Il 24 febbraio di un anno fa il Parlamento Italiano ratificava unanime la Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità. Fu una notizia importantissima per questo mondo, ma totalmente snobbata dai media, che parlarono della Convenzione solo quando si seppe che il Vaticano non l’avrebbe approvata – pur avendo lavorato positivamente alla sua stesura in sede di Comitato ONU – per un’interpretazione allarmata di un articolo sulla prevenzione della disabilità (timore di una deriva abortista). Null’altro, che io ricordi, a commento di una legge, perché dopo la ratifica la Convenzione è legge dello Stato [esattamente la Legge 18/09, N.d.R.].
E dunque com’è pensabile che in questi dodici mesi la Convenzione sia entrata nella coscienza civica del nostro Paese, tormentato, peraltro, da guai di ogni genere? Impensabile. E infatti, dodici mesi dopo, se non sbaglio, non è ancora partito, non è funzionante, l’Osservatorio Nazionale previsto dalla legge, che dovrebbe monitorare lo stato di attuazione in Italia dei tanti princìpi contenuti nella splendida normativa.
La Convenzione – vale la pena ricordarlo, o farlo sapere adesso a chi ancora lo ignora – è un documento di grande valore giuridico internazionale, la prima Convenzione ONU del nuovo millennio. Riguarda 650 milioni di cittadini nel mondo, per citare il bel libro di Matteo Schianchi La terza nazione del mondo. Essa stabilisce prima di tutto un nuovo modo di valutare e definire la disabilità, partendo dalla rivoluzione copernicana dell’ICF, la nuova classificazione funzionale ideata dall’Organizzazione Mondiale della Sanità.
Riporto giusto questa definizione, contenuta nel Preambolo della Convenzione, per il suo carattere rivoluzionario: «La disabilità è un concetto in evoluzione e […] il risultato dell’interazione tra persone con menomazioni e barriere comportamentali ed ambientali, che impediscono la loro piena ed effettiva partecipazione alla società su base di uguaglianza con gli altri». Già: la disabilità è un concetto in evoluzione ed è il risultato dell’interazione fra la persona e l’ambiente.
La Convenzione, è bene ricordarlo, è il più grande “grimaldello” a disposizione per smascherare qualsiasi politica o comportamento discriminatorio, anche se in Italia esiste già una legge importante, quanto ancora scarsamente utilizzata, che è la Legge n. 67 del 1° marzo 2006, Misure per la tutela giudiziaria delle persone con disabilità vittime di discriminazioni.
Mi piacerebbe oggi sapere che cosa ne pensano gli attori di questa piccola grande rivoluzione culturale, ma anche coloro che si erano impegnati a parole a portare avanti nel concreto i contenuti della Convenzione. La sensazione è che siamo quasi fermi, per colpa forse della crisi (negata da molti, ma assai reale, specie a livello di Enti Locali, privi di risorse economiche, e quindi costretti a tagliare a raffica sui servizi che fino a qualche anno fa erano considerati di routine). O per colpa del silenzio mediatico, vera barriera architettonica contro la quale si cozza quotidianamente, incapaci di superarla con la forza delle sole parole.
Comunque, un anno dopo, possiamo almeno dire: la Convenzione c’è, viva la Convenzione.
*Testo apparso anche in «FrancaMente», il blog senza barriere di Vita.blog, con il titolo: Un anno fa la Convenzione Onu.
Sul libro La terza nazione del mondo di Matteo Schianchi, citato anch’esso da Bomprezzi, suggeriamo invece la lettura dei testi: La terza nazione del mondo, disponibile cliccando qui, Il pregiudizio pesa tonnellate, disponibile cliccando qui e Le origini di quello sguardo sui disabili, disponibile cliccando qui.
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