Ho avuto la fortuna di assistere, nel piccolo Teatro Cucina dell’ex Ospedale Psichiatrico Paolo Pini di Milano, alla prima rappresentazione di Ausmerzen. Vite indegne di essere vissute di Marco Paolini, trasmesso poi in diretta televisiva su La7 anche la sera successiva del 26 gennaio. Più che una fortuna, direi un dono. In poco più di due ore di recitazione monologante, Paolini ha trasfigurato e reso comprensibile nella sua immensa e dolorosa profondità una storia che pure credevo di conoscere bene, quella del Progetto T4, sigla dietro la quale si cela il più incredibile e rimosso sterminio mai effettuato di persone con disabilità, ad opera del nazismo, negli anni che precedettero la guerra.
Farò tesoro di queste emozioni quando il 28 gennaio condurrò una conversazione sullo sterminio dei disabili, alle porte di Milano, nello Spazio Mil di Sesto San Giovanni, che inaugurerà un evento fortemente voluto dalla LEDHA, la Lega per la Difesa dei Diritti delle Persone con Disabilità [se ne legga nel nostro sito cliccando qui, N.d.R.].
È straordinario come quest’anno, finalmente, si stia squarciando il muro del silenzio attorno a questo crimine. Ne abbiamo scritto, attingendo ai non molti documenti resi noti nel corso degli anni. Ne hanno parlato le associazioni. Ma incredibilmente tutto è rimasto sempre ovattato, sotto traccia, rimosso, quasi con fastidio.
Marco Paolini si presenta come sa fare lui, da solo, in una scena disadorna, alle sue spalle due pareti piene di tute e di miseri vestiti, ricordo dei morti negli ospedali scelti dai medici del nazismo per portare a termine il progetto industriale di “eutanasia”. Paolini usa fogli di appunti sparsi su un vecchio tavolo, mentre una donna, in piedi, scandisce in tedesco i documenti storici. Sulle tute bianche, appese alla parete, scorrono le immagini dei luoghi e delle persone scomparse. L’attore racconta, crea legami tra i fatti e le epoche, effettua connessioni inquietanti che scuotono un pubblico attento e silenzioso.
«Le idee hanno bisogno di tempo per realizzarsi». Già. Il tempo. La rilettura del Mein Kampf di Adolf Hitler, che esalta il pensiero sulla razza, che si va facendo strada negli Stati Uniti. Già, non in Germania. Al suo Paese ci penserà lui, con calma e con metodo, negli anni a venire. La belle époque, ancora prima, il terreno culturale nel quale fermenta, nel pensiero scientifico, la convinzione che si possa migliorare il destino genetico delle persone, per il bene dell’umanità.
E poi la crisi del ’29, la depressione economica. Si cominciano a pesare economicamente i sacrifici nelle famiglie. Si insinua l’idea che 3 marchi e mezzo, il costo giornaliero di una persona che non lavora, ricada sulle spalle di tutti. E dunque è importante, e possibile, risparmiare, tagliando “vite inutili e improduttive”.
Un vortice di numeri, di cifre, di progetti. Un cantiere aziendale, con il quartier generale in Tiergarten Strasse a Berlino, al numero 4. Ecco nascere Aktion T4. Saranno almeno 70.000 i morti, prima per iniezione letale, poi per gas, nella prima fase del programma di eutanasia del nazismo. Ma diventeranno 300.000 al termine della guerra. Malati psichiatrici, persone deformi, gli “scarti di una società” che punta alla razza pura. Ricordare, spiegare, raccontare.
La parola scandita di Paolini entra nel cuore e nel cervello, toglie il respiro. Lui stesso esprime sofferenza, fatica fisica e morale, in un monologo che spero sia stato visto da milioni di spettatori [1.709.000 spettatori, secondo l’Auditel, N.d.R.] e che venga replicato nelle scuole, nei teatri, magari anche al cinema, tra una commedia e l’altra.
Il fatto è che senza il coraggio civile di Marco Paolini, cui si unisce la collaborazione professionale televisiva di Gad Lerner – quello del “postribolo” [così come il presidente del Consiglio ha recentemente definito in diretta la trasmissione di La7 “L’infedele”, N.d.R.] – non avremmo oggi uno strumento così potente e universale di meditazione e di memoria collettiva. Grazie, Paolini.
*Testo apparso anche in «FrancaMente», il blog senza barriere di Vita.blog, con il medesimo titolo e qui ripreso con alcuni adattamenti.
Sullo sterminio delle persone con disabilità in epoca nazista, oltre alla consultazione del sito www.olokaustos.org, suggeriamo poi la lettura – sempre nel nostro sito – dei seguenti testi:
– Crimini dimenticati (a cura di Stefano Borgato) (cliccare qui)
– Non c’è storia senza etica (di Luisella Bosisio Fazzi) (cliccare qui)
– Il passato che non deve tornare (cliccare qui)
– Non dimentichiamo quello sterminio di «connazionali improduttivi» (cliccare qui)
– L’olocausto rimosso delle persone con disabilità (cliccare qui)
– Lo sterminio delle persone con disabilità come preludio dell’Olocausto (di Giovanni De Martis) (cliccare qui)
– Tragedie di ieri e di oggi: la lunga storia dei pregiudizi (cliccare qui)
– Testimonianze silenziose (cliccare qui)
– Iniziative per non dimenticare (cliccare qui)