E alla fine la prima Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità è stata approvata! Ma quanta fatica, quanta emozione e fiato sospeso fino all’ultimo istante, come del resto avevamo già intuito e reso conto ai lettori di Superando.it, nelle corrispondenze dei giorni scorsi. Addirittura, nelle ultime ore di lavoro, per consentire agli Stati Uniti di votare contro un paragrafo del preambolo, si è cambiata sala di riunione, perdendo ancor più tempo!
La cronaca dell’ultima giornata inizia dopo la sessione del mattino, ove già era sembrato tutto più difficile, anche per gli ulteriori problemi sorti all’ora di pranzo sulla sede del nuovo CHA previsto dalla Convenzione, ovvero del Comitato che dovrebbe seguirne in futuro l’applicazione. I Paesi occidentali avrebbero voluto ubicarlo a Ginevra, sede dell’Ufficio ONU dei Diritti Umani, altri Paesi in cerca di sviluppo invece a New York, a sottolineare il raccordo con il Comitato Economico e Sociale.
L’inizio della seduta pomeridiana è stato quindi ritardato, con un primo colpo di scena alle 15.30: il Bureau (l’organismo di supporto al lavoro del presidente del Comitato Ad Hoc Don Mackay) informava l’assemblea che per consentire di votare su richiesta degli Stati Uniti su un subparagrafo del preambolo, il Comitato stesso veniva convocato nella Sala 3, adatta alla votazione.
Il tempo però era poco e alle 18 gli interpreti avrebbero terminato il proprio lavoro, rendendo quindi impossibile lo svolgimento di una riunione ufficiale. A quel punto un laborioso trasloco – una sorta di “esodo biblico” – ha riempito i corridoi del primo piano del Palazzo di Vetro.
Risolti poi i problemi di ricollocazione delle delegazioni (che dovevano essere allocate in banchi preassegnati, per consentire di votare attraverso le apposite pulsantiere), con tutto il disagio di quelle con consulenti ciechi o con differente mobilità, si è presentato il problema dell’accessibilità al proprio banco di votazione, per i delegati ufficiali in carrozzina, come quello serbo o quella croata che non avevano libero accesso ai banchi assegnati. Già, anche le Nazioni Unite dovranno attrezzarsi per rispettare l’articolo 9 della nuova Convenzione, dedicato proprio all’accessibilità…
Infine, alle 16.40 è ricominciata la seduta plenaria. Mackay ha iniziato a presentare i singoli articoli e progressivamente è apparso chiaro che tutto sarebbe stato più difficile, per il poco tempo a disposizione: una vera e propria corsa contro il tempo, per rispettare il tempo limite delle 18.
La procedura prevede che siano lette le modifiche agli articoli, prima di metterli in votazione e che sia disponibile un testo scritto di essi. Particolarmente frenetico, quindi, il lavoro del Segretariato nel fornire alle 140 delegazioni il testo scritto e in braille. Spesso, poi, da parte di varie delegazioni – quasi sempre le stesse – si chiedevano chiarimenti, riletture del testo, precisazioni, perdendo ancora tempo.
Particolarmente complessa l’approvazione dell’articolo 12 (Pari riconoscimento di fronte alla legge), dove una nota di chiarimento ha suscitato una lunga discussione, dopo un’ulteriore richiesta della Cina.
Erano le 17,40 e mancavano ancora sette articoli, il preambolo e la votazione finale…
La discussione sul preambolo è stata quasi certamente la parte più emozionante di tutti i lavori. Infatti, dopo un dibattito sulle modifiche accettate, si è perso altro tempo sulla richiesta del Venezuela di includere un riferimento ai popoli etnici. Essendo sorta a quel punto una discussione che rischiava di allungare i tempi, MacKay ha deciso di passare ad altri articoli e tra le prime decisioni è stato cancellato dall’articolo 34 il riferimento al luogo dove si riunirà il Comitato, rimandando la decisione all’Assemblea Generale dell’ONU; è stato inoltre accantonato anche l’articolo 2 (Definizioni), dove la richiesta di chiarimenti ha avviato un’altra negoziazione in sala.
Si è passati quindi alla discussione dell’articolo 17, sulla Protezione dell’integrità della persona (ridotto praticamente al primo comma) e alla sua successiva approvazione, dapprima con una dichiarazione di non accettazione, poi con molte osservazioni critiche da parte della Finlandia, a nome dell’Unione Europea, che si è riservata la possibilità di introdurre una nota o un documento di chiarimento sull’istituzionalizzazione e il trattamento medico obbligatorio, anche per volere dell’IDC (International Disability Caucus) che a causa di una richiesta della Cina, ha visto ridotto l’impatto di tale articolo almeno nella metà del mondo.
In questo senso il disappunto dell’IDC è stato chiaramente e ufficialmente manifestato dal suo presidente Tina Minkowitz.
Dopo un’ulteriore interruzione, alle 18.15 sembrava proprio che il tempo fosse scaduto, quando – altro colpo di scena – si è diffusa la notizia che MacKay aveva chiesto e ottenuto, con procedura straordinaria applicata in rarissimi casi eccezionali all’ONU, di prolungare la seduta del Comitato fino alle 19.30.
Si è potuto così passare all’approvazione dell’articolo 11 (Situazioni di rischio) e alla richiesta della votazione sul preambolo da parte degli Stati Uniti e di Israele.
Un’altra interruzione e poi la rapida approvazione degli articoli 23 (Rispetto per la casa e la famiglia) e 25 (Salute). Ormai mancavano solo l’articolo 1 (Scopo), il 2 (Definizioni) e il preambolo.
Erano le 18.50 e si è passati alla votazione, che ha richiesto dieci minuti per approntare la strumentazione tecnica utile a far votare i delegati. Si è aperta una tenda ed è apparso un tabellone con il nome di tutti gli Stati Membri dell’ONU, con a fianco dei led verdi (voto favorevole), gialli (astensione) e rossi (voto contrario).
Al momento della votazione di quella parte del preambolo voluta dai Paesi Arabi la quale prevedeva, in caso di conflitti, una tutela delle persone con disabilità in situazione di rischio anche nei territori occupati – con chiaro riferimento all’attuale situazione del Libano – si sono accese progressivamente le lucine dei tre colori, come in una sorta di grande “battaglia navale”!
Il subparagrafo in questione veniva così adottato con 105 voti a favore, 8 astenuti e i voti contrari di Israele, Stati Uniti, Canada, Australia e Giappone.
Erano le 19.15 e alcune delegazioni hanno chiesto di poter fare una dichiarazione sul proprio voto, a partire dagli Stati Uniti, seguiti da Israele, Libia e Sudan, quest’ultimo Paese con tempi letteralmente interminabili. Tutta la sala era sui carboni ardenti e misurava con apprensione i minuti, quasi i secondi che passavano.
A quel punto il presidente MacKay, sulla base di un ulteriore accordo dell’ultimo minuto, aggiungeva un nuovo paragrafo all’articolo 25 (Salute), sulla discriminazione in caso di mancata somministrazione di fluidi e cibo (ricordate il caso di Terry Schiavo?), che veniva approvato.
Alle 19.26 si è passati alla relazione di accompagnamento da presentare all’Assemblea Generale dell’ONU per raccomandare l’approvazione del testo: fino a quel momento non avevamo mai visto dei report tanto sintetici e stringati, di pochissime righe, presentati da MacKay…
Sempre molto tese le facce dei delegati e dei vari rappresentanti delle organizzazioni di persone con disabilità, con un progressivo senso di sgomento per il tempo che passava e la possibilità – sempre più vicina – di dover interrompere la seduta per mancanza delle traduzioni ufficiali.
Alle 19.40, però, di gran carriera, MacKay ha annunciato l’accordo sull’introduzione di un riferimento ai popoli etnici nel preambolo – come chiesto dal Venezuela – ciò che è stato rapidamente approvato.
E si è così arrivati, alla fine, all’articolo 2 sulla Definizione di disabilità: il facilitatore della Giordania ha illustrato i risultati del lunghissimo e controverso negoziato sulla questione.
Il testo è diventato alla fine un comma 2 dell’articolo 1, sugli Scopi della Convenzione. Esso recita: «Le persone con disabilità sono coloro che hanno una minorazione di lungo periodo fisica, mentale, intellettiva e sensoriale che in interazione con varie barriere impedisce il pieno godimento dei diritti e delle libertà fondamentali sulla base di eguaglianza con gli altri».
La Cina, da sempre contraria ad una definizione ampia – in tal caso, infatti, i beneficiari di essa in quel Paese potrebbero passare da 60 fino a 120 milioni di persone – faceva il suo ultimo, disperato tentativo di prolungare la discussione, proponendo un ulteriore insignificante emendamento, subito respinto.
Erano le 19.50 e i traduttori, in barba ad ogni regola dell’ONU, continuavano a garantire il proprio lavoro nelle sei lingue ufficiali delle Nazioni Unite.
Alle 19.58 MacKay ha quindi posto in votazione l’articolo 1, chiedendo se vi fossero obiezioni. Quando ha battuto il suo martelletto di presidente, annunciando «so it’s decided» («è approvato»), la sala è esplosa in un lunghissimo, emozionante, applauso.
La tensione era davvero salita al massimo, come in un film in cui la suspence resta sospesa fino all’ultimo minuto e le delegazioni governative, assieme ai rappresentanti della società civile, avevano assolutamente bisogno di esprimere tutta la loro gioia.
Dopo cinque anni di discussione e negoziazione, otto sessioni del Comitato Ad Hoc, migliaia di ore di assemblea, incontri informali, trattative ufficiali, ufficiose e “ultraufficiose”, la Convenzione per i Diritti delle Persone con Disabilità è stata approvata!!!
Il presidente dell’Assemblea Generale, Jan Eliasson, a sorpresa ha voluto intervenire alla chiusura dei lavori, davanti alle 140 delegazioni governative e ai quasi mille rappresentanti delle associazioni di persone con disabilità.
Egli ha sottolineato come quella appena finalizzata fosse «la prima grande convenzione internazionale di questo secolo, che manda un importante segnale al mondo, rispetto a quanto il sistema della Nazioni Unite deve rappresentare oggi. E per essere un segnale che viene dalla determinazione dei più discriminati tra i discriminati, dei più esclusi tra gli esclusi, dei più poveri tra i poveri, c’è da essere orgogliosi».
«Dal 26 agosto 2006 – ha concluso Eliasson, con concetto pienamente condiviso da chi scrive – le persone con disabilità hanno guadagnato un posto di primo piano nella recente storia delle Nazioni Unite e delle battaglie per la tutela dei diritti umani di tutta l’umanita».
*Advisor (consigliere) della Delegazione Ufficiale del Governo Italiano, in qualità di rappresentante del CND (Consiglio Nazionale sulla Disabilità).