 2009 con la Legge 18/09, stabilisce chiaramente all’articolo 19 (Vita indipendente ed inclusione nella società) il diritto a vivere nella comunità, con la libertà di scegliere dove e con chi vivere, e con il sostegno necessario a garantire una vita autonoma. Questo diritto non è negoziabile, né subordinato a criteri di economicità: è un impegno internazionale e costituzionale.
La FISH invita dunque oggi con forza la politica nazionale ad agire: è necessario un piano strutturato, con finanziamenti stabili e mirati, che renda la Vita Indipendente una possibilità reale in ogni territorio. Serve riconoscere e finanziare l’assistenza personale autogestita, rafforzare i servizi di prossimità, costruire una cultura dell’inclusione che superi la logica assistenziale e promuova la piena partecipazione alla vita della comunità.
Investire nella Vita Indipendente non è solo una questione di diritti, ma anche di sviluppo sociale: significa infatti costruire contesti più giusti, in cui ogni persona – con o senza disabilità – possa contribuire, scegliere, partecipare, amare, lavorare, sognare.

Il 5 maggio non può essere solo una giornata di ricordo o celebrazione, ma un momento di responsabilità collettiva, perché la libertà di vivere secondo le proprie scelte è il cuore stesso della democrazia e la Vita Indipendente ne è una delle sue espressioni più alte.

*Presidente della FISH (Federazione Italiana per i Diritti delle Persone con Disabilità e Famiglie), consigliere del CNEL (Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro).

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