Venticinque anni di musica e mille concerti

di Marco Piazza*
Il tutto pubblicando 7 album e percorrendo circa 50.000 chilometri all’anno, tra scuole, teatri e piazze italiane, senza dimenticare l’enorme opera di informazione e sensibilizzazione: sono cifre strabilianti, quelle esibite dai Ladri di Carrozzelle, gruppo musicale che alle sue origini era composto da nove persone su dieci affette da una grave forma di distrofia muscolare. Ne racconta il percorso Marco Piazza, protagonista egli stesso nella “preistoria” del gruppo
1° maggio 1995, Piazza San Giovanni a Roma: concerto dei Ladri di Carrozzelle
I Ladri di Carrozzelle sul palco di Piazza San Giovanni a Roma, durante il “Concertone” del 1° maggio 1995, quando si esibirono davanti a centinaia di migliaia di persone

I Ladri di Carrozzelle hanno compiuto venticinque anni. Me lo ha detto Paolo Falessi, il fondatore del gruppo, che vuole anche coinvolgermi in un grande evento celebrativo.
Un quarto di secolo, per una band rock, è quasi un’eternità. Diventa un “miracolo”, se il gruppo in questione è composto da ragazzi con gravi disabilità, fisiche e psichiche. Come la malattia dei nove decimi del gruppo originario: la distrofia muscolare di Duchenne, gravissima patologia genetica che, atrofizzando i muscoli, paralizza progressivamente tutti gli arti sin dalla giovane età.

Conosco Paolo Falessi da prima che i Ladri nascessero. Era il 1988 e in un centro sociale della Magliana, nel quartiere romano famoso nel mondo per aver dato il nome a una banda criminale, insieme a un gruppo di amici, obiettori di coscienza e volontari della UILDM di Roma (Unione Italiana Lotta alla Distrofia Muscolare), avevamo creato un altro tipo di banda. Un gruppo musicale che avevamo chiamato La Banda del Buco. L’idea era stata quella di smontare una batteria e di darne un pezzo per uno ai nostri amici distrofici, che con la forza residua riuscivano comunque a far cadere la bacchetta a ritmo sulla pelle del tamburo che avevamo opportunamente amplificato. In sei suonavano la batteria, gli altri cantavano, insieme agli amici volontari, che suonavano chitarra, basso, viola e sassofono. Io “dirigevo l’orchestra”, se così si può dire. Andavamo a prendere i ragazzi con il pulmino. Provavamo per un paio d’ore e poi li riportavamo a casa. Ogni tanto facevamo qualche concerto. Ricordo quello all’università, all’inizio degli Anni Novanta, durante l’occupazione della “Pantera”. O in altri centri sociali.
La Banda del Buco durò un paio d’anni. Poi ci perdemmo di vista, come succede quando hai vent’anni. Per fortuna arrivò Falessi, che coinvolse tutti i nostri musicisti in carrozzina e fondò insieme a loro i Ladri di Carrozzelle, ispirandosi ai Ladri di biciclette, il gruppo guidato da Paolo Belli che all’epoca primeggiava nelle hit parade. «L’idea del nome – racconta Paolo – venne a Piero, uno dei ragazzi. “Chiamiamoci Ladri di Carrozzelle”, disse, “tanto con le biciclette che ci facciamo?”».

I Ladri cominciarono in dieci. Insieme a Paolo, l’unico non in carrozzina, suonavano nove ragazzi distrofici. Il “battesimo” avvenne il 1° maggio 1995, quando furono invitati a suonare in Piazza San Giovanni, a Roma, nel “Concertone” della Festa dei Lavoratori.
Racconta Falessi: «Saliti sul palco, fummo impressionati dal ruggito del pubblico. C’erano centinaia di migliaia di persone. Finito il pezzo, eravamo così sconvolti che non riuscimmo a parlare per una buona mezz’ora. Quel giorno però ci convincemmo che potevamo puntare più in alto e che da un gruppo di amici con la passione del rock potevamo diventare musicisti professionisti».
Pochi mesi dopo nacque infatti la Cooperativa Ladri di Carrozzelle, che grazie al cachet dei concerti, a contributi, finanziamenti e sponsorizzazioni varie, per un decennio ha fatturato circa 400.000 euro all’anno, riuscendo ad assumere e a stipendiare regolarmente quindici persone.

Formazione attuale (2015) dei Ladri di Carrozzelle
La formazione attuale dei Ladri di Carrozzelle

«Oggi – spiega Paolo – i distrofici della formazione iniziale non riescono più a suonare e sono stati sostituiti da altri musicisti, tra cui anche alcuni ragazzi con disabilità intellettive»: da lì l’idea di chiamare sbrock, dal verbo “sbroccare”, “perdere la testa”, la loro musica. Ai primi Ladri, però, sono stati versati i contributi per un decennio e grazie a ciò, oggi, oltre alla pensione di invalidità, percepiscono pure quella di inabilità.

Nel 2008, poi, con l’arrivo della grande crisi dell’industria discografica, anche i bilanci della Cooperativa sono entrati in sofferenza. «Ma noi non molliamo. E oggi il nostro prossimo obiettivo è quello di raccogliere i fondi per realizzare una casa famiglia, in cui possano andare a vivere le persone con disabilità dopo la morte dei loro genitori».
Leggo nel sito dei Ladri che dal 1990 hanno stampato 7 album (5 in studio e 2 dal vivo) e 6 singoli. Che hanno realizzato 1.000 concerti, tra scuole, teatri e piazze italiane, percorrendo circa 50.000 chilometri all’anno e svolgendo anche una straordinaria opera di informazione e sensibilizzazione.
Rifletto infine su un altro fatto, che non riguarda il loro percorso musicale. Insieme ai Ladri, quest’anno anche la Fondazione Telethon festeggia il suo venticinquesimo anniversario. Telethon nacque proprio per combattere la distrofia muscolare di Duchenne e anche oggi, che sostiene centinaia di malattie genetiche rare, destina moltissime risorse a questa terribile patologia.
Ancora non è stata trovata la cura, ma grazie ai progressi della ricerca e della medicina, l’aspettativa di vita è quanto meno raddoppiata e i Ladri di Carrozzelle sono la dimostrazione vivente di questo straordinario risultato.

Testo apparso in “InVisibili”, blog del «Corriere della Sera.it» (con il titolo “I Ladri di carrozzelle compiono 25 anni”) e qui ripreso, con minimi riadattamenti al diverso contenitore, per gentile concessione.

Per approfondire ulteriormente:
° Il primo videoclip dei Ladri di Carrozzelle (Distrofichetto).
° Il video di un concerto del 2010, con la voce di LilaVeronika che interpreta I Will Survive.
° Lo spot O Anche No del 2014 sul tema dell’inserimento lavorativo.

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