Se il grado di disabilità è lieve, meglio l’occupazione “fai da te”. Il consiglio arriva direttamente da Annalisa Bolognesi, operatrice del Centro Risorse Handicap del Comune di Bologna. Anche se iscriversi al collocamento mirato, dichiara infatti la stessa Bolognesi, «non costa nulla e cercare lavoro in qualche cooperativa sociale neppure, mandare autonomamente il proprio curriculum alle aziende, senza passare cioè dai servizi provinciali per l’inserimento lavorativo, può essere la soluzione più veloce, soprattutto quando la persona disabile è in possesso di un diploma o di una laurea ed è autosufficiente».
Altrimenti il rischio che si corre è lo “stigma”. Tutto, comunque, dipende dal grado di disabilità e di autonomia; infatti «più il deficit è grave, più le persone faticano a trovare lavoro», precisa Annalisa. Un’altra possibilità è quella di «giocare la carta dei concorsi pubblici che riservano alcuni posti alle persone disabili».
A dieci anni, dunque, dalla legge per il diritto al lavoro dei disabili (68/99), quella che in sostanza ha trasformato il collocamento da obbligatorio (secondo quanto previsto dalla precedente Legge 482/68) in mirato – attraverso strumenti di inserimento personalizzato – non tutto fila liscio come l’olio. Tanto che secondo l’ultima indagine Isfol Plus [Istituto per lo Sviluppo della Formazione dei Lavoratori, N.d.R.], solo il 13% ha trovato un’occupazione attraverso i centri per l’impiego o i servizi pubblici.
Ma cos’è che non funziona? Sempre secondo il Centro Risorse Handicap del Comune di Bologna, «le sanzioni per le aziende che non rispettano l’obbligo di assunzione sono troppo basse – 51,65 euro al giorno per persona disabile non occupata – e spesso mancano i controlli. In Sicilia, ad esempio, non sono così rari i casi di false assunzioni di persone disabili da parte di imprese che vogliono semplicemente beneficiare delle agevolazioni fiscali».
Per cercare di ovviare a questo inconveniente, la Regione Lazio, ad esempio, ha istituito una sorta di “Bollino H” [se ne legga, in questo stesso sito, al testo disponibile cliccando qui, N.d.R.] per le aziende più attente all’inserimento e al consolidamento di personale con disabilità, oltre a prevedere più controlli sul rispetto delle regole che stanno alla base del collocamento mirato.
Ma c’è anche il sistema delle cosiddette “Borse Lavoro” a presentare delle falle. «Sono una buonissima soluzione – secondo Bolognesi – per le persone con disagio mentale, soprattutto quando gravitano in un ambiente protetto come quello offerto da una cooperativa sociale; ma spesso rischiano di durare tutta la vita, senza mai sfociare in un’assunzione vera e propria, venendo meno, quindi, alla loro funzione di inserimento occupazionale» (Michela Trigari)
*Testo pubblicato da «SuperAbile», con il titolo Lavoro. Meglio l’occupazione “fai da te” o più controlli nelle aziende?, e qui ripreso per gentile concessione.
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