Le persone con disabilità del Lazio intendono esprimere la loro esasperazione e indignazione per le iniziative del commissario ad acta per la Sanità Regionale, Elio Guzzanti che, animato da uno zelo degno di miglior causa, con il Decreto n. 95 del 29.12.2009 ha voluto sfidare – senza tentennamenti – logica, leggi e sentenze.
È da troppo tempo che nel Lazio i disabili e le loro famiglie vivono situazioni insopportabili di stress: minacce e ricatti sono diventati criteri di gestione delle situazioni più drammatiche. Genitori anziani – spesso essi stessi bisognosi di assistenza – vedono ridurre i servizi erogati ai loro figli e sono tenuti sotto la minaccia di vederli estromessi dai centri di riabilitazione residenziali e semiresidenziali. Sembra insomma che i princìpi della Legge 833/78, istitutiva del Servizio Sanitario Nazionale appartengano davvero a un’altra epoca storica. Se ne ricordi ad esempio un passaggio fondamentale del primo articolo, vale a dire: «La tutela della salute fisica e psichica deve avvenire nel rispetto della dignità e della libertà della persona umana. Il servizio sanitario nazionale è costituito dal complesso delle funzioni, delle strutture, dei servizi e delle attività destinati alla promozione, al mantenimento ed al recupero della salute fisica e psichica di tutta la popolazione senza distinzione di condizioni individuali o sociali e secondo modalità che assicurino l’eguaglianza dei cittadini nei confronti del servizio [grassetto dell’Autore nella citazione]».
Ebbene, il citato Decreto n. 95 del 29 dicembre 2009, che ha come oggetto Attività riabilitative erogate in modalità di mantenimento-regime residenziale e semiresidenziale. Compartecipazione alla spesa (D.P.C.M 29.11.2001), nell’individuare la quota a carico dell’utente, fa riferimento al reddito personale comprensivo dell’indennità di accompagnamento ed è certamente un’aberrazione considerare come reddito un sussidio riconosciuto dallo Stato affinché la persona con disabilità «possa partecipare nella società su base di uguaglianza con gli altri».
Al di là poi di ogni valutazione etica, si tratta di una disposizione contraria alla normativa in vigore, poiché la Tabella 1 allegata al Decreto Legislativo 109/98 stabilisce che «la situazione economica dei soggetti appartenenti al nucleo definito dall’art. 2 si ottiene sommando […] il reddito complessivo ai fini IRPEF risultante dall’ultima dichiarazione…». Ai fini IRPEF, poi, l’articolo 34, comma 3 del DPR 601/73 stabilisce che «i sussidi corrisposti dallo Stato e da altri enti pubblici a titolo assistenziale sono esenti dall’imposta sul reddito delle persone fisiche». Il DPCM attuativo, infine (221/99), nell’indicatore della situazione reddituale (articolo 3) non include alcun tipo di previdenza assistenziale.
Non chiediamo pertanto solo il ritiro di un provvedimento illegittimo, ma soprattutto un cambio di direzione: infatti, è un insulto alla democrazia continuare a costringere i cittadini più deboli a “difendersi” da uno Stato che dovrebbe essere il primo garante dei loro diritti.
*Presidente della Consulta Regionale per i Problemi della Disabilità e dell’Handicap della Regione Lazio.
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