«Pagare il giusto»: nessun sindaco potrà più dire che non sapeva

di Gaetano De Luca*
La realtà ormai è evidente: la maggior parte dei Regolamenti Comunali riguardanti la contribuzione al costo dei servizi sociali e sociosanitari, da parte delle persone con disabilità e delle loro famiglie, sono illegittimi, in quanto in contrasto con molte norme e princìpi giuridici, oltre che con una serie ormai ampia di Sentenze e altri pronunciamenti. Continuare a sostenerne dunque la legittimità, chiedendo contributi alle famiglie, significa costringere i cittadini a fare causa e ciò porta l'Ente Locale a sostenere spese legali con soldi pubblici

Bilancia della GiustiziaAncora una volta, dunque, i familiari delle persone con disabilità sono stati costretti a ricorrere alle vie giudiziarie per poter difendersi dalle illegittime richieste fatte dagli Enti Locali nei loro confronti. Ci si riferisce a due Ordinanze del Tribunale Amministrativo Regionale (TAR) della Lombardia (Sede di Milano, n. 581 e 582 dell’8 maggio 2009) e a una Sentenza del Tribunale di Pavia (n. 377 del 20 marzo 2009).

Con le prime due decisioni, il TAR di Milano ha ribadito l’immediata applicabilità della regola stabilita dall’articolo 3, comma 2 ter del Decreto Legislativo 109/98, secondo cui – per quantificare la compartecipazione a un servizio sociale o socio-sanitario usufruito da una persona con grave disabilità – occorre tenere conto della sola situazione economica (ISEE) del singolo beneficiario e non già di quella del suo nucleo familiare.
Con il terzo provvedimento, invece, il Tribunale di Pavia ha sancito ancora una volta il principio secondo cui gli Enti Locali possono chiedere il contributo solo al beneficiario del servizio stesso e non ai suoi parenti.

Quest’ultima decisione è interessante perché entra nel merito di una prassi purtroppo molto diffusa che ritiene debitore del servizio non la persona con disabilità che ne usufruisce, ma i suoi parenti. Si tratta di una prassi – come evidenziato dallo stesso Tribunale di Pavia – non solo assolutamente in contrasto con una chiara norma di legge (l’articolo 2, comma 6 del citato Decreto Legislativo 109/98), ma che viola anche la dignità e l’autonoma soggettività giuridica della persona con disabilità.
Il Giudice ha infatti evidenziato come la persona con disabilità – anche se incapace di agire (non essendo in grado di intendere e di volere) e quindi interdetta – debba essere comunque sempre considerata un soggetto di diritto differente dal padre-tutore o dagli altri parenti. In virtù della sua distinta soggettività giuridica, quindi, anche una persona con grave disabilità dev’essere considerata titolare di un patrimonio autonomo, con il quale rispondere dei propri debiti.
Questa considerazione, per altro, viene ripresa dalla recente Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità la quale, dopo aver riconosciuto nel suo Preambolo (lettera n) «l’importanza per le persone con disabilità della loro autonomia ed indipendenza individuale», sancisce espressamente (articolo 12) che «le persone con disabilità hanno il diritto al riconoscimento in ogni luogo della loro personalità giuridica» e «godono della capacità giuridica su base di uguaglianza con altri in tutti gli aspetti della vita».

Nel caso deciso dal Tribunale di Pavia, l’Ente Locale pretendeva che la retta per la frequenza di un Centro Diurno fosse pagata dal genitore-tutore. Il Giudice ha invece stabilito come il padre-tutore non sia tenuto a rispondere dei debiti altrui.
Tale valutazione dovrebbe essere ovvia da un punto di vista giuridico, in quanto espressiva di un principio di diritto generale e invece sono ancora molti i Regolamenti Comunali che prevedono la possibilità di chiedere il pagamento delle rette ai parenti.
Questa prassi, per altro, oltre che a porsi in contrasto con la specifica normativa italiana in tema di ISEE, costituisce una chiara discriminazione diretta, in quanto le persone con disabilità e i loro familiari vengono trattati differentemente proprio in virtù della condizione di disabilità. Il fatto poi che i servizi a favore delle persone con disabilità possano avere un costo elevato non può assolutamente consentire alle Amministrazioni Locali di applicare un sistema di contribuzione contrario ai princìpi generali consolidati della nostra civiltà giuridica.
Occorre infatti sempre tenere ben presente come l’intero sistema dei servizi sociali risponda a un compito costituzionale ben preciso: quello della rimozione degli ostacoli di ordine economico e sociale che di fatto impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione alla vita socio-economica del paese. E la nostra Costituzione affida tale compito al servizio pubblico e non alla famiglia della persona con disabilità. La richiesta di contributi ai familiari costituisce invece una chiara violazione di questo compito pubblico.

A conclusione di questo breve commento, vorrei infine richiamare l’attenzione di funzionari e responsabili degli Enti Locali all’ormai sempre più probabile coinvolgimento della Corte dei Conti. Risulta infatti sempre più insostenibile affermare che la materia sia poco conosciuta o che esistano orientamenti giurisprudenziali contrastanti e non uniformi. La realtà ormai è evidente: la maggior parte dei Regolamenti Comunali sono illegittimi, in quanto in contrasto con molte norme e princìpi giuridici. Continuare a sostenerne la legittimità, chiedendo contributi alle famiglie, senza provvedere a delle radicali modifiche, significa costringere i cittadini a fare causa e ciò porta l’Ente Locale a sostenere spese legali con soldi pubblici.

In breve queste sono le regole oramai pienamente richiamate dalla nostra giurisprudenza:
1. spetta al Servizio Sanitario Nazionale e al sistema dell’assistenza sociale, e non ai parenti, farsi carico dei bisogni socio-sanitari delle persone con disabilità; è ribadito così il cosiddetto principio della presa in carico pubblica degli interventi verso la persona con grave disabilità;
2. l’Ente Locale deve rendere comprensibili i criteri con cui determina la compartecipazione al costo del servizio. Tali criteri devono essere conformi alla normativa nazionale ISEE (Decreto Legislativo 109/98, come modificato dal Decreto Legislativo 130/00), che prevede tra l’altro il principio del riferimento alla situazione economica del singolo utente, laddove sia in situazione di gravità;
3. gli Enti gestori e quelli Locali non possono chiedere contributi direttamente ai familiari degli utenti. Obbligato al pagamento del contributo può essere considerato solo il beneficiario del servizio. Il riferimento ai cosiddetti “soggetti civilmente obbligati”, utilizzato da molti Enti Locali, non ha alcun fondamento giuridico;
4. l’Ente Locale, nel valutare la situazione economica dell’utente, non può prendere in considerazione le provvidenze economiche assistenziali (indennità di accompagnamento, indennità di frequenza, assegno di assistenza, pensione d’inabilità);
5. i Comuni debbono coinvolgere le Associazioni delle persone con disabilità prima di assumere le decisioni che li riguardano per mettersi nelle condizioni di sviluppare politiche condivise ed efficaci.

Le decisioni della Magistratura, pertanto, sono oramai talmente numerose che qualsiasi sindaco o responsabile non potrà più affermare “non lo sapevo!”.

*Avvocato, Servizio Legale LEDHA (Lega per i Diritti delle Persone con Disabilità). Testo pubblicato nel sito della LEDHA, con il titolo Pagare il Giusto: lo stato dell’arte e qui ripreso per gentile concessione.
 

 

Sulle questioni riguardanti la contribuzione al costo dei servizi sociali e sociosanitari, suggeriamo la lettura – sempre all’interno del nostro sito – dei seguenti testi, pubblicati nel corso di questi anni:

– Servizi socio-assistenziali e costi per gli utenti, disponibile cliccando qui
– Compartecipazione alle spese: una sentenza che fa scuola, disponibile cliccando qui
– Compartecipazione alle spese e tutela dei diritti, disponibile cliccando qui
– Anche in Toscana conta solo il reddito dell’assistito, disponibile cliccando qui
– Anche per il TAR delle Marche conta solo il reddito dell’assistito, disponibile cliccando qui
– Il diritto di «pagare il giusto», disponibile cliccando qui
– «Pagare il giusto»: la Convenzione comincia a fare scuola, disponibile cliccando qui
– Provvedimento d’urgenza per poter «pagare il giusto», disponibile cliccando qui
– Anche secondo il Consiglio di Stato bisogna «pagare il giusto», disponibile cliccando qui
– La FISH chiede alle Regioni che si «paghi il giusto», disponibile cliccando qui
– No a questa «tassa sulla disabilità»!, disponibile cliccando qui
– «Pagare il giusto»: la campagna entra nel vivo, disponibile cliccando qui
– «Pagare il giusto»: quali costi per gli utenti della Valdera?, disponibile cliccando qui
– «Pagare il giusto»: il percorso continua, disponibile cliccando qui
– Quello della partecipazione alle spese è un argomento assai complesso, disponibile cliccando qui.
– Servizi alle persone dal costo equo e trasparente, disponibile cliccando qui.
– Il TAR di Brescia guarda alla Costituzione, disponibile cliccando qui.
– Provvedimento d’urgenza per poter «pagare il giusto», disponibile cliccando qui.

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