È una questione di diritti e di cultura, non certo di privilegi

di Maddalena Botta
«Nove mattine su dieci - scrive Maddalena Botta - quando i genitori o i parenti mi accompagnano al lavoro, sono costretta a lasciare il furgone con rampa in mezzo alla strada e a bloccare il traffico per il tempo necessario al mio spostamento». Il motivo? Semplicemente che il parcheggio riservato alle persone con disabili è occupato da chi non ne avrebbe il diritto e che a volte, se richiamato al rispetto delle regole, reagisce addirittura offendendo. Certo, la questione è soprattutto culturale ed è difficile far ragionare chi pensa che quei parcheggi siano "un privilegio" e non un diritto, specie in epoche come questa dove le furiose campagne sui "falsi invalidi" non aiutano certo a migliorare l'immagine di quelli veri. Eppure, molte cose si potrebbero ugualmente fare, anche in tempi rapidi, per cercare di risolvere il problema...

Mi spinge a scrivere un episodio alquanto spiacevole, capitatomi a Brescia, città dove lavoro presso la Banca d’Italia. Stavo uscendo per un caffè, verso le 11, muovendomi come al solito con la mia sedia a motore, dato che è da quattordici anni (metà della mia vita) che sono su una sedia a rotelle. Di fronte alla sede della Banca d’Italia c’è un posteggio riservato ai disabili, che solo rarissimamente è libero. Quasi tutte le mattine, infatti, vi sono parcheggiati improbabili pick up o auto sportive, il più delle volte senza contrassegno. Spesso i conducenti sono nei paraggi e, colti in flagrante, si inventano scuse del tipo «dovevo consegnare una cosa urgente nel negozio qua accanto» (dall’ottico?…). Altre volte, più rare, il contrassegno, su queste auto scomodissime e assai poco adatte a disabili veri, è esposto, e allora non si può dire niente, anche se sorge il forte sospetto che il simbolo appartenga a una nonna – viva o morta – o anche a un disabile che però nel frangente non è nell’auto in questione…
Insomma, nove mattine su dieci, quando genitori o parenti mi accompagnano al lavoro, sono costretta a lasciare il furgone con rampa in mezzo alla strada e a bloccare il traffico per il tempo necessario al mio spostamento.

Ebbene, anche questa volta mi accorgo che il posto disabili è occupato e che l’auto non ha alcun contrassegno. A volte, oltre all'inciviltà dell'automobilista, il problema è dato anche dall'inettitudine degli Amministratori Pubblici che in un parcheggio per disabili collocano un cassonetto per i rifiuti...Dal momento che il conducente è al volante, mi accosto e gentilmente faccio presente al signore che non può sostare lì, che deve spostarsi. Per tutta risposta il tizio ribatte, alquanto alterato, «devi parcheggiare?». Rispondo di no, ma che ciò non gli dà comunque il diritto di rimanere dov’è, perché altre persone disabili potrebbero arrivare e avere bisogno del posteggio. Anche perché – com’è noto – quando si è disabili non lo si è part time, o “su richiesta”…
A questa mia precisazione – assolutamente lecita e ribadisco sempre con toni moderati di voce e di atteggiamento – il conducente alza la voce e mi aggredisce verbalmente con un «non rompere le palle!». Rimango letteralmente sconvolta e incredula. Per fortuna è con me un Maresciallo dei Carabinieri, di stanza alla Banca d’Italia, perché i Carabinieri mi accompagnano sempre ad attraversare la strada o ad aprire le pesanti porte in filiale: a loro va il mio sentito grazie!
Ma tornando al racconto del fatto, l’ufficiale, che sente tutto, prende subito le mie difese. Il conducente viene fermato, viene steso un verbale e potrei persino decidere di denunciarlo per avermi offesa. Tuttavia, dato che il mio scopo è “fare del bene” e non del male, decido di non procedere legalmente. Anzi, riusciamo persino a stringerci la mano, in segno di riconciliazione. Gli spiego che capisco, o quanto meno posso cercare di comprendere – pur naturalmente non condividendo – la sua situazione. Può essere che egli abbia avuto una cattiva giornata, che sia arrabbiato per altri motivi o troppo irascibile di suo… Ad ogni modo, ciò non lo autorizza certo a sfogarsi su di me, né a ledere un diritto di tutte le persone disabili.

Probabilmente, anzi certamente, se quel signore non mi avesse risposto male, non sarebbe successo nulla e lui si sarebbe davvero spostato se fosse sopraggiunta una persona disabile in auto. Ma il punto non è questo. Il punto è che in Italia le strisce gialle dei parcheggi riservati sono viste come una sorta di optional e il posteggio riservato ai disabili vissuto come “un ingiustificato privilegio”. Bene, a chi la pensa così mi sento di dire alcune cose…
In primis, che è una questione culturale. La mia amica svedese Ingeborg, quando le raccontavo dei “parcheggi abusivi” in Italia, mi guardava incredula e mi diceva che in Svezia nessuno mai si sognerebbe nemmeno di farlo. Là, come negli Stati Uniti o in Inghilterra, è assodato che si tratta di una questione di pari opportunità, non di privilegi: noi disabili abbiamo delle difficoltà in più e per livellarle, è necessario adottare trattamenti differenziati. È quella che si chiama “discriminazione positiva”, come per le quote rosa di cui si è tanto discusso anche nel nostro Paese o come negli States, dove certi posti all’università sono riservati ai neri americani, mnon per avvantaggiarli, ma per “colmare lo svantaggio a priori” che loro hanno rispetto ai bianchi: meno soldi, famiglie meno agiate, meno opportunità di educazione ecc.
Altrove, poi – e cito ancora Stati Uniti e Inghilterra – i parcheggi per disabili sono veri e degni di questo nome, avendo intorno uno spazio reale di manovra, mentre da noi spesso si risica lo spazio e alla fine il posteggio è più piccolo di quelli normali.

Secondo punto, invito i lettori di Superando a riflettere su una campagna che ha fatto furore in Facebook e che è stata adottata anche in alcune città, modificando la segnaletica dei posti per disabili. I nuovi cartelli – oltre ai simboli standard di parcheggio e di disabile – recitano la dicitura: Vuoi il mio posto? Prendi anche il mio handicap! [i gruppi avviati in Facebook su tale questione erano due. Se ne legga, nel nostro sito, cliccando qui, N.d.R.]. Efficace, direi. Sfido chiunque di voi a provare a vivere anche solo un mese su di una sedia a rotelle, e a districarvi nella giungla di barriere architettoniche e sociali. Poi ne riparliamo…

Terzo punto: si dice spesso, in questo periodo, che la chiave per uscire dalla crisi sia la creatività. Bene, eccone un esempio: ai posteggi interrati del centro commerciale capitolino Le Porte di Roma, nei posti riservati ai disabili un sensore rileva l’auto parcheggiata e ammonisce il guidatore, invitandolo a esporre il contrassegno. Quanto meno quella persona verrà solleticata nella sua coscienza, nel suo senso morale.
E ancora, si vocifera che presto nel Comune di Brescia verranno introdotti nuovi contrassegni con microchip, per cui se un’auto abusiva parcheggia, sarà possibile fare scattar subito un sistema di sanzione. Ma perché diamine non ci si è pensato prima? E perché non lo si fa a livello nazionale, in modo da evitarmi di dover mandare fax su fax agli Uffici Mobilità di ogni città che visito, per poter entrare nelle ZTL [Zone a Traffico Limitato, N.d.R.] con il permesso del mio Comune?

Insomma, c’è da fare, e da rimboccarsi le maniche. Spero che questo mio testo, così come la tachicardia provata nel sentirmi insultata da quella persona, servano non solo a quest’ultima, ma anche a tanti altri sprovveduti o incivili, nel senso latino del termine, di “non avvezzi alla Civitas, al senso civico di responsabilità e buona condotta”. Chissà che non capiscano che è una questione di diritti e non di privilegi. E che si tengano alla larga dalle strisce gialle…

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