Sui gravissimi, ricapitolando

di Giorgio Genta*
Le definizioni di disabilità, le situazioni effettive del "Paese reale", alcuni documenti internazionali e nazionali: «Sarebbe bello - scrive Giorgio Genta - poter ottenere che alle persone con disabilità gravissima fossero effettivamente garantite da parte della società le attenzioni indispensabili a dare dignità alla loro esistenza, senza ridurre letteralmente in miseria la loro famiglia e senza dover ricorrere a definizioni particolari, ma la tristezza dei tempi fa pensare che la realtà sia un'altra»

Particolare di volto di uomo anziano, che meditaAssai vivace si è sviluppato nell’ultimo mese – anche su queste colonne – il confronto sui disabili “gravissimi” e, pur essendone parte in causa, sono tentato di darne una sintesi “unificatrice”.
A parte alcuni commenti stonati, provocatori o insultanti (purtroppo comuni a tutti i dibattiti, soprattutto se condotti via web), sembra di poter identificare due posizioni. Da una parte c’è chi vede nelle definizioni persone con disabilità gravissima, i gravissimi, la disabilità gravissima il concretizzarsi di un qualcosa che non dovrebbe esistere, almeno come entità a sé stante.
I sostenitori di questa posizione citano a loro vantaggio la Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità e l’ICF [la Classificazione Internazionale sul Funzionamento, la Disabilità e la Salute, definita nel 2001 dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, N.d.R.], esprimendo poi il timore che la creazione di una nuova (?) categoria di disabilità porterebbe a un “ritorno all’antico”, a un definire la disabilità più in base a parametri clinici che a quelli di esclusione sociale. Essi, inoltre, ritengono dannosa una frammentazione dello “stato di gravità” che, fatalmente, giustificherebbe criteri più selettivi e restrittivi nella concessione – termine, questo, terribilmente “borbonico” – delle indennità.
Costoro – almeno quelli tra loro animati da rette intenzioni – potrebbero, in via di principio, aver ragione, se non fosse “anche” assolutamente indispensabile fare i conti con le situazioni di fatto nel “Paese reale”.

E tuttavia, a mio parere, il “vantaggio” di chi avversa l’identificazione e la precisazione della disabilità gravissima correlata alla persona umana è presto annullato. Infatti:
– la Convenzione ONU e l’ICF sono testi “onnicomprensivi” ed è pericoloso assumerli come “Testi Sacri della Disabilità” (nella stessa Bibbia e nel Corano vi sono “passaggi” che a una prima lettura sembrerebbero giustificare atti di inaudita violenza!). Credo infatti che più della loro indubbia importanza teoretica, valga – o meglio varrà – la loro effettiva messa in pratica. L’ICF, inoltre, inizia ad essere anche un documento relativamente datato.
– La disabilità gravissima e le sue conseguenti necessità nella persona umana sono, ad esempio, espressamente citate:
° nel Libro bianco sugli Stati Vegetativi e di Minima Coscienza – Il punto di vista delle associazioni che rappresentano i familiari (Roma, settembre 2010, Ministero della Salute), firmato anche da associazioni aderenti alla FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap), ove appunto si parla di «persone con gravissimi livelli di disabilità» o di «condizione di disabilità gravissima»; inoltre, nel medesimo Libro bianco, al capitolo Le basi del processo di domiciliazione, si scrive: «Per ottenere questo [riduzione dei costi sociali e miglior qualità di vita della persona in Stato Vegetativo o in stato di Minima Coscienza e della sua famiglia] è però importante innanzitutto il riconoscimento formale e ufficiale della categoria come disabilità gravissima». E ancora: «…non malati o pazienti, ma persone con gravissima disabilità»;
° in Il sistema integrato di interventi sanitari e socioassistenziali per persone con gravissima disabilità (Delibera n. 2068 della Giunta Regionale dell’Emilia Romagna del 18 ottobre 2004), ove se ne indaga diffusamente;
° nel Servizio Anche a casa sto bene del Comune di Bergamo, ove si tratta specificatamente di «persona disabile gravissima», di «figli disabili gravissimi» e si parla del «campo della disabilità gravissima»;
° al tema, infine, è stato recentemente dedicato il Convegno Diritto ad una vita dignitosa (Firenze, 25 novembre 2011), incentrato sulle  persone con disabilità gravissima e le loro famiglie.

Certo, sarebbe assai bello poter ottenere che alle persone con disabilità gravissima fossero effettivamente garantite, da parte della società, le attenzioni indispensabili a dare dignità alla loro esistenza, senza ridurre letteralmente in miseria la loro famiglia e senza dover ricorrere a definizioni particolari. E tuttavia, noi genitori e familiari di tali persone – e fondatamente, credo, i “gravissimi” stessi, ricordando il motto Nulla per Noi e Su di Noi, Senza di Noi e le Nostre Famiglie! – crediamo che l’utilità e probabilmente la necessità del controverso riconoscimento giuridico sia causa e non effetto della tristezza dei tempi.
A chi dice poi che tale riconoscimento darebbe fatalmente corso a pratiche restrittive verso coloro che sono “leggermente meno gravi”, noi obiettiamo che è proprio senza tale riconoscimento che è quasi impossibile ottenere, per i gravissimi, quanto prevede la Costituzione.
A chi invece ci accusa di essere “causa di ogni male” e di covare propositi di “perverse esclusioni” di altre persone con disabilità da ogni forma di assistenza e previdenza… non abbiamo proprio nulla da dire!

*Federazione Italiana ABC (Associazione bambini Cerebrolesi), aderente alla FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap).

Rispetto ai contenuti del presente testo, suggeriamo la lettura – sempre nel nostro sito – di: Caregiving familiare e disabilità gravissima: assai più di una ricerca (di Giorgio Genta, cliccare qui); I gravissimi: chi sono e quanti sono? (di Giorgio Genta, cliccare qui); Oggi la priorità è il riconoscimento giuridico dei disabili gravissimi (di Giorgio Genta e Dario Petri, cliccare qui); Ciò che conta è la complessità della persona (di Marco Vesentini, cliccare qui); Disabilità gravissima? No, grazie (di Giampiero Griffo, cliccare qui); Non sempre le parole sono pane (di Giorgio Genta, cliccare qui); Se la questione della gravità diventa terreno di contrapposizioni (di Cecilia Marchisio e Natascia Curto, cliccare qui); Non ci sono disabilità gravi più gravi di altre (di Nadia Covacci, cliccare qui).
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