C’è un incolmabile solco che continua a dividere il mondo della politica dai bisogni reali delle persone con disabilità, specialmente di quelle più gravi.
Certo, negli ultimi dieci anni vi è stato un marcato aumento di interesse collettivo verso le problematiche dell’handicap, ma i risultati pratici prodotti dal lavoro politico sono stati, a nostro avviso, quasi impalpabili.
Infatti, al di là del colore politico delle coalizioni al governo dello Stato e delle Regioni, veramente scarsa è stata l’incidenza positiva di tale lavoro sulla vita quotidiana delle nostre “famiglie con disabilità”; solo in alcune grandi città particolarmente “sotto gli occhi di tutti” è stato fatto qualcosa per qualcuno: qualche buon centro diurno, qualche valida assistenza domiciliare, qualche buon esempio di possibile partecipazione più civile delle persone con disabilità alla società reale.
Per contro, ogni volta che il mondo della disabilità propone provvedimenti nati dall’esperienza diretta dei propri problemi, c’è sempre più di un personaggio pubblico che si impadronisce dell’idea e la trasforma, o almeno prova a farlo, in un veicolo adatto a far progredire celermente la propria carriera.
Naturalmente ci sono, al solito, le buone eccezioni, le persone che anche in politica usano la testa e il cuore e non solo il regolo calcolatore (termine obsoleto, come rischiano di diventare le nostre stesse esistenze…) della propria progressione nella gerarchia del potere, ma sono drammaticamente poche.
Volete qualche esempio di iniziativa nata bene, ma cresciuta male e che in pratica nulla ha prodotto? La legislazione sulla non-autosufficienza e la proposta di prepensionamento dei genitori di disabili gravi.
Le Regioni che hanno legiferato sulla non-autosufficienza non hanno saputo o voluto separare le esigenze dei disabili gravi da quelle degli anziani, con il risultato di emanare provvedimenti che riguardano milioni di persone, scarsamente finanziati in relazione al numero dei beneficiandi e con strette limitazioni di reddito per l’accesso (illegittime nel caso dei disabili gravi).
Riguardo poi alle proposte per il prepensionamento dei genitori dei disabili gravi, dopo i primi entusiasmi esse sembrano procedere con ritmi “tranquillissimi” e forse senza colpa di nessuno in particolare: semplicemente non è stata colta la drammatica urgenza di chi da dieci, venti, trent’anni conduce un’esistenza massacrante, fa risparmiare un sacco di soldi allo Stato e fornisce un esempio emblematico del reale valore della famiglia.
E a proposito di famiglia, a cosa ha portato o porterà a noi il gran parlarne degli ultimi mesi? Praticamente nulla, anche in prospettiva.
E dell’ormai mitico “tesoretto” quanto verrà dedicato espressamente ed esclusivamente alle nostre finanze “con disabilità”?
Potrebbe forse giovare, almeno alla chiarezza del dibattito, ricordare che i solchi si colmano con il badile ed il sudore, non con le parole e le proposte di legge, eternamente proposte e quasi mai leggi, mai leggi che producano risultati concreti davvero esigibili per i loro destinatari.
Quanto sarebbe bello dover riconoscere di aver sbagliato giudizio sulla politica italiana!
*ABC Liguria (Associazione Adulti e Bambini Cerebrolesi) e Associazione DopoDomani ONLUS.
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