Marche: non convince quella proposta di revisione della Vita Indipendente

di Giuseppe Forti, Roberto Frullini e Fabio Ragaini*
Alla fine, infatti, della fase di sperimentazione dei piani personalizzati di Vita Indipendente delle persone con disabilità, una recente Delibera della Giunta Regionale marchigiana ha cambiato in modo rilevante l'approccio di questo intervento, suscitando varie perplessità, a partire dalla stessa filosofia adottata, di stampo "paternalista", con dei tecnici "che sanno" ciò che serve a una persona con disabilità motoria capace di autogestirsi. Molti altri aspetti, poi, sono pure criticabili, mentre il fatto positivo è dato dal raddoppio del fondo (da 300.000 a 600.000 euro)

Ombra sfuocata di persona in carrozzinaPoco più di dieci anni fa prendeva avvio – a seguito di un seminario promosso dal Gruppo Solidarietà nel novembre del 2001 – un gruppo di lavoro, con l’obiettivo di definire un percorso volto alla sperimentazione anche nelle Marche della Vita Indipendente. Il percorso ha portato all’emanazione di una prima Delibera nel 2004, poi modificata nel 2006 e nel 2007 (si veda, per una cronistoria, l’atto istruttorio della nuova Delibera di Giunta Regionale 312/12, cliccando qui).
La sperimentazione, della durata biennale, ha preso avvio nel 2008. Al termine della stessa (2010), è stata prorogata per altri due anni, con termine fissato per il mese di aprile del 2012. Nei quattro anni di sperimentazione, hanno fruito dell’intervento quarantadue persone e la spesa nell’ultimo anno è stata di circa 300.000 euro.

I contenuti della nuova Delibera 312/12
La nuova Delibera di Giunta Regionale 312/12 cambia in modo rilevante l’approccio di questo intervento:
– vengono previste due graduatorie: a) per chi ha partecipato alla sperimentazione, nel caso in cui vengano presentati piani personalizzati con lo stesso monte ore; b) per i nuovi richiedenti e per chi, avendo partecipato alla sperimentazione, chiede un monte ore massimo superiore a quello del periodo 2008-2012;
– l’impegno di spesa sale a 600.000 euro annui, utilizzati primariamente per i piani personalizzati (con lo stesso monte ore) di chi ha partecipato alla sperimentazione; la restante parte è destinata alla graduatoria b, fino all’esaurimento delle risorse;
– viene ammesso a finanziamento un monte ore massimo di 25 ore (costo lordo orario 10 euro);
– la Regione concorre al finanziamento del costo del piano personalizzato in misura diversa a seconda del reddito dell’utente, che viene chiamato a compartecipare come si può vedere con la seguente sintesi:
°Reddito ISEE (Indicatore della Situazione Economica Equivalente)
personale del disabile:
Prima fascia: valore ISEE fino a 10.000 euro (75% dell’intero progetto a carico della Regione, 0% a carico dell’utente).
Seconda fascia: valore ISEE superiore a 10.000 euro e fino a 20.000 euro (70% dell’intero progetto a carico della Regione, 5% a carico dell’utente).
Terza fascia: valore ISEE superiore a 20.000 euro e fino a 30.000 euro (60% dell’intero progetto a carico della Regione, 15% a carico dell’utente).
Quarta fascia: valore ISEE oltre 30.000 euro (50% dell’intero progetto a carico della Regione, 25% a carico dell’utente).
– il Comune non ha (più) obbligo di compartecipazione alla spesa e in assenza di tale compartecipazione, il progetto viene ridotto per le ore non finanziate;
– I piani personalizzati vengono redatti dall’UMEA (Unità Multidisciplinare dell’Età Adulta) dell’ASUR (Azienda Sanitaria Unica Regionale), di intesa con l’assistente sociale del Comune o dell’Ambito, con modalità e tempi che verranno definiti da un Decreto della Regione; si chiede inoltre che l’UMEA e l’assistente sociale dell’Ente Locale o dell’ATS (Ambito Territoriale Sociale) valutino attentamente e con il massimo rigore le condizioni del disabile, in modo da redigere piani personalizzati il più possibile corrispondenti alle reali esigenze del medesimo, nell’attribuire le ore di assistenza. Data la particolarità dell’intervento, è auspicabile che quest’ultimo rientri all’interno di una più ampia programmazione a livello di Ambito Territoriale Sociale;
– destinatari sono soggetti con disabilità motoria tra 18 e 65 anni, in condizione di gravità. L’intervento è alternativo al contributo economico previsto per malati di SLA (sclerosi laterale amiotrofica) e al contributo per l’assistenza domiciliare indiretta (per un approfondimento su questi ultimi interventi si legga in questo stesso sito, cliccando qui);
– vengono introdotti dei criteri di valutazione dei piani personalizzati – che saranno esaminati dalla Regione, ai fini della stesura delle graduatorie – con relativo punteggio. Riguardano: a) gravità; b) tipologia degli obiettivi specifici della Vita Indipendente; c) condizione familiare e ambientale; d) condizione scolastica e lavorativa. Per ogni criterio sono previsti, a seconda delle situazioni individuate, differenti punteggi.

Valutazioni
La Delibera, come detto, apporta rilevanti modifiche all’impianto delle precedenti. L’aspetto positivo riguarda l’aumento del fondo (da 300.000 a 600.000 euro), potendo così aumentare il numero dei beneficiari, insieme alla cessazione di un ruolo, di fatto inutile, delle Province.
Per il resto, però, giudichiamo negativamente la gran parte delle modifiche apportate e vediamo perché.

1. L’impostazione prende le distanze dalla filosofia della Vita indipendente. Se precedentemente, infatti, il piano personalizzato era redatto dall’utente insieme all’UMEA (punto sul quale avevamo già espresso forti perplessità), ora il protagonista della Vita indipendente diventa il destinatario del piano personalizzato, ovvero troppo poco per chi dev’essere il protagonista dell’assistenza autogestita. Si ritorna quindi alla concezione – paternalista – che dei tecnici sanno ciò che serve a un disabile con disabilità motoria capace di autogestione.

2. Il ruolo del territorio (Gruppo Lavoro Ambito) scompare e viene sostituito da una graduatoria costituita dai piani personalizzati che le UMEA invieranno in Regione. Scompare la negoziazione che tiene conto a livello locale delle risorse complessive della persona, che si confrontano con quelle economiche messe a disposizione; non viene introdotto un gruppo di monitoraggio regionale di valutazione delle problematiche dell’intervento.

3. La costruzione delle griglie dei punteggi e delle eventuali contribuzioni richieste agli utenti sembra dimenticare che il monte ore finanziabile è di venticinque ore settimanali; non è inoltre ipotizzabile – a patto che non siano ricchissimi (e in genere chi lo è non ha bisogno del contributo), così da potersi pagare più assistenti personali al giorno – che soggetti che necessitano di assistenza continuativa sulle ventiquattr’ore possano fare a meno dei familiari (se vive solo: punteggio 14; se vive con i familiari: punteggio 1).

4. La doppia graduatoria determina certezza per il mantenimento del numero di ore per chi già fruisce della Vita indipendente e dunque va molto bene per chi ha il monte ore massimo; non tiene però conto del fatto che il monte ore fruito può essere molto più basso (si vedano a tal proposito le problematiche di alcuni territori che avevano diversi utenti con ridotto numero di ore) e dunque l’alternativa è quella di mantenere quelle o di correre il rischio di non averne (se inserito nella graduatoria b).

5. La previsione della compartecipazione da parte dell’utente introduce un meccanismo nel quale la stessa non è parte delle risorse dell’utente stesso, di cui tener conto ai fini dell’assegnazione delle ore (tenendo sempre a mente che il monte ore finanziabile è di 3,5 ore al giorno), prevedendo inoltre fasce molto larghe e penalizzando chi attraverso la Vita Indipendente assume un ruolo lavorativo. La persona con disabilità viene insomma supportata per avere un lavoro normale e, una volta conquistato, come “premio” gli viene ridotto il reddito!

6. Aspetto, poi, che riteniamo molto grave è che si liberino i Comuni da ogni obbligo di contribuzione (contribuzione massima: 3.000 euro all’anno, pari a 8,2 euro al giorno). I Comuni possono, non debbono. Elargiranno così, facoltativamente, quello che riterranno. Da una parte, quindi, si chiede che l’intervento rientri nella più ampia programmazione a livello di Ambito Territoriale Sociale, dall’altra viene data l’opportunità di evitare qualsiasi coinvolgimento.

7. La filosofia e la costruzione dell’intervento sembrano assumere le fattezze dell’assistenza indiretta al disabile con particolare gravità: il Territorio valuta e certifica, la Regione stabilisce delle griglie e paga l’intervento, gli Enti Territoriali assumono un ruolo marginale (infatti, l’UMEA valuta e predispone un piano che verrà poi esaminato ai fini della graduatoria a livello regionale, mentre il Comune può completamente “tirarsi fuori” dall’intervento).

Rimane infine da comprendere come verrà stilata la graduatoria. Sembrerebbe di capire che da ogni territorio (degli Ambiti) giungeranno in Regione i piani personalizzati contenenti il numero delle ore da assegnare, insieme al punteggio di ognuno. I punteggi andranno poi a costituire un’unica graduatoria regionale.

In conclusione si può dire che è davvero un gran peccato che la gran parte dei punti “usciti” dal Progetto OPEN*, ispirati alla filosofia e alla pratica dell’assistenza personale autogestita, non abbiano trovato spazio in questa nuova Delibera che doveva superare le molte criticità della sperimentazione.
Il testo passa ora al Comitato delle Autonomie Locali per un parere e cè da augurarsi che esso sia meditato.

*Componenti del Gruppo di Lavoro per l’avvio della sperimentazione di Vita Indipendente nelle Marche.

**II Progetto OPEN è un’iniziativa finanziata dalla Direzione Generale della Commissione Europea per l’Occupazione, gli Affari Sociali e le Pari Opportunità, nell’ambito del Programma PROGRESS, volto a rafforzare il “Metodo Aperto di Coordinamento”, per la definizione e lo sviluppo di politiche di inclusione e protezione sociale a livello locale, nazionale ed europeo. A ricoprire il ruolo di capofila del partenariato internazionale per l’Italia era stato chiamato proprio il Servizio Politiche Sociali della Regione Marche. Per approfondire il tema, si può leggere, nel nostro sito un testo dell’ottobre 2009 dedicato a un convegno ad Osimo (Ancona), incentrato appunto sul Progetto OPEN (cliccare qui).

Cliccando qui, si può accedere – nel sito del Gruppo Solidarietà – al documento intitolato Le indicazioni emerse dal Progetto OPEN (marzo 2010). Piano tematico di sviluppo per le task force del Progetto OPEN. Presentazione delle possibili soluzioni e degli step necessari per superare le criticità emerse.
Sulle questioni trattate nel presente testo, suggeriamo anche la lettura – sempre nel sito del Gruppo Solidarietà – di: Nel contenitore della non autosufficienza. Abbozzi di ragionamento su politiche, intereventi e servizi rivolti a persone con disabilità e ad anziani non autosufficienti (di Fabio Ragaini, cliccare qui).
Per ulteriori informazioni: grusol@grusol.it.
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