La prima nazionale di Wonderland (il mio paese delle meraviglie) era stata nell’ottobre scorso, come avevamo riferito, in occasione della Giornata Nazionale dei Risvegli per la Ricerca sul Coma – Vale la Pena, promossa dall’Associazione degli Amici di Luca. Ora lo spettacolo teatrale realizzato insieme a Teatro dell’Argine dalla Compagnia Gli Amici di Luca – formata anche da persone della Casa dei Risvegli Luca De Nigris di Bologna, che dopo essere uscite dal coma hanno intrapreso un percorso terapeutico – sta per tornare a San Lazzaro di Sàvena, sempre nei pressi di Bologna (ITC Teatro, Via Rimembranze, 26, ore 21 in tutte le serate), da venerdì 28 a domenica 30 novembre.
Per presentare questo spettacolo – nato in gran parte all’interno dell’innovativo centro di riabilitazione da esiti di coma e stato vegetativo dell’Azienda USL di Bologna, la Casa dei Risvegli Luca De Nigris, appunto – che è stato curato da Nicola Bonazzi e Andrea Paolucci, interpretato da Cecilia Bolletta, Paolo Facchini, Luigi Ferrarini, Deborah Fortini, Nicola Granata, Marco Macciantelli, Simone Maurizzi, Juri Mazzanti, Federica Perri, Cristian Sacchetti, Davide Sacchetti, Riccardo Sielli, Ida Strizzi, Martina Teduccio, con il coordinamento pedagogico di Federica Perri, video di Simon Barletti e l’aiuto regia di Giacomo Armaroli e Mattia De Luca, ben volentieri cediamo direttamente la parola agli stessi protagonisti. (S.B.)
«Uno spettacolo che parla di uno spettacolo. Di uno spettacolo da farsi. Cosa succede nei giorni prima dell’andata in scena? Cosa si agita nella testa di chi vive quel momento con l’incoscienza allegra di un non professionista, ma insieme caricandolo di un’attesa e di una necessità uniche? Cosa cambia, nell’intimo di ciascuno e nelle relazioni di ciascuno con gli altri, lungo tutto il percorso che porta al debutto?
Così nasce il teatro, come la lenta maturazione di un fiore che deve sbocciare, di un frutto che deve nascere, come un percorso di conoscenza tortuoso, ma entusiasmante, come un confronto continuo: non solo, in questo caso, tra Gli Amici di Luca e le guide che hanno condotto il laboratorio e le prove, ma di noi con noi stessi, con le nostre paure, i nostri ricordi, i nostri sogni, l’immaginario che ci abita.
In tal modo la drammaturgia nasce da un’esigenza condivisa di racconto-testimonianza e ha l’urgenza della verità: il tempo dello spettacolo diventa il tempo lungo delle emozioni e dei pensieri su cui si è ragionato lungo un intero anno di laboratorio. E alla fine, quando lo spettacolo sta per cominciare, lo spettacolo finisce…
Inizialmente il progetto è nato dall’idea di lavorare su Alice nel paese delle meraviglie, per via di una singolare sovrapposizione tra le avventure della bambina vestita d’azzurro e la condizione di chi aveva vissuto il trauma del coma; troppe le coincidenze, troppe le analogie per lasciarsele sfuggire: la caduta nel buco, le trasformazioni fisiche, la risalita… Tuttavia, mano a mano che si procedeva, è diventato chiaro che la cosa più appassionante era meno l’idea dello spettacolo su Alice che il percorso che lo stava generando e l’incontro tra persone così diverse – Gli Amici di Luca, gli operatori volontari e le guide del Teatro dell’Argine – eppure accomunate dal solo fatto di essere coinvolte insieme in un progetto teatrale. E dunque lo spettacolo su Alice è diventando poco per volta lo spettacolo su un gruppo di attori che provano a mettere in scena Alice nel paese delle meraviglie.
Il testo nasce da una drammaturgia davvero condivisa, costruita a partire da pensieri e riflessioni emersi durante la preparazione dello spettacolo: questo si traduce in un lungo, ininterrotto flusso di coscienza, formato dalle voci degli attori, precedentemente registrate, che si mescolano a musiche e suoni in un unico tappeto sonoro. Insieme alla parte sonora, si è lavorato su una parte video, costruita appositamente a partire dalle riprese effettuate durante il laboratorio: il video diventa parte integrante di un racconto-testimonianza che però si smarca dall’appiattimento autobiografico per attingere a una dimensione più ampia e universale. Di questa si fanno immagine e figura in scena otto porte, cioè otto varchi, otto soglie verso il palcoscenico (cioè verso lo spettacolo da farsi) o verso il mondo, a segnalare una disposizione positiva nei confronti della vita: durante lo spettacolo le porte mutano posizione e funzione, in maniera creativa e dinamica. L’obiettivo era quello di creare un dispositivo spettacolare coeso, in grado di trascendere ogni visione semplicistica, o semplicisticamente orientata, indotta dalla presenza in scena di ex-traumatizzati, senza per questo sovrastarne il potenziale espressivo. Lo spettacolo si traduce così nella narrazione per lampi di un lungo percorso emotivo, dove al centro c’è il teatro, motore di suggestioni e sentimenti, promotore di incontri e affetti. La narrazione di un cammino pieno di sorprese, la cui vera meta è di provare a non darsi mete».
Sabato 29 novembre, dopo lo spettacolo di San Lazzaro di Sàvena, è in programma anche un pubblico incontro con la Compagnia Gli Amici di Luca e con Fulvio De Nigris, direttore del Centro Studi per la Ricerca sul Coma degli stessi Amici di Luca.
Per ulteriori informazioni e approfondimenti: info@amicidiluca.it; info@teatrodellargine.org.
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