Grazie Louis Braille, da parte di tutte le persone con disabilità visiva

Oggi, 21 febbraio, è la XVI Giornata Nazionale del Braille, evento istituito nel nostro Paese dalla Legge 126/07, in ricordo del geniale sistema di letto-scrittura inventato quasi due secoli fa da Louis Braille. «Dalla definizione del metodo Braille - scrivono dall’UICI -, milioni di ciechi nel mondo hanno potuto studiare, lavorare, informarsi. Dal profondo del nostro cuore, noi, i ciechi, tutti i disabili della vista, diciamo “Grazie” a Louis Braille e al suo sistema di scrittura e lettura che ha aperto la via del nostro riscatto umano, civile e sociale»
Busto di Louis Braille a Coupvray
Il busto di Louis Braille nella sua casa natale di Coupvray, non lontano da Parigi. Oggi quell’edificio è il Museo Louis Braille, affidato alle cure della WBU, l’Unione Mondiale dei Ciechi

Oggi, 21 febbraio, è la XVI Giornata Nazionale del Braille, evento istituito nel nostro Paese dalla Legge 126/07 come «momento di sensibilizzazione dell’opinione pubblica nei confronti delle persone non vedenti», in ricordo del geniale sistema inventato nell’Ottocento da Louis Braille. La data del 21 febbraio, va detto, venne scelta in quanto coincidente con la Giornata Mondiale della Difesa dell’Identità Linguistica promossa dall’Unesco.

Francese di Coupvray, località non lontana da Parigi, Louis Braille vi nacque il 4 gennaio 1809. Il padre era un modesto artigiano che viveva fabbricando finimenti per cavalli.
A 3 anni, giocando nel laboratorio paterno, il bimbo si ferì gravemente ad un occhio con una lesina e nonostante le premurose cure dei genitori, la conseguente infezione si estese rapidamente anche all’altro occhio, portandolo nel giro di un anno alla cecità assoluta.
A 10 anni, Louis fu accolto nell’Istituto Reale per i Giovani Ciechi di Parigi (INJA – Institut National des Jeunes Aveugles), fondato nel 1784 da Valentin Haüy. Lì manifestò molto presto le sue straordinarie qualità, suscitando lo stupore degli insegnanti, soprattutto per la capacità di concentrazione.
In quel momento si guardava con estrema attenzione all’invenzione di Charles Barbier de La Serre, ex ufficiale di artiglieria, che aveva ideato un sistema detto di “scrittura notturna”, costituito da punti in rilievo i quali, a suo dire, avrebbero consentito ai militari di leggere al buio, per non essere individuati dai nemici. Barbier pensò quindi di far testare la sua invenzione proprio agli allievi dell’Istituto per i Ciechi di Parigi. Quel sistema, però, risultava piuttosto complesso e poco pratico, perché fondato su due colonne parallele di sei puntini ciascuna. E tuttavia, l’esperimento fu accolto con entusiasmo dai giovani allievi, alcuni dei quali – tra cui Braille – iniziarono una corrispondenza con Barbier, utilizzando il suo laborioso metodo.

Rispetto ai numerosi tentativi precedenti per far leggere i ciechi, Barbier aveva introdotto una novità molto significativa per chi avrebbe dovuto leggere con le dita: aveva cioè sostituito i punti in rilievo al tratto continuo (ovviamente in rilievo), utilizzati da Valentin Haüy per stampare i primi volumi per i suoi alunni. A quel punto la speranza di poter trovare un modo per scrivere adatto ai ciechi e un’innata attitudine per la ricerca metodica condussero Braille, pur ancora adolescente, ad intuire il valore che avrebbe potuto assumere, per sé e per i suoi compagni, la disponibilità di un sistema di scrittura semplice e razionale.
Egli, dunque, riconobbe certamente il suo debito verso Barbier de La Serre, ma è esclusivamente a lui che va il merito di essere riuscito ad ottenere risultati definitivi, dopo alcuni anni di studio tenace e sistematico sulla posizione convenzionale di punti impressi su cartoncino. Era il 1825, Braille aveva 16 anni e il suo sistema poteva dirsi virtualmente compiuto.
Nel 1829 pubblicò l’opera Procedimento per scrivere le parole, la musica e il canto corale per mezzo di punti in rilievo ad uso dei ciechi ed ideato per loro, con la quale fece conoscere la scrittura da lui inventata, che è quella ancora oggi utilizzata dai ciechi di tutto il mondo (compresi i dialetti africani, la lingua araba e persino quella cinese).
Braille morì il 6 gennaio 1852 a soli 43 anni.

Sono passati quasi due secoli, ma «il metodo Braille – come ha scritto sulle nostre pagine Stefania Delendati, in un ampio approfondimento che suggeriamo senz’altro di consultare -, si è rivelato essere un’invenzione resiliente come poche altre. Ha attraversato infatti quasi duecento anni, modificandosi per seguire le mutate esigenze delle persone che ne usufruiscono e senza mai trovare validi sostituti. Si provò infatti ad aumentare il numero dei punti, a diminuire la dimensione dei caratteri, ma invano: l’originale alfabeto tattile del XIX secolo è rimasto il più pratico da utilizzare e si è dimostrato molto duttile. Man mano infatti che la tecnologia ha progredito, è stato impresso sulla carta con macchine da scrivere speciali, è uscito dalle stampanti, si è integrato in tastiere virtuali come mezzo di scrittura touch screen, è l’anima dei moderni screen-reader che leggono lo schermo del PC in tempo reale, filtrando i contenuti e restituendo all’utente le informazioni secondo una certa logica».

Tradizionalmente, nella giornata di oggi, 21 febbraio, l’UICI (Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti) propone una serie di iniziative, tra le quali segnaliamo ad esempio l’incontro Un tributo al Codice Braille: strumento attuale di conoscenza e integrazione, svoltosi presso la Sala Consiliare del Comune di Ferrara.
Qui ci piace concludere con le parole rintracciate nella pagina Facebook della Presidenza Nazionale UICI, ove si legge che «dalla definizione del metodo Braille, milioni di ciechi nel mondo hanno potuto studiare, lavorare, informarsi. Dal profondo del nostro cuore, noi, i ciechi, tutti i disabili della vista, diciamo “Grazie” a Louis Braille e al suo sistema di scrittura e lettura che ha aperto la via del nostro riscatto umano, civile e sociale». (S.B.)

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