Un malato raro, una volta concluso l’iter diagnostico, si trova a dover affrontare una serie di scelte di tipo economico-gestionale che inevitabilmente vanno a ripercuotersi sulla sua situazione socio-sanitaria; si tratta di decisioni delicate da cui dipendono le condizioni di vita del paziente stesso, oltre che del suo nucleo familiare.
È questo un aspetto dell’attività terapeutica strettamente correlato a diversi elementi, tra i quali spiccano i livelli minimi assistenziali, ossia i servizi garantiti ed erogati su tutto il territorio italiano, a partire da una valutazione dei bisogni sanitari della popolazione stessa. I servizi erogati sul territorio, pertanto, non possono prescindere dalle scelte finanziarie effettuate a livello nazionale.
È per questo che, anche quest’anno, le associazioni delle Malattie Rare si sono interessate ai tagli previsti per le Regioni nell’ultima Manovra Finanziaria. Le ricadute temute sono le più disparate: ricordiamo, a solo titolo di esempio, quelle relative all’assistenza farmaceutica, ai tagli stabiliti per importanti progetti di ricerca, al mancato aggiornamento del personale socio sanitario.
Questi problemi, ovviamente, aumentano in modo esponenziale se il paziente soffre di una patologia che – pur avendone i requisiti – non è ancora stata iscritta nel Registro Nazionale delle Malattie Rare. Da tempo si discute pertanto della necessità di rivedere questo strumento istituito [in seguito al Decreto Ministeriale n. 279 del 2001, N.d.R.] presso l’ISS (Istituto Superiore di Sanità).
Nel febbraio del 2009, a tal proposito, l’attuale ministro della Salute Ferruccio Fazio (allora sottosegretario) affermò: «Sappiamo che il Registro Nazionale ha delle difficoltà, non funziona in modo omogeneo in tutte le Regioni. Intendiamo prendere in mano la situazione e rivedere il Registro, ripensandolo a modello del registro dei trapianti d’organo».
Nel dicembre dello stesso 2009, poi, come ricordato da molti organi d’informazione, le 270 associazioni che lottano per tutelare le persone affette da Patologie Rare ricordarono al Ministro che almeno 109 malattie non risultavano ancora iscritte nel Registro e quindi non tutelate dall’inquadramento nell’allegato A del Decreto Ministeriale 279/01. Il segretario generale della Consulta Nazionale delle Malattie Rare, Flavio Bertoglio, spiegò il problema affermando che «queste sono patologie “invisibili” perché, non essendo inserite nell’allegato A, i malati non godono di nessun diritto. Nessuno studio, nessuna presa in carico, nessun piano terapeutico previsto, solo alcuni rimborsi. Insomma, è come se non esistessero» [se ne legga nel nostro sito cliccando qui, N.d.R.].
Le stesse associazioni – pur concordando con quanto affermato dal Ministro – hanno più volte sottolineato che – in particolare per quelle 109 patologie – è già stato raggiunto un accordo tra Stato e Regioni. Hanno anche fatto notare in più occasioni che questa situazione determina una disparità di trattamento che mina alla base il principio di uguaglianza su cui il nostro Sistema Sanitario Nazionale è stato impostato, andando ulteriormente a incrementare il gap fisiologico tra Patologie Rare e non.
Si tratta di un problema particolarmente sentito. Le Malattie Rare, infatti, sono patologie invalidanti, croniche o cronico-degenerative che, nei casi più gravi, possono portare al decesso dei pazienti. È quindi sbagliato sottovalutarne la portata, anche perché se è vero che una singola malattia colpisce un numero relativamente basso di persone, prese tutte assieme esse coinvolgono milioni di cittadini. Eppure, il clima di tensione che si è determinato a luglio con la definizione della Manovra Finanziaria non sembra promettere la giusta attenzione su tali aspetti e sulle Malattie Rare in generale.
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