Condannato all’ergastolo nel 1999 per avere ucciso la moglie e ferito uno dei figli, Franco Scoppola, allora cinquantanovenne, era stato rinchiuso nel carcere romano di Regina Coeli.
Quando però dal 2003 era stato costretto a muoversi in carrozzina da alcuni seri problemi di salute, Scoppola – data l’inadeguatezza della struttura – aveva chiesto il trasferimento in un altro carcere, ottenendo solo nel giugno del 2006 gli arresti domiciliari, provvedimento per altro annullato pochi mesi dopo.
Solo nel settembre del 2007 vi è stato il trasferimento nel carcere di Parma, che ha una sezione attrezzata per i detenuti con disabilità.
La vicenda provoca oggi al nostro Paese una dura condanna da parte della Corte Europea di Strasburgo, con l’accusa di avere violato l’articolo 3 della Convenzione Europea per la Salvaguardia dei Diritti dell’Uomo e delle Libertà Fondamentali (più nota semplicemente come “Convenzione dei Diritti dell’Uomo”), che proibisce il trattamento disumano e degradante dei detenuti.
Secondo i giudici continentali, infatti, l’Italia avrebbe dovuto «trasferire immediatamente l’interessato in una prigione meglio attrezzata» o «sospendere l’applicazione della pena».
Il nostro Paese dovrà quindi pagare un risarcimento di 10.000 euro, 5.000 per danni morali e 5.000 per danni processuali, allo stesso Scoppola, protagonista del caso. (S.B.)
Si ringrazia il portale SuperAbile per la segnalazione.
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