È “andata a segno” la denuncia del nostro sito riguardante la sede scelta a Roma dal Partito Democratico, di fronte alla quale, a giudicare da varie riprese televisive e da altre immagini, spiccava una lunga scala di accesso, come aveva appunto scritto su queste colonne Giorgio Genta, nell’articolo La politica e le scale (disponibile cliccando qui).
Quanto mai gradita è arrivata infatti la risposta da parte dello stesso leader del Partito Democratico, Walter Veltroni – che qui riprendiamo – seguìta da un nuovo messaggio di Genta, che coglie l’occasione per invitarlo a pranzo, oltre che per raccontare “alcuni problemi” di una famiglia con una persona in situazione di grave disabilità.
«Caro Giorgio, la questione da te posta sull’accessibilità della sede del Partito Democratico è molto importante: la presenza di barriere architettoniche nei luoghi pubblici costituisce ancora una discriminazione inaccettabile.
La nuova sede del Partito Democratico è stata attrezzata sin dalla sua inaugurazione per garantire l’accesso di visitatori e utenti con disabilità: oltre ai due ingressi, probabilmente i più visibili nelle foto e nelle riprese mandate dai telegiornali, esiste un terzo ingresso, nella parte più bassa dell’edificio, che abbiamo dotato di una rampa esterna che garantisce direttamente l’accesso agli uffici.
Colgo l’occasione per fare tanti auguri a tua figlia, sperando che in futuro saranno sempre meno gli ostacoli che le impediranno di compiere le sue attività di studio, lavoro, tempo libero o accesso ad edifici pubblici. Una speranza che per me è un concreto impegno.
Walter Veltroni».
«Caro Walter, ti ringrazio molto della tua cortese ed esaustiva risposta alla mia del 21 febbraio scorso e sono assai lieto del fatto che mi assicuri che l’accessibilità alle persone con disabilità alla nuova sede è stata garantita fin dall’inizio. Certamente sarà utilizzata da Ileana Argentin, la cui autorevole candidatura segna un forte rinnovamento di interesse verso le esigenze delle persone con disabilità.
Trovo che uno degli aspetti più simpatici della campagna elettorale che stai conducendo attraverso la Penisola sia quello dei pranzi con una famiglia della città dove ti trovi quel giorno. Abbiamo quindi deciso di invitarti a pranzo da noi.
Purtroppo l’invito è semplicemente simbolico, perché noi abitiamo in un piccolo centro che non verrà raggiunto dal tuo tour elettorale (e anche per evitarmi guai in famiglia, con tutto quello che c’è da fare!).
Eccoti quindi come convitato virtuale nella nostra famiglia, la famiglia di un disabile grave, anzi di una ragazza disabile grave. Devi accontentarti di un panino, di un’insalata “pronta” e di un bicchiere di minerale leggermente gasata perché non abbiamo proprio il tempo di cucinare. E piatti e bicchieri sono monouso perché nemmeno quelli abbiamo il tempo di lavarli.
Devi poi scusarci per il fatto che non saremo tutti a tavola con te, perché mangiamo a turno, così come a turno dormiamo e facciamo le altre cose indispensabili a restare vivi.
Perdona il nostro abbigliamento un po’ raffazzonato, ma non possiamo permetterci il lusso di appartenere a quella parte del Paese che ha creato e mantiene alto il mito del bel vestire italiano nel mondo.
Anche sulla tavola a te destinata devi essere indulgente e non far caso alle pile di fogli, di posta inevasa e di oggetti vari che la ingombrano, così come non devi risentirti se la nostra conversazione non è troppo allegra e spumeggiante, ma dormendo troppo poco e troppo male è difficile che sia così.
Il rumore che senti è l’aspiratore tracheale di mia figlia la quale è appena tornata da scuola (lo sapevi, Walter, che anche i disabili gravissimi vanno a scuola e che qualche volta, quando la famiglia è “cattiva”, come noi, la scuola viene persino a casa?) e mangia anche lei, ma nel suo letto speciale, mentre segue un programma in TV (mi spiace, ma lei non ama le campagne elettorali, preferisce i cartoni animati!). E il fischio acuto che senti ora è l’allarme della pompa di alimentazione perché si nutre attraverso una PEG [gastrostomia endoscopica percutanea, N.D.R.].
Se mia moglie ha l’aria un po’ stanca e contrariata ,dipende dal fatto che è andata a dormire, come al solito, alle due di notte e quindici anni fa ha dovuto abbandonare una promettente carriera legale nella pubblica amministrazione per mantenere viva sua figlia minore. Non dipende dal fatto che lei non ami gli uomini politici come commensali, non li ama proprio perché di solito non pensano assolutamente ai problemi delle nostre famiglie e le nostre famiglie sono quelle dei disabili gravi.
Sono le famiglie che per mantenere “a casa” i loro ragazzi gravissimi spendono, oltre alla vita, 20-30-40.000 euro all’anno, che rinunciano a uno e talvolta a due stipendi per supplire al mancato o allo scarso aiuto delle istituzioni.
Se poi nostra figlia maggiore (autrice di due pubblicazioni prima della laurea, poi laureata benissimo e ora ammessa nei primi dieci, su centocinquanta candidati, ad un corso di specializzazione in un ospedale a duecento chilometri da quello dove fa pratica, tutto ciò assistendo anche sua sorella nelle frequenti emergenze e dedicando naturalmente tutti i suoi giorni festivi a portarla in giro…) arrivando a casa alle 14.30 e mangiando in piedi ti saluta appena, credo dipenda dal fatto che il suo capo non ha ancora trovato il tempo, in un paio di mesi, di dedicarle dieci minuti per sciogliere i dubbi circa un’ipotetica borsa di studio di 10.000 euro all’anno (lordi!) che forse potrebbe avere ed evitarsi così un lavoro esterno part-time con paga oraria pari alla metà di quella di una colf.
A questo punto, caro Walter, i pochi minuti che potevamo dedicarti sono terminati: dobbiamo preparare il programma riabilitativo di mantenimento con Silvia e fino a notte saremo impegnati. Scusaci ancora per la scortesia apparente: non siamo scortesi, siamo “una famiglia disabile grave”.
E pensa a noi qualche volta, anche nel tuo programma!
Giorgio Genta».
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