La notizia dell’approvazione alle Nazioni Unite della Convenzione sui Diritti delle Persone con Disabilità è rimbalzata sugli organi di informazione di tutto il mondo.
Ne hanno parlato un bel po’ di giornali (per citarne solo alcuni, dall’«Irish Examiner» irlandese al «Newsweek» americano, dal «Gulf News» degli Emirati Arabi Uniti all’«India Daily», dal «Sydney Morning Herald» australiano all’«Haber Sağlık» turco), una serie di emittenti televisive (dalla «BBC News» alla «CNN», fino all’emittente del Qatar «Aljazeera», per citare solo i più famosi), una fitta rete di agenzie e siti informativi di tutto il mondo («Reuter», «News By Us», «India eNews» ecc.).
Non c’è da meravigliarsene, si tratta di una notizia che cambierà la vita di 650 milioni di persone nel mondo (tante, infatti, vengono stimate dall’ONU essere le persone con disabilità), 90 milioni nell’Europa continentale, 50 nell’Unione europea, più di 5 milioni in Italia. Una notizia da prima pagina. E invece non ha quasi lasciato traccia sulle emittenti, sui quotidiani o sulle radio italiane…
E non credo che si tratti di mancanza di spazio a causa della missione italiana in Libano. Negli stessi giorni, infatti, sulle prime pagine dei quotidiani hanno trovato spazio le notizie più disparate: sesso in ufficio, Cassano in nazionale, il 40° anniversario della Benetton, la nascita di Leon, figlio di John Elkan…
Sono notizie che rappresentano un cambiamento sostanziale nella qualità della vita degli italiani? Di milioni di persone nel mondo? Non mi sembra…
Eppure, scavando nella notizia si sarebbe potuto mettere in evidenza il ruolo significativo che ha avuto la delegazione italiana nel Comitato Ad Hoc (Ad Hoc Committee) che ha redatto la Convenzione, sottolineare la storia della tutela dei diritti delle persone con disabilità all’ONU che ha trovato l’Italia sempre ai primi posti (fu proprio l’Italia, infatti, a chiedere per prima una convenzione su questa materia), descrivere la suspence delle ultime ore dell’assemblea plenaria, prima dell’approvazione. Insomma, si poteva condire la notizia anche “in salsa italiana” e con cronache cariche di appeal.
Purtroppo dobbiamo constatare che la Convenzione è stata approvata in modo quanto mai opportuno anche per i giornalisti italiani, perché non discriminino ancor di più le notizie importanti che ci riguardano o non le stravolgano, con linguaggi e immagini inappropriate.
All’articolo 8, infatti, la nuova Convenzione parla della campagna di sensibilizzazione che deve investire anche i mass media. Perché non accada più di essere discriminati sulle televisioni, relegati nel migliore dei casi nel cuore della notte nei cosiddetti programmi “di nicchia”, cui la stessa nicchia non accede più perché a quell’ora dorme, con buona pace di tutti… O addirittura cancellati, sulle televisioni commerciali, perché “disturba”…
Perché non accada più di essere relegati alla cronaca nera (psicolabile che uccide qualcuno, preferibilmente i genitori), qualche volta alle cronache dell’incredibile e dello straordinario (scalatore senza gambe che sale sulla vetta dell’Everest), comunque solo alla cronaca.
Dovremo arrivare a vedere il direttore del «Corriere della Sera», Paolo Mieli, citato in tribunale per aver pubblicato la notizia della rassegna canina di Portogruaro, omettendo di dare spazio alla manifestazione contro la Finanziaria della FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap) in Piazza Montecitorio?…
O di vedere condannato Giuliano Ferrara, direttore del «Foglio», a risarcire il danno d’immagine che produce per aver usato la parola “diversamente abile”, dal momento che essendo tutti diversamente abili – lui per primo – occulta la reale condizione delle persone con disabilità, discriminate dalla società e prive di pari opportunità?…
O di vedere Ezio Mauro, direttore della «Repubblica», condannato a frequentare come volontario il Centro per l’Autonomia di Roma, per aver cancellato le foto di turisti con disabilità dal supplemento del venerdì, perché potrebbero urtare la suscettibilità dei lettori?…
Il vero problema è che forse viviamo ancora in un Paese dove le notizie che fanno parlare il mondo sono lette con la miope lente d’ingrandimento di un giornalismo provinciale e pieno di pregiudizi.
Certo, qualche passo in avanti è stato fatto – ci mancherebbe che fossimo rimasti all’Italia democristiana, caritatevole e paternalistica – ma quasi sempre sulla spinta del nostro movimento o di chi vive in prima persona l’esperienza di disabilità.
E tuttavia non disperiamo, siamo un movimento di liberazione e dobbiamo essere consapevoli, ad esempio, che per superare il razzismo ci sono voluti decenni di lotte e ancora non è stato estirpato: in fondo abbiamo cominciato ad avere una nostra voce, un nostro punto di vista solo da pochi anni, di fronte a secoli di segregazione ed esclusione sociale.
Per la stampa italiana siamo ancora cittadini invisibili. Eppure l’Organizzazione Mondiale della Sanità sottolinea che la disabilità è una condizione del genere umano e che nell’arco di una vita tutti, e sottolineo tutti, perché bambini, perché anziani, perché colpiti da una diminuzione funzionale del corpo e della mente, faranno esperienza della condizione di disabilità. Non sarebbe preferibile prenderne atto e considerare i cittadini che la vivono alla stregua di tutti gli altri? Anzi, non sarebbe ovvio che i giornali e le televisioni sostenessero le nostre battaglie per superare ostacoli e barriere che impediscono la piena partecipazione alla vita della società? Anche se poi guardiamo al target della notizia (termine orribile che descrive i potenziali lettori), scopriamo che oltre ai 5-6 milioni di italiani che vivono con una disabilità (il 10% della popolazione) sarebbero interessati tutti i familiari e amici, gli operatori del settore, i volontari: insomma un target di lettori estremamente appetibile!
Cari Mieli, Mauro, Ferrara, cari direttori di testate giornalistiche televisive e radiofoniche, non sarebbe il caso di risarcirci per l’omessa notizia e di scrivere un bell’articolo, di preparare un bel servizio, ricercando un’intervista sull’evento storico che il 25 agosto ha segnato una tappa importante nella storia della tutela dei diritti umani nel mondo?
Anche se non volete sentire le mie argomentazioni, povero attivista italiano per la tutela dei diritti delle persone con disabilità, non vi sembra che andrebbe ripreso quanto affermato dal presidente dell’Assemblea Generale dell’ONU, Jan Eliasson, davanti alle 140 delegazioni governative e ai quasi mille rappresentanti delle associazioni di persone con disabilità provenienti da tutto il mondo, che la Convenzione approvata «era la prima grande Convenzione internazionale di questo secolo e mandava un importante segnale al mondo di quello che il sistema della Nazioni Unite deve rappresentare nel mondo di oggi»?
E per essere un segnale che viene dalla determinazione dei “più discriminati tra i discriminati”, i “più esclusi tra gli esclusi”, i “più poveri tra i poveri”, c’è da essere almeno incuriositi…
Dal 25 agosto 2006 le persone con disabilità hanno guadagnato un posto di primo piano nella recente storia delle Nazioni Unite e delle battaglie per le tutela dei diritti umani di tutta l’umanità: solo la stampa italiana non se n’è accorta…
Questa è la nostra notizia! Da inserire nella pagina della cultura, dell’attualità, della cronaca politica. Proprio là dove la nostra stampa – grande e piccola – se n’è dimenticata!