Ricordate le mamme di Rabat, quelle donne splendide che avevo incontrato in Marocco nel novembre del 2005 e che avevo fatto conoscere attraverso le pagine di Superando.it?
Le avevo lasciate con la promessa di non dimenticarle. Loro mi avevano lasciato con la promessa di impegnarsi in quell’avventura chiamata partecipazione.
Sono state bravissime e con l’aiuto delle cooperanti Elena e Alessandra, hanno raggiunto il primo obiettivo che si erano poste: la fondazione di un’Associazione per proseguire in autonomia il progetto. Certo, sono stati mesi molto impegnativi, durante i quali si sono susseguite riunioni, discussioni, telefonate e messaggi e-mail. Alla fine, però, l’Associazione Casa Lahnina si è avviata.
Sostenute da Elena e Alessandra, queste donne hanno lavorato duramente: chi si è informata per lo statuto, chi per le prassi burocratiche, chi ha preso l’impegno di stendere il piano operativo, chi ha iniziato a progettare l’autonomia economica dell’Associazione, chi ad elaborare il logo.
Nessun ostacolo le ha fermate, nemmeno la “voce grossa” di un fratello che spaventato da tutta questa improvvisa “autonomia femminile”, le aveva redarguite rudemente e siccome era un poliziotto le aveva anche minacciate dicendo: «Non è legale, andrete tutte in prigione!».
Passato lo spavento (in fondo erano donne e lui un uomo e perfino poliziotto), sono diventate ancora più determinate e cocciute e intorno ad aprile l’Associazione è stata ufficialmente registrata.
E cosa c’è di più bello, per celebrare un grande evento, di una festa? Magari in un posto bellissimo come la Foresta di Mamoura fuori Rabat?
Così sono passate casa per casa per convincere le altre mamme a partecipare, a lasciare per un giorno le proprie faccende e la cura della famiglia, per un momento di riposo e di festa con i loro figli disabili.
Già, ma com’è possibile spostare duecento persone (tante hanno risposto all’appello), senza mezzi, con poco denaro e tanta voglia di festeggiare? Semplice, basta chiedere! E allora hanno interpellato la Croce Rossa, il Comune di Rabat, gli scout e perfino i pompieri e tutti hanno risposto con entusiasmo. La città di Rabat ha messo a disposizione quattro bus per il trasporto, gli scout hanno preparato le attività di animazione e tutti gli altri hanno messo a disposizione i volontari.
Com’è andata? Benissimo, basta guardare la foto a fianco. Già dalle sette di mattina le famiglie (per ovvi motivi organizzativi ha partecipato il bambino che beneficia del progetto e un familiare, di solito la mamma) erano pronte fuori dalle mura di Rabat al luogo di partenza.
Riempiti fino all’inverosimile i quattro bus, tutti sono partiti per la Foresta, dove fino a sera si è giocato, cantato, ballato (sì, le mamme hanno fatto anche “il trenino”) e mangiato tutte le delizie che erano state preparate.
Tutti ridevano e piangevano dalla gioia per una giornata finalmente e solamente allegra, all’insegna del puro divertimento.
Anch’io mi sono commossa, nelle foto ho rivisto i volti che avevo incontrato. Volti seri e induriti dalla sofferenza, finalmente illuminati da un sorriso.
Una festa non ha cambiato la loro condizione personale e familiare, ma certamente ha permesso di scoprire il gusto dello stare insieme.
I loro figli, poi, si sono divertiti come mai avevano provato; nessuno ha detto loro «no, tu no, vai via, che non sei capace di giocare!», ma addirittura c’erano persone venute apposta per giocare con loro.
È vero, insieme è meglio: stare insieme è sicuramente una buona soluzione, ma stare insieme davanti al mondo, partecipando alla vita sociale e civile, diventando contrattuali, può fare arrivare il giorno in cui si modificano i modi di sentire.
*Presidente del CND (Consiglio Nazionale sulla Disabilità).
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