Ministro Turco, il suo Dicastero ha costituito nei mesi scorsi la Commissione Salute e Disabilità. Quali sono le aspettative e il supporto che si attende da questo organismo?
«Considero tutte le Commissioni, compresa questa, strumenti di lavoro. Il governo allargato di un bene comune come la sanità necessita di competenze e le Commissioni rappresentano una modalità per riunire quella che abbiamo definito la comunità delle competenze e consentire ad essa di intervenire efficacemente. Chi mi conosce sa che le mie aspettative sono elevate. Mi aspetto suggerimenti e proposte per dare un contributo concreto alla soluzione dei problemi che abbiamo di fronte. Disabilità, assistenza per le cronicità, tutela della non autosufficienza, attenzione per la qualità della vita individuano aree di bisogni crescenti e un complesso di questioni che, quotidianamente, sono di fronte alle famiglie, con impegni ed oneri assistenziali ed economici spesso assai gravosi».
Registriamo con piacere che lei sta attivando numerose procedure, supportate da un’adeguata normativa, volte alla semplificazione degli atti amministrativi in sanità e per un rapporto più agevole e maturo con i cittadini. E tuttavia, nell’ambito della disabilità, esistono ancora significativi momenti di “complicazione”, soprattutto per quanto riguarda l’accesso ai servizi e alle prestazioni riservate alle persone con disabilità. Quali linee d’azione pensa di adottare per questi cittadini?
«In sanità, come sempre nelle politiche pubbliche, è difficile trattare i problemi per compartimenti stagni. Ciò di cui stiamo parlando è legato alla necessità di semplificare i punti di accesso sul territorio, di guardare all’integrazione socio-sanitaria come a qualcosa che si pratica nella quotidianità e non a qualcosa di cui ci si limita a discettare più o meno dottamente.
In generale, penso che si debbano avere presenti questi elementi e che si debba puntare con determinazione al sostegno di tutte le forme di presa in carico integrata. La semplificazione burocratica è una tessera di questo mosaico, alla quale i cittadini sono molto sensibili per ovvie ragioni, e noi ne siamo consapevoli.
La Commissione ha tra i suoi compiti prioritari questo tema, e per quanto mi riguarda ho firmato proprio in questi giorni, insieme al ministro dell’Economia Tommaso Padoa Schioppa, il decreto attuativo dell’articolo 6 della Legge 80/2006, che stabilisce per quali patologie, e in quali condizioni, i cittadini che hanno già ottenuto il riconoscimento dello stato invalidante non devono sottoporsi a verifiche, esami e controlli per conservare quel riconoscimento.
Sempre nell’ottica della semplificazione burocratica abbiamo scritto nel decreto, su suggerimento delle organizzazioni dei disabili, che i documenti necessari per la verifica devono essere richiesti ai cittadini solo se le Commissioni che hanno accertato lo stato invalidante in precedenza non li hanno acquisiti.
Infine, abbiamo stabilito che l’elenco delle patologie sia rinnovato con cadenza annuale, in maniera da garantire ai cittadini un aggiornamento dello stesso in tempo reale. Un piccolo ma importante passo in avanti nella direzione giusta, mi sembra». [Si veda in proposito l’articolo: Semplificazione degli accertamenti di invalidità: pronto il decreto, su questo stesso sito, N.d.R.].
Il recupero o il mantenimento dell’autonomia rappresenta senz’altro uno degli aspetti centrali per le persone con disabilità, una questione che passa attraverso servizi e programmi specifici, ma anche per un’erogazione attenta, oltre che sostenibile, di ausili adeguati e tecnologicamente avanzati. In questo senso, però, lo strumento normativo di riferimento è ancora il “vecchio” Nomenclatore Tariffario definito dal Decreto Ministeriale 332/99. In quali direzioni e con quali soluzioni il Ministero pensa di intervenire su questo strumento?
«Contiamo di rinnovare, finalmente, il Nomenclatore Tariffario entro il prossimo mese di settembre, nell’ambito del rinnovo complessivo dei Livelli Essenziali di Assistenza. Si tratta di un atto importante, da parte di questo Governo, che spero sia considerato per tutto il suo valore.
Abbiamo portato all’interno del Nomenclatore una serie di innovazioni tecnologiche che ovviamente non erano presenti nel 1999, all’atto dell’ultimo rinnovo. Per esempio, a proposito di autonomia, i comunicatori vocali per gli ammalati di sclerosi laterale amiotrofica e di altre malattie degenerative che compromettono l’uso della parola. Una battaglia di civiltà, a sostegno della qualità della vita in tutte le fasi della malattia che raccoglie, per altro, una domanda pressante proveniente dalle associazioni di tutela più impegnate sul campo.
Ma al di là delle singole questioni specifiche, ciò che conta è garantire che il rinnovo del Nomenclatore sia previsto con cadenza assai più frequente e con modalità che ne consentano l’ingresso a rimborsabilità per i cittadini di tutto ciò che serve, eliminando ciò di cui si può fare a meno, perché inutile o obsoleto.
Per il resto credo che meriti di essere notato come per la prima volta il Nomenclatore venga rinnovato anche sulla base di una consultazione ampia tra le associazioni di tutela dei disabili maggiormente rappresentative. Si tratta di un metodo che ci porterà, ne sono certa, a risultati migliori».
Le procedure di accertamento di invalidità civile e di handicap appaiono ai diretti interessati e agli stessi operatori del settore come complesse, superate e spesso inefficaci, per la reale valutazione del bisogno delle persone. Anche qui le chiediamo come intende muoversi il suo Ministero.
«Bisogna muoversi con decisione nella direzione della loro semplificazione. All’interno della Commissione sono già state presentate una serie di proposte, ci sono documenti di lavoro elaborati da gruppi tecnici precedenti al mio insediamento al Ministero e ci sono Regioni che si stanno muovendo nella direzione giusta. I tempi sono maturi, dobbiamo garantire risposte ai cittadini, ci sentiamo molto impegnati su questo terreno. Attendo una proposta organica da parte della Commissione, poi deciderò il da farsi».
Un altro problema che purtroppo dobbiamo affrontare è quello dei cosiddetti “viaggi della speranza”, particolarmente serio in ambito di malattie gravemente invalidanti e senza cura. Come crede si possa far fronte a tali situazioni?
«Con un’informazione migliore, certificata e validata nei confronti di pazienti e familiari. Questo è un problema che si presenta spesso, in particolare ogniqualvolta ci si scontra con l’impossibilità di guarire o di arrestare forme degenerative rapide. Non dobbiamo meravigliarci che nella particolare condizione psicologica che si viene a determinare all’interno di nuclei familiari così duramente colpiti, qualcuno affidi le proprie speranze, e a volte i propri risparmi, a chi non merita nessuna fiducia. Dobbiamo essere capaci di garantire maggiore informazione, e ciò non può avvenire soltanto attraverso campagne ufficiali. Molto prezioso, in tal senso, è il lavoro sul campo degli operatori e il contatto diretto, e insostituibile, con i familiari da parte delle organizzazioni di tutela».
Anche noi siamo d’accordo con lei quando parla di «tanta buona sanità presente nel nostro Paese». Ma cosa pensa si dovrebbe fare, dal punto di vista dell’organizzazione sanitaria, per non rischiare di frustrare proprio chi questa buona sanità intende continuare a farla?
«Servono una molteplicità di azioni e di terreni di intervento. Intanto è necessario avere consapevolezza dell’esistenza della buona sanità, valorizzare il merito, come stiamo provando a fare, per esempio, con il nostro Disegno di Legge per l’ammodernamento del Sistema Sanitario Nazionale, investire sull’orientamento del sistema verso il raggiungimento di obiettivi di salute e presa in carico integrata.
Tutto ciò, e molto ancora, coglie al tempo stesso due grandi obiettivi guida della nostra azione di governo: mettere al centro i bisogni dei cittadini e valorizzare la sanità di buona qualità. Le due cose vanno, lo dico per esperienza, di pari passo. Infine abbiamo bisogno di valorizzare le competenze civiche, che sono un nostro alleato inseparabile e insostituibile in questo genere di battaglie.
Insomma, al di là della complessità di questo genere di attività, che non voglio certamente negare, mi sembra che si tratti di risultati alla nostra portata, a patto che se ne sia convinti».
Intervista a cura della redazione di «DM», periodico della UILDM (Unione Italiana Lotta alla Distrofia Muscolare), e della redazione di Superando.it. Tutti i diritti riservati.
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