«Il Governo si sbarazza di una consistente quota di spesa pubblica e imbocca senza troppi clamori la strada dell’intermediazione assicurativa e finanziaria dei privati, mettendo in discussione l’articolo 32 della Costituzione e i princìpi fondamentali del Servizio Sanitario Nazionale»: a lanciare l’allarme è la Fondazione GIMBE, organizzazione costituita nel 2010 dall’Associazione Gruppo Italiano per la Medicina Basata sulle Evidenze, che chiede alle Istituzioni di «fare chiarezza sulla lenta e silenziosa progressione verso uno smantellamento della Sanità Pubblica, che sta subdolamente sfilando dalle tasche dei cittadini la più grande conquista sociale».
«Mettendo in fila i vari segnali – dichiara in tal senso e senza mezzi termini Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione GIMBA – si identifica una strategia politica ben precisa, anche se non esplicitamente dichiarata. Il Ministero dell’Economia e delle Finanze, infatti, ha progressivamente stretto i cordoni della borsa e il Governo, ormai sbarazzatosi di una consistente quota di spesa pubblica destinata alla Sanità, ha imboccato senza troppi clamori la strada dell’intermediazione assicurativa e finanziaria dei privati».
A ricostruire le tappe principali del percorso denunciato da GIMBE è il primo Rapporto della Fondazione sul Servizio Sanitario Nazionale, che verrà pubblicamente presentato a Bologna il 14 marzo prossimo. «Il 17 dicembre 2012 – si legge in una nota che ne anticipa i contenuti – l’ex ministro Balduzzi rende noto che per il periodo 2012-2015 la sommatoria di varie Manovre Finanziarie sottrae alla Sanità Pubblica una cifra prossima ai 25 miliardi (oltre 30 secondo la Conferenza Stato-Regioni). Il 28 aprile 2013 la nomina dell’accoppiata Saccomanni-Lorenzin lascia intuire la volontà del nuovo Esecutivo: subordinare cioè la programmazione sanitaria alle decisioni del Ministero dell’Economia e delle Finanze, inevitabilmente dettate dalla crisi finanziaria del Paese. Il 23 settembre 2013 la nota di aggiornamento del Documento di Economia e Finanza (DEF) programma un definanziamento che riduce la quota di Prodotto Interno Lordo (PIL) destinata alla Sanità Pubblica dal 7,1% al 6,7%. Il DEF, inoltre, mette in discussione il principio costituzionale dell’universalità delle prestazioni, lasciando intravvedere un Servizio Sanitario Nazionale con meno tutele pubbliche e più risposte private. La Legge di Stabilità per il 2014, approvata il 20 dicembre 2013, conferma ulteriormente la linea del Governo: in conseguenza delle misure sul pubblico impiego, il finanziamento per la Sanità viene ridotto di 540 milioni nel 2015 e di 610 milioni nel 2016».
E c’è anche una risposta, da parte di GIMBE, a coloro che avevano interpretato con sostanziale favore – come anche il nostro giornale aveva riferito – alcune recenti dichiarazioni del ministro Lorenzin: «Il 22 gennaio – si legge infatti nella nota – in occasione dell’audizione alla Commissione Affari Sociali della Camera, il ministro Lorenzin rassicura sul “budget certo fino al 2017”. Sfortunatamente, le sue stime, a seguito del definanziamento programmato dal DEF, sono solo proiezioni sulle stime ufficiali, che confidano in un’ottimistica ripresa del PIL».
«La presunta non sostenibilità del Servizio Sanitario Nazionale – sottolinea Cartabellotta – costituisce solo un alibi per fare a pezzi la Sanità Pubblica e i continui allarmi lanciano un preciso assist a politiche di privatizzazione, che lasceranno scoperti servizi essenziali per le persone meno abbienti e faranno proliferare i settori profit, con l’inevitabile impennata di prestazioni inappropriate. Ecco perché la nostra Fondazione intende ribadire che, nonostante i tagli, il Servizio Sanitario Nazionale rimane sostenibile. Prima infatti di rinunciare alla più grande conquista sociale dei cittadini italiani, è indispensabile identificare e ridurre inefficienze e sprechi annidati a tutti i livelli, che secondo quanto stimato dal nostro Rapporto, ammontano a oltre 20 miliardi di euro all’anno. Solo attraverso una riorganizzazione dell’offerta di servizi e prestazioni sanitarie che tenga conto di tali sprechi è possibile mantenere sostenibile il Servizio Sanitario Nazionale, perché in caso contrario le eventuali risorse aggiuntive finirebbero per finanziare gli sprechi stessi».
«Il mondo politico – conclude il Presidente di GIMBE – non dovrebbe mai perdere di vista che rinunciare a un servizio sanitario pubblico, equo e universalistico significa compromettere non solo la salute dei cittadini, ma soprattutto la dignità e la loro capacità di realizzare ambizioni e obiettivi che rappresentano il vero ritorno degli investimenti pubblici, perché se la Salute è di tutti, la Sanità deve essere per tutti».
Per ulteriori informazioni e approfondimenti: ufficio.stampa@gimbe.org.
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