Amore e sessualità: “non c’è un modo”!

di Claudia Cespites*
Così uno degli esperti presenti in sala ha commentato a Torino la proiezione di “L’Amore Vola”, docufilm realizzato dall’ADN (Associazione Diritti Negati), con la regia di Paolo Severini, basato sulle testimonianze dirette di uomini e donne con disabilità, che fanno emergere tanti mondi diversi e altrettante sensibilità. Un ottimo spunto per riflettere sull’importanza di vivere relazioni improntate a un’affettività e a una sessualità per tutti
Persona che appare nel docufilm "L'Amore Vola"
Una delle persone che appaiono nel docufilm “L’Amore Vola”

Si chiama L’Amore Vola (amare ed essere amati è un diritto di tutti) il docufilm protagonista a Torino delle serate del 19 e 20 maggio scorsi, proiettato presso la Sala Movie-Film Commission Torino Piemonte [si legga la presentazione dell’iniziativa nel nostro giornale, N.d.R.], uno spunto per un’analisi matura, neutra e sincera su un tema delicato e ancora poco trattato come quello dell’affettività e della sessualità nelle persone con disabilità.
Il docufilm, realizzato all’interno del Progetto Amare ed essere amati: un diritto di tutti, nell’àmbito del Bando Regionale Piemontese sulla Cultura di Parità, è stato concretizzato dall’ADN di Torino (Associazione Diritti Negati), con la regia di Paolo Severini.

Si tratta di un documentario che racconta senza alcuna pretesa le vite reali e le esperienze di madri, di donne, mariti, padri e uomini la cui vita è cambiata all’improvviso in seguito ad aneurismi, incidenti: perché, inutile negarlo, può succedere che la sfera affettiva e l’intimità del rapporto di coppia risenta del cambiamento fisico e/o psicologico della persona colpita.
L’Amore Vola presenta inquadrature “sporche”, talvolta tagliate, ma il risultato è estremamente positivo: questa scelta, infatti, dà un senso di immediatezza e spontaneità, le battute delle persone che si raccontano non sono mai state ripetute durante le riprese, nessuna scena è stata registrata più di una volta.
L’abilità del regista Paolo Severini, che nel documentario è anche intervistatore e “attore” in prima persona (è infatti lui che si interfaccia con gli utenti), è espressa proprio in questa semplicità che conquista lo spettatore).
«È nato tutto da una mia curiosità – ha raccontato lo stesso Severini al termine della proiezione del video – e la voglia di raccontarsi da parte di queste persone era molto forte. Ogni volta che incontravo una di loro portavo con me una griglia di domande da rivolgere… e puntualmente non la seguivo. Il mio desiderio era di entrare in empatia con la persona, in un dialogo in sintonia dove spesso chi avevo davanti si ritrovava a raccontare episodi di sé che in anni di terapia non aveva mai confidato. Più volte mi è successo che, rivedendosi nel video, gli intervistati si stupissero delle frasi pronunciate da loro stessi… è questo il risultato della chiacchiera spontanea nei colloqui di gruppo, ove ci si lascia andare, e i tabù decadono».

Ad assistere alla proiezione e a dibattere al termine del video erano presenti anche Gabriele Piovano, presidente dell’ADN, Claudio Foggetti, responsabile del Servizio Passepartout del Comune di Torino, Paola Casagrande, direttore del Settore Istruzione, Formazione Professionale e Lavoro della Regione Piemonte e Andrea Perdichizzi, psicologo e psicoterapeuta del Servizio Affettività e Sessualità della Città di Torino.
Quanto è forte la paura di sentirsi inadeguati nel rapporto di coppia? Quanto questo timore può incidere sulla non accettazione di sé, ripercuotendosi sulla sfera affettiva? «Personalmente – ha affermato Piovano – credo sia più difficile imparare a convivere con la disabilità piuttosto che nascervi». «C’è tanto di cui parlare – ha aggiunto-, come ad esempio sfatare il mito secondo il quale chi abbia una disabilità non abbia impulsi sessuali, o sul ruolo della donna, da moglie ad “assistente-badante”».

Il binomio sesso&disabilità è talmente delicato che creare un documentario al proposito provoca inevitabilmente opinioni differenti: i ragionamenti ad esso connessi sono tanti e le implicazioni complicate. È del resto già da qualche tempo che si parla di questi temi, ma oggi, finalmente, lo si fa con la consapevolezza che la sfera affettiva sia troppo importante per non essere presa in considerazione.
In tutte le interviste di L’Amore Vola emergono sentimenti profondi, da troppo tempo soffocati. Presso il Servizio Affettività e Sessualità della Città di Torino, che offre orientamento e consulenza pedagogica, educativa e psico-sessuologica sulle tematiche della sessualità, dell’affettività e della genitorialità delle persone con disabilità, vengono accolte le domande, ma c’è ben poco da comprendere: sono le basi dell’affettività a mancare. Il focus è la ricostruzione di una soggettività nuova, da porre in relazione con le altre persone. Più che di comprendere, c’è bisogno di accogliere e ascoltare, ed è proprio questo che il Servizio effettua.

Ma le Istituzioni quale ruolo ricoprono al riguardo? Non è facile la risposta: le Istituzioni, infatti, si occupano dei servizi, ma ciò che si richiede loro è di “andare oltre” l’architettura dei servizi stessi; non solo, cioè, abbattere le barriere architettoniche, ma occuparsi della “felicità delle persone”.
L’obiettivo di questo docufilm era quello di fare emergere l’esistenza di tanti mondi diversi, con altrettante sensibilità. Ogni iniziativa istituzionale, quindi, dovrebbe presentare la stessa attenzione e la gran parte del lavoro lo fanno le persone che ne sono all’interno.
«L’Amore Vola – ha precisato Claudio Foggetti – testimonia attraverso le parole di questi uomini e donne che “non c’è un modo”; ciò che rivendicano le persone è essere riconosciuti come delle individualità che possano affermare la propria personalità, partendo dalla consapevolezza di ciò che si può e di ciò che non si può fare».
Dal canto suo, Paola Casagrande ha sottolineato l’importanza di fornire gli strumenti adeguati affinché chiunque possa sfruttare le proprie capacità per agire come desidera. «Queste testimonianze – ha affermato – fanno riflettere, emozionano, creano spunti di riflessione, lasciando che sia proprio la sensibilità di queste persone a parlare con noi».
Non è possibile, insomma, “normalizzare” la sessualità e tutto il mondo complicato e profondo che ad essa si lega. La richiesta preponderante che emerge dalle persone di L’Amore Vola è «aiutami a ricostruire un’idea di me» e per fare questa operazione, serve l’altro, serve rispecchiarsi negli occhi di chi ci è di fronte.
«Fino a vent’anni fa – secondo Giovanni Ferrero, direttore della CPD di Torino (Consulta per le Persone in Difficoltà) – non si era ancora maturi per parlare di sessualità e disabilità. Questo documentario, invece, è un primo passo, e come tale va trasmesso, mostrato, diffuso».

La conclusione del dibattito è stata affidata a Claudio Foggetti, che ha dichiarato: «Realizzare un film su questo tema, in una scala da 1 a 10, porta con sé 11 punti di possibilità di sbagliare; ma la riuscita di L’Amore Vola risiede nel fatto che qui le persone che assistono alla proiezione si riconoscono, a differenza, ad esempio, di film quali The Sessions, avvertiti più freddi e distanti. Qui è la sensibilità di chi si racconta a catturare le emozioni di chi guarda, grazie alla capacità del regista Paolo Severini».

Associazione Volonwrite di Torino. Il presente testo è già apparso in InformadisAbile, servizio della Città di Torino e segnalato dalla CPD di Torino (Consulta per le Persone in Difficoltà). Viene qui ripreso, con minimi riadattamenti dovuti al diverso contenitore, per gentile concessione.

Per approfondire sui temi trattati nell’incontro di cui si parla in questa nota, suggeriamo di fare riferimento a quanto pubblicato dal nostro giornale, in calce al testo La sessualità e la “banalità del bene” di Simona Lancioni.

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