«La voce degli operatori sociali deve contare di più, se vogliamo che il welfare risponda realmente ai bisogni fondamentali delle persone. Ne tengano conto sia il Governo – invece di continuare la sua azione di riduzione dello Stato Sociale – sia le Regioni e gli Enti locali». È questo il messaggio lanciato nei giorni scorsi in occasione della conferenza stampa, tenutasi a Roma, durante la quale sono stati presentati i risultati dell’indagine sul lavoro sociale Voci e volti del welfare invisibile, che ha coinvolto oltre 2.500 operatori sociali del Terzo Settore (85% del campione) e di quello pubblico, in tutta Italia [il nostro sito aveva presentato in marzo l’iniziativa, con il testo disponibile cliccando qui].
L’inchiesta – che ha permesso di definire punti di forza e criticità del lavoro sociale – è stata lanciata da un Comitato promotore composto da numerosi esponenti del privato sociale, delle istituzioni e della politica, vale a dire Lucio Babolin, presidente nazionale del CNCA (Coordinamento Nazionale delle Comunità d’Accoglienza); Pietro Barbieri, presidente nazionale della FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap); Simone Casadei, ricercatore di Scienze Sociali dell’ISFOL (Istituto per lo Sviluppo della Formazione Professionale dei Lavoratori); Silvana Cesani, assessore alle Politiche Sociali del Comune di Lodi; Tonio Dall’Olio, vicepresidente di Libera – Associazioni, Nomi e Numeri contro le Mafie; Salvatore Esposito, responsabile del Dipartimento Welfare dell’IRES Campania (Istituto di Ricerche Economiche e Sociali); Antonio Ferraro, responsabile nazionale delle Politiche Sociali del Partito della Rifondazione Comunista; Sergio Giovagnoli, responsabile del Welfare e dei Diritti Sociali dell’ARCI; Roberto Latella, presidente di Città Visibile – Associazione di Imprese Sociali; Vittorio Mantelli del Dipartimento Nazionale Area Lavoro del Partito della Rifondazione Comunista; Giulio Marcon, coordinatore della Campagna Sbilanciamoci!; Andrea Morniroli del Comitato di Direzione della Cooperativa Sociale Dedalus di Napoli, già consulente del Ministero della Solidarietà Sociale; Giacomo Smarrazzo di Legacoopsociali Campania; Damiano Stufara, assessore regionale dell’Umbria alle Politiche Sociali e all’Immigrazione.
L’immagine, dunque, che l’inchiesta ha permesso di definire conferma, da una parte, le difficoltà che gli operatori vivono rispetto alla propria situazione lavorativa – dai bassi salari ai contratti precari – ma anche la grande motivazione che, pur in presenza di questi elementi negativi, continua ad animare il loro lavoro, così come la soddisfazione rispetto alla propria organizzazione. Infatti, il principale responsabile dei problemi relativi alla condizione lavorativa è individuato nelle Amministrazioni Pubbliche e solo in una parte del Terzo Settore.
Emerge poi forte il desiderio di partecipazione degli operatori alla vita delle organizzazioni e alla definizione delle scelte strategiche in merito ai servizi erogati. Una richiesta di partecipare che deve riguardare pure gli utenti e che è rivolta anche agli Enti Locali, cui si chiede di co-progettare le politiche.
L’indagine, inoltre, consente anche di rilevare il punto di vista degli operatori rispetto alla situazione del welfare italiano. Innanzitutto è considerata negativa, quasi da tutti, l’ipotesi di introdurre logiche di mercato nel campo dei servizi alla persona. Tra i cambiamenti ritenuti necessari per il sistema di welfare, invece, spiccano l’adeguamento della spesa sociale alla media europea, l’integrazione dei servizi sociali, sanitari ed educativi (ritenuta troppo scarsa), la definizione dei Livelli Essenziali di Assistenza Sociale.
Per quanto poi riguarda i diritti degli utenti, il 44% degli intervistati ritiene che essi siano poco rispettati, soprattutto per responsabilità degli Enti Locali e per l’inadeguata applicazione delle leggi che riguardano il welfare.
In definitiva, gli operatori sociali si presentano come una risorsa determinante del sistema dei servizi sociali, motivati, pronti a investire nel proprio lavoro, attenti alle esigenze degli utenti e alle necessità del sistema dei servizi, anche se il quadro generale in cui si trovano ad agire appare sempre più instabile, a causa dei tagli di bilancio e di una crisi economica che scarica i suoi effetti sulle fasce più deboli della popolazione, compresi gli operatori e gli utenti.
I promotori dell’indagine ritengono che le Istituzioni – e il Governo per primo – dovrebbero valorizzare questo patrimonio di persone e di saperi, ripartendo dai diritti invece di dimezzare le risorse a disposizione – come è stato fatto con il Fondo Nazionale delle Politiche Sociali – e di proporre un modello di welfare caritatevole e residuale, ben simboleggiato dalla fallimentare social card. (Mariano Bottaccio)
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