Il Tribunale di Milano ha respinto il ricorso presentato dal Ministero dell’Istruzione, dall’Ufficio Scolastico Regionale per la Lombardia e da quello Provinciale di Milano, contro l’Ordinanza prodotta nel gennaio scorso dalla stessa Corte milanese, che per la prima volta in Italia aveva stabilito la natura discriminatoria dell’inadeguata assegnazione di ore di sostegno a studenti con disabilità. Il verdetto aveva dato ragione al ricorso presentato dai genitori di diciassette studenti con disabilità e dalla LEDHA (Lega per i Diritti delle Persone con Disabilità), in collaborazione con LEDHA Milano e con l’Associazione Avvocati per niente.
Si tratta di un precedente di enorme rilevanza giuridica e la LEDHA si augura pertanto che la Sentenza abbia ricadute in tutta Italia [è già successo ad esempio alla Spezia, come si può leggere nel nostro sito cliccando qui, N.d.R.] e che vengano assegnati in giusta misura gli insegnanti di sostegno non solo ai diciassette ragazzi protagonisti del ricorso, per i quali, al momento, non risulta per altro che la situazione discriminatoria sia venuta meno, essendo ancora ridotte le ore del sostegno rispetto a quanto previsto nel precedente anno scolastico.
Il ricorso – vale sempre la pena ricordarlo – ha utilizzato l’ancora poco nota Legge 67/06 che di fatto ha introdotto anche in Italia una tutela antidiscriminatoria a favore delle persone con disabilità identica a quella prevista a tutela degli stranieri. L’idea e la scelta di utilizzare tale strumento – anziché il “tradizionale” ricorso al Tribunale Ammistrativo Regionale (TAR) – nasce da un lavoro di analisi e riflessione giuridica in cui la competenza del Servizio Legale LEDHA in materia di diritto antidiscriminatorio a tutela delle persone con disabilità si è unita alla lunga esperienza in diritto antidiscriminatorio a tutela di altre categorie deboli, svolta in Tribunale dai legali dell’Associazione Avvocati per niente.
Interessante è anche approfondire i contenuti dell’Ordinanza di Conferma del giudice milanese. In particolare, vengono citati i princìpi costituzionali, le linee guida fissate dalla Corte Costituzionale [in particolare si pensi alla Sentenza 80/10, N.d.R.] e le prescrizioni normative enunciate nel provvedimento impugnato. Le norme, infatti, ribadiscono che:
– il diritto soggettivo all’istruzione e all’educazione viene affermato dalla legislazione vigente come diritto fondamentale, inteso quale strumento per stimolare le potenzialità del soggetto svantaggiato anche attraverso la socializzazione con i compagni e i membri delle Istituzioni scolastiche;
– la fruizione di tale diritto viene normativamente assicurata attraverso misure di «integrazione e sostegno» che sono idonee a garantire alla persona con disabilità la frequenza degli istituti di istruzione e l’utilizzo in concreto del servizio scolastico;
– l’incontestabile discrezionalità legislativa nell’individuazione delle risorse destinate a tutela dei diritti dei soggetti con disabilità incontra un limite nel rispetto di un nucleo indefettibile di garanzie per gli interessati;
– tale principio non può non trovare attuazione anche con riguardo all’attività della Pubblica Amministrazione destinata a incidere sul diritto all’istruzione delle persone con disabilità, inteso quale diritto fondamentale;
– la Consulta ha inoltre affermato, riguardo a tale ambito, che la scelta discrezionale dell’amministrazione scolastica di ridurre le ore di sostegno agli studenti con disabilità è idonea a concretare un’indiretta discriminazione, vietata dalla Legge 67/06, ogniqualvolta essa non si accompagni a una corrispondente identica contrazione della fruizione del diritto allo studio anche per tutti gli altri studenti normodotati e risulti in concreto inadeguata al rispetto del nucleo indefettibile di garanzie per gli interessati.
«Pertanto la contrazione didattica per gli studenti svantaggiati – si legge nell’Ordinanza di Conferma – va individuata anche nella riduzione delle ore di sostegno, una volta che gli insegnanti specializzati siano considerati uno strumento imprescindibile per la corretta e compiuta fruizione». In tal senso, quindi, la riduzione delle ore di sostegno è da ritenersi come una «concreta forma di discriminazione indiretta a danni della persona con disabilità» e il Tribunale considera superate tutte le contestazioni svolte in sede di reclamo dall’Amministrazione Scolastica.
«Come genitori – commenta Maria Spallino, una delle persone che hanno presentato il ricorso al Tribunale di Milano – abbiamo intrapreso un percorso impegnativo per vedere rispettato il diritto allo studio e all’inclusione scolastica. Siamo tuttavia convinti che questa ulteriore vittoria darà a tutte le famiglie la forza di difendere con maggiore determinazione i diritti dei propri figli. Le persone con disabilità non sono “un investimento a fondo perduto”, al contrario, quanti più strumenti metteremo nelle loro mani sin da piccole, tanto più piena e partecipativa sarà la loro vita da adulti. Tutti i Cittadini, anche attraverso questa esperienza, avranno un’opportunità in più per comprendere e condividere la cultura della integrazione e della inclusione. Tutti noi, prima o poi, potremmo avere dei bisogni speciali nella vita. E il nostro impegno, come genitori e come collettività, non può non tenerne conto».
*Lega per i Diritti delle Persone con Disabilità.