Eravamo tornati qualche settimana fa (si legga a tal proposito l’articolo intitolato Non potrà essere l’ovovia a far cessare la discriminazione!, disponibile cliccando qui) sull’annosa questione del quarto ponte sul Canal Grande di Venezia, già noto come “Ponte di Calatrava” e oggi Ponte della Costituzione, innanzitutto per ribadire concetti ben noti a chi frequenta queste pagine: né cabine installate sul dorso della struttura – come la cosiddetta “ovovia” – né sollevatori, né biglietti gratuiti sui trasporti pubblici a mo’ di indennizzo potranno eliminare la discriminazione nei confronti delle persone con disabilità, rappresentata da un ponte tanto prestigioso, concepito sin dall’inizio come inaccessibile.
Lo avevamo fatto dopo avere appreso dalla stampa locale che quella stessa ovovia rischia oggi di essere “travolta” da una contenzioso tra ideatore e committente dell’opera. Lo facciamo anche oggi, limitandoci a riprendere integralmente un articolo sulla vicenda pubblicato dal quotidiano «La Nuova Venezia» del 23 luglio, ove oltre a riferire il fatto che la stessa ovovia non sarà certamente inaugurata nemmeno nel settembre prossimo, si rende conto anche dell’imminente pronunciamento del Tribunale di Milano sul ricorso presentato da Domenico Molinero, avvocato con disabilità, riferito alla Legge 67/06 sulla discriminazione delle persone con disabilità.
Si tratta di un buon pezzo, curato da Roberta De Rossi, che riporta fedelmente anche le opinioni di Giulio Nardone, presidente dell’ADV (Associazione Disabili Visivi), il quale, per conto della FISH Nazionale (Federazione Italiana per il Suiperamento dell’Handicap), sta seguendo giorno dopo giorni gli sviluppi della vicenda nei suo vari aspetti, anche legali.
Già in vertenza al Tribunale Civile (udienza a dicembre) per un conguaglio di 4,5 milioni di euro che non intende pagare alla Cignoni per la realizzazione dai tempi dilatati del Ponte della Costituzione, il Comune [di Venezia, N.d.R.] si appresta ora a rescindere il contratto con l’impresa per i ritardi nell’allestimento dell’ovovia, che certamente non sarà pronta per il primo anniversario del Ponte, l’11 settembre.
Il responsabile del procedimento, ingegner Vento, ha inviato la diffida: o la Cignoni porta giustificazioni valide oppure decadrà il contratto.
Un intervento che non placa le proteste delle associazioni dei disabili, che l’ovovia hanno sempre contestato, giudicandola del tutto inutile a garantire l’accessibilità a tutti del ponte – prevista dalla legge – visto che ritengono serva solo a traghettare dall’altra parte (per altro con tempi molto più lunghi di un semplice battello e senza neppure la vista sul Canal Grande) e senza permettere alle persone disabili di sostare sul ponte e vivere questa nuova “piazza” della città, come l’avevano definito l’architetto Calatrava e il sindaco Cacciari.
Così, le associazioni attendono per settembre la decisione del Tribunale Civile di Milano sul ricorso per discriminazione (violazione Legge 67/06), presentata in proprio dall’avvocato Domenico Molinero, disabile. Il legale ha inoltre già ricevuto dalla FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap) il mandato a presentare un nuovo ricorso al Tribunale di Venezia, valutando anche possibili aspetti penali. «Questo ponte è un’opera inaccessibile che grida vendetta», incalza Giulio Nardone, presidente dell’Associazione Disabili Visivi, «e a noi francamente non importa nulla se l’ovovia si farà o meno, perché non l’abbiamo mai approvata: è una pezza posticcia che non renderà il ponte accessibile».
C’ è un problema di discriminazione, contesta Nardone, e di norme sulle opere pubbliche. «Dal 1996, secondo il DPR 503, tutte le nuove opere pubbliche devono essere intrinsecamente accessibili, solo quelle precedenti possono essere adattate, in materia di abbattimento delle barriere architettoniche», prosegue Nardone, «in questo caso, viene impedito il pieno utilizzo da parte di tutti di un’opera di architettura contemporanea famosa al mondo, presentata come una nuova porta di accesso alla città, un punto d’incontro delle persone. Anche il servoscala non è una soluzione: andavano progettate sin dall’inizio rampe d’accesso, che potevano essere inserite in un contesto architetonico di pregio».
Così, tra rotture di gradini in vetro e vertenze – senza dimenticare l’inchiesta contabile in corso sulla moltiplicazione dei costi dell’opera – continua la difficile estate del Ponte della Costituzione (testo curato da Roberta De Rossi per il quotidiano «La Nuova Venezia» e qui ripreso per gentile concessione).
Un’ultima precisazione, riferita al passaggio conclusivo dell’articolo, quando si parla di «inchiesta contabile in corso sulla moltiplicazione dei costi dell’opera». Anche in questo ambito la FISH si è mossa, tramite una delega all’avvocato Attanasio di Cesena, per la preparazione di un esposto alla Procura della Corte dei Conti di Venezia, «per illecito finanziamento e spreco di pubblico denaro». Il tutto «allo scopo di fare luce sull’uso di denari pubblici, della comunità tutta, utilizzati in modo discriminante e violando le leggi dello Stato». Un esposto che dovrebbe essere presentato quanto prima.
La battaglia, dunque, per ottenere anche dalla legge il riconsocimento che un accorgimento come l’ovovia non può “rendere accessibile” un’opera che tale non è mai nata, si gioca su più tavoli e gli sviluppi sono ancora tutti da definire. (S.B.)
– Non potrà essere l’ovovia a far cessare la discriminazione!, disponibile cliccando qui.
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– Approvata l’ovovia per il quarto ponte di Venezia, disponibile cliccando qui.
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