La tentazione del «fai da te»

di Franco Bomprezzi
Giuste le considerazioni di Pietro Barbieri, presidente della FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell'Handicap), sulla necessità di trasformare le associazioni da fornitrici di servizi in moderni organismi di tutela collettiva dei diritti dei cittadini. Ma a volte l'impressione è che per far questo le "truppe" scarseggino e l'entusiasmo anche...

In primo piano la ruota di una carrozzina. Sullo sfondo altre persone con disabilitàChe fatica lavorare e impegnarsi per un’associazione che si occupa di diritti delle persone con disabilità. Si rischia la frustrazione da insuccesso, la scarsità di proseliti, le “picconate” dei battitori liberi che chiedono a gran voce risultati immediati e monetari, a partire dall’aumento delle pensioni di invalidità, ferme alla ridicola cifra di 240 euro al mese.

Tutto questo e molto di più c’è nella lunga e intelligente intervista a Pietro Barbieri, presidente della FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap), pubblicata nei giorni scorsi da queste stesse colonne [la si legga con il titolo Le associazioni e la tutela dei Cittadini con disabilità, cliccando qui, N.d.R.].
Barbieri cerca da sempre, nel suo quartier generale romano, di portare la FISH assieme alle associazioni del Terzo Settore ai tavoli di confronto con il Governo di turno, nella convinzione, giusta, che occorre dialogare positivamente e concretamente con tutti, ponendosi dal punto di vista dei diritti delle persone.
Peccato che questi siano tempi grami, e dunque i tavoli non ci sono, e perfino la “Terza Conferenza Nazionale sulle Politiche della Disabilità”, in programma a Torino dall’1 al 3 ottobre, nasce in sordina, destinata solo a tavoli tecnici per addetti ai lavori, senza il parterre politico delle grandi occasioni (la prima, per ricordo personale, nel ’99 vide la partecipazione dell’allora presidente del Consiglio, Massimo D’Alema, nel giorno delle sue dimissioni…).

Barbieri propone una trasformazione delle associazioni da fornitrici di servizi in moderni organismi di tutela collettiva dei diritti, pensa a vere e proprie class action, sul modello consumeristico, anche tenendo conto della nuova scena istituzionale, con il federalismo, e con le competenze spalmate sul territorio.
Giusto, ma le truppe scarseggiano, e l’entusiasmo anche. È cresciuta, secondo me, una generazione di persone con disabilità che non ha dovuto combattere per vedere garantiti i diritti minimi (scuola, lavoro, mobilità, assistenza). E oggi che il welfare vacilla, anche in questo mondo la tentazione del “fai da te”, fra populismo e individualismo, è molto forte. Ne riparleremo.

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