Scrivo da Santander, nord della Spagna, nel meraviglioso Palacio de La Magdalena, sede dell’Università Internazionale Menéndez Pelayo, ove la Fondazione ONCE ha organizzato il seminario dall’interessante e impegnativo titolo di Educazione Inclusiva: maggiore e migliore impiego per le persone con disabilità. Si tratta di un’attività nata all’interno del Progetto Por Talento, coordinato dalla Fondazione stessa e finanziato dal Fondo Sociale Europeo, il cui obiettivo generale è la creazione di una rete continentale sull’educazione inclusiva delle persone con disabilità, che diventi uno strumento per rinforzare la conoscenza su tale argomento, attraverso lo studio di strategie utili a eliminare le barriere per l’accesso all’educazione e garantendo un migliore inserimento nel mercato del lavoro.
È stata una settimana di intenso lavoro, che ha potuto contare sulla presenza di numerosi esperti impegnati nel campo educativo formale e informale, oltre che sulla partecipazione dei rappresentanti delle Istituzioni nazionali spagnole, di quelle europee e del movimento della disabilità. Vari anche i temi affrontati che – a partire dal filo logico prescelto – hanno visto l’educazione inclusiva analizzata da una prospettiva filosofica, pedagogica, giuridica ed economica.
Contemporaneamente, nello stesso edificio, si sono svolti importanti incontri culturali e politici. Il 19 luglio, ad esempio, era presente il ministro degli Interni spagnolo, il 20 si è discusso con le autorità civili e militari europee sulla sicurezza dell’”entità Europa” e il 21 si è avuto un incontro politico regionale della Cantabria. Insomma, un luogo “importante”, dove la disabilità ha avuto una collocazione paritaria, sia per il valore che si è dato ad essa, sia per i princìpi posti.
Un primo commento a caldo può essere relativo al fatto che attorno alla disabilità e all’educazione inclusiva esiste un dibattito assai significativo, seguìto da azioni che influenzano tutti gli ambiti delle comunità sociali nazionali ed europee. In altre parole, attorno al tema è presente un “mercato” di idee, di scambi culturali, di risorse umane ed economiche. Interessante!
Durante la sessione del 22 luglio – ove si analizzava l’ambito degli studi superiori e nello specifico di quelli universitari – uno dei relatori era il professor Pablo Pineda, laureato in Psicopedagogia all’Università di Malaga, docente di Educazione Speciale nello stesso Ateneo, che ha illustrato la sua esperienza di studente e di docente universitario.
Il professor Pineda ha fornito un importante contributo al seminario, attraverso la propria conoscenza della pedagogia, individuando e sottolineando le prerogative del docente e dell’ambito universitario. Ha affascinato l’uditorio, parlando del concetto di educazione e di educatore. Educazione come luogo di ricerca, studio e promozione, educatore come colui che sa proporre con la propria competenza contenuti intellettuali e strategie personali, motivazioni, accesso alla cultura, capacità scolastiche, sociali ed emotive, competitività da spendere nella vita quotidiana. Ha descritto poi le sue difficoltà di studente, quando iniziò l’università, mettendo il “sistema” in crisi sin da subito. Infatti, lo studente Pablo Pineda veniva percepito dai docenti – e anche dagli altri studenti – come “il modello deficitario” che occupava un luogo dove viene perseguito il “modello competitivo”.
E così l’Università era entrata in crisi, perché non sapeva cosa fare, in che modo insegnare a uno studente che – come Pineda – era una persona con sindrome di Down (dimenticavo…).
Cosa fare e come insegnare a uno studente percepito come destinato esclusivamente alle competenze di base (leggere, scrivere e fare un po’ di conto)? Come uno studente per il quale non vale la pena continuare gli studi, come uno studente che non è in grado di imparare?
Ebbene, per Pineda sono stati anni di vere e proprie “lotte titaniche”, per dimostrare le sue competenze accademiche. Anni difficili, ma irrinunciabili, perché gli hanno permesso di accedere alla cultura, all’insegnamento universitario, alla competitività e quindi all’autonomia personale, culturale ed economica.
«Gustare il sapore del successo – ha raccontato – insaporito dalla fatica, è stupendo quando sei nella posizione di essere ascoltato e non di “eterno ascoltatore”».
Oggi il neodocente deve affrontare la diffidenza degli altri insegnanti, che non sono ancora pronti ad avere come collega un professore con sindrome di Down. Ma questa è un’altra sfida per il futuro.
Grazie, Professor Pineda, per non aver parlato di accondiscendenza, di pietà, di buonismo, di indulgenza. Lei, gli altri relatori e tutti i partecipanti all’incontro di Santander avete sempre discusso di temi intrisi di contenuti relativi a competenze e competitività.
E soprattutto grazie per avermi permesso di rammentare al nostro signor ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, che ha perso ancora una volta l’occasione di rimanere in silenzio, quando ha affermato che «un Paese con un certo numero di invalidi non è competitivo»…
*Presidente del CND (Consiglio Nazionale sulla Disabilità).