Limiti reddituali per ricevere l’indennità di accompagnamento?

di Cristiano Gori*
In queste settimane si sta discutendo a fondo intorno alla revisione dei criteri dell'ISEE (Indicatore della Situazione Economica equivalente) e fra le ipotesi circola anche quella di applicare quell'indicatore all'erogazione delle prestazioni assistenziali, fra cui l'indennità di accompagnamento. L’applicazione di limiti reddituali su questa specifica prestazione comporterebbe però degli effetti distorsivi e indesiderati, oltre a un evidente limitazione di risorse per i singoli e per le loro necessità di assistenza e di autonomia. Vediamo perché, proponendo una nostra esclusiva analisi, curata da un autorevole esperto, che guarda anche alla situazione in alcuni Paesi stranieri

Ombra di persona in carrozzina su sfondo arancioneIl Governo Monti eliminerà la possibilità di ricevere l’indennità di accompagnamento agli anziani non autosufficienti e a giovani e adulti disabili con disponibilità economiche superiori a una certa soglia? La domanda circola con insistenza e suscita apprensione in molti.
Un simile cambiamento era tra le novità ipotizzate dal Disegno di Legge Delega per la riforma fiscale e assistenziale (n. 4566), presentato nell’estate del 2011 dal Governo Berlusconi e la recente cosiddetta “Manovra Salva-Italia” (la Legge 214/11) l’ha ripreso, inserendolo tra le opzioni considerate dall’articolo 5. Quest’ultimo, infatti, contempla la possibilità di introdurre una soglia di reddito ISEE al di sopra della quale non vi sia più il diritto di ricevere «provvidenze di natura assistenziale». L’indennità di accompagnamento è una di queste.
Il nuovo ISEE sarà regolamentato da un decreto attuativo, da emanare entro la fine di maggio.

Cosa avviene in Europa
Prima di esaminare la possibile introduzione del reddito ISEE come criterio per ottenere l’accompagnamento, bisogna partire dal confronto con l’Europa.
In tutti gli altri Paesi, le misure simili all’indennità costituiscono spesso il principale intervento statale in materia (i servizi sono ovunque di titolarità locale) e vengono fornite esclusivamente sulla base del bisogno assistenziale del richiedente, indipendentemente dalle sue condizioni economiche. Ciò si verifica per una precisa ragione: gli interventi contro la non autosufficienza sono considerati un diritto di cittadinanza. A essi, dunque, si accede in presenza di un bisogno per il fatto di essere Cittadini, indipendentemente dalle proprie condizioni economiche, come avviene in sanità per gli interventi essenziali.
Il principio di cittadinanza non è stato scalfito dall’attuale crisi. Anziano e giovane in carrozzinaChiamati a fronteggiare domande crescenti e difficoltà di budget pubblico, alcuni Paesi – ad esempio l’Austria – hanno risposto elevando leggermente la soglia di bisogno di assistenza al di sopra della quale si accede alla prestazione. Si tratta di una scelta discutibile sotto altri profili – in particolare dell’indebolimento della funzione preventiva dell’intervento – ma che ha confermato come la possibilità di introdurre la prova dei mezzi per determinare l’accesso non venga presa in considerazione neppure in momenti di complessiva difficoltà.
Il confronto internazionale rivela, altresì, una peculiarità italiana. Siamo oggi l’unico Paese in Europa che eroga un importo uguale per tutti (con l’eccezione dei non vedenti): questa è una vera e propria forma di dis-equità “verticale”, che si verifica quando a persone con bisogni differenziati si fornisce la stessa risposta e tale dis-equità diviene ancora più evidente quando la risposta fornita risulta comunque limitata.
Graduare l’importo in base ai bisogni – e alle possibilità economiche, se si vuole seguire il caso francese – consentirebbe di personalizzare maggiormente l’intervento e di sostenere meglio le situazioni di maggiore difficoltà. Vari Paesi prevedono importi minimi della prestazione monetaria inferiori all’indennità di accompagnamento italiana, ma, al tempo stesso, riconoscono alla non autosufficienza grave risorse più consistenti (si veda il caso austriaco, dove l’importo dell’Allowance può arrivare fino a 1.650 euro mensili).
Il modello adottato ovunque in Europa consiste in un diritto di cittadinanza fondato sul cosiddetto “universalismo selettivo”. L’accesso alla misura è universalistico, cioè rivolto a tutti i Cittadini con questo bisogno di care, mentre l’importo erogato varia secondo le condizioni dell’utente (stato di bisogno e in alcuni casi anche situazione economica).
Si tratta, in linea di principio, di quanto accade in sanità, dove l’accesso è un diritto di tutti i Cittadini e poi alcuni pagano il ticket e altri ne sono esenti (per reddito, malattia o condizione).

Prestazioni monetarie di sostegno
alla non autosufficienza nelle principali nazioni europee

– Italia: Indennità di accompagnamento
°Soglia di disponibilità economica per riceverla: No
°Graduazione in base al bisogno: No
°Graduazione in base al reddito: No
°Importo: 487,39 euro mensili

– Austria: Long-Term Care Allowance System
°Soglia di disponibilità economica per riceverla: No
°Graduazione in base al bisogno: Sì
°Graduazione in base al reddito: No
°Importo: fino a 1.655 euro mensili

– Francia: APA (Allocation personnalisée à l’autonomie)
°Soglia di disponibilità economica per riceverla: No
°Graduazione in base al bisogno: Sì
°Graduazione in base al reddito: Sì (in base al reddito varia la compartecipazione richiesta all’utente)
°Importo: da 529,56 a 1.235,65 euro mensili

– Germania: Pflegegeld (PG)
°Soglia di disponibilità economica per riceverla: No
°Graduazione in base al bisogno: Sì
°Graduazione in base al reddito: No
°Importo: da 205 a 665 euro mensili

– Spagna: Prestacione Economica (PE)
°Soglia di disponibilità economica per riceverla: No
°Graduazione in base al bisogno: Sì
°Graduazione in base al reddito: No
°Importo: da 300 a 519,13 euro mensili

– Olanda: Personal Budget
°Soglia di disponibilità economica per riceverla: No
°Graduazione in base al bisogno: Sì
°Graduazione in base al reddito: No
°Importo: da 129 euro mensili. In media erogati 15.350 euro annui per soggetto

– Gran Bretagna: Attendance Allowance (anziani non autosufficienti). Disability Allowance (adulti con disabilità)
°Soglia di disponibilità economica per riceverla: No
°Graduazione in base al bisogno: Sì
°Graduazione in base al reddito: No
°Importo: da 49,30 a 73,60 sterline settimanali

Le prevedibili conseguenze
L’eventuale introduzione del reddito ISEE per accedere all’indennità di accompagnamento, dunque, renderebbe la posizione italiana anomala a livello internazionale. Tale possibile anomalia, per altro, è da contestualizzare storicamente.
La non autosufficienza rappresenta – per dimensione – il principale tra i nuovi bisogni cui il sistema di protezione sociale è chiamato a rispondere. Il welfare che conosciamo ha preso forma in Italia nel trentennio tra la fine dell’ultimo conflitto mondiale e l’istituzione del Servizio Sanitario Nazionale (1978), un’epoca nella quale esistevano assai meno anziani non autosufficienti e molta più disponibilità di care familiare; si tratta, non a caso, di un welfare centrato su pensioni e sanità acuta (ospedali, diagnostica, ambulatori).
Da tempo, però, la realtà è cambiata e la non autosufficienza figura tra i grandi eventi critici che numerosi Cittadini sperimentano nella propria vita. La sfida, dunque, che vede l’Italia in ritardo rispetto agli altri Paesi europei, consiste nel modificare le politiche pubbliche in modo da adeguare il welfare al nuovo profilo della società.
L’ultimo decennio ha visto, nel nostro Paese, rilevanti passi in avanti negli interventi a favore delle persone non autosufficienti, ma l’obiettivo è ancora lontano dall’essere raggiunto: basti pensare alla scarsità di servizi disponibili (domiciliari e residenziali). Al fine di proseguire questo percorso, l’esperienza e il dibattito internazionale mostrano che il rafforzamento dei diritti di cittadinanza legati alla non autosufficienza risulta decisivo: è l’unico modo per assegnare al settore forza politica e il sostegno dell’intera popolazione. Introdurre la soglia di reddito per ricevere l’indennità di accompagnamento, invece, significherebbe puntare in direzione opposta. Vorrebbe dire, infatti, far passare il principio che gli interventi pubblici per la non autosufficienza costituiscono misure esclusivamente a favore di chi ha bassi redditi, cioè assistenza sociale rivolta ai meno abbienti, e non diritti per tutti i Cittadini che vivono tale condizione. Si compirebbe così una vera e propria “inversione a u” nella storia del welfare italiano, rinnegando, in tal modo, i passi in avanti compiuti nell’ultima fase, per tornare al punto dal quale si era partiti, cioè la concezione del welfare come mera assistenza.
Una siffatta scelta avrebbe profonde conseguenze, sul piano tanto concreto quanto della legittimazione politica. Si aprirebbe, infatti, un varco per ulteriori passi peggiorativi – in particolare in questa fase di crisi – da parte del centro così come degli Enti Locali. Regressioni accomunate da un minimo comun denominatore: ridurre la responsabilità dell’intervento pubblico e legarla, sempre più, alla presenza di ridotte disponibilità economiche delle famiglie.
Fotografia di spalle di una ragazza a fianco di un giovane in carrozzinaA livello statale, il successivo passo da attendersi potrebbe essere la revisione dei LEA sociosanitari al ribasso [Livelli Essenziali di Assistenza, N.d.R.] e quindi l’aumento delle compartecipazioni richieste ai Cittadini per le prestazioni sociosanitarie residenziali e domiciliari. A livello regionale, per altro, le possibili applicazioni di questa regressione sono varie e già numerose Regioni si sono recentemente mosse in tale direzione.
E ancora: una definitiva rinuncia alla definizione dei Livelli Essenziali in ambito assistenziale.

Elevati costi sociali per bassi risparmi
Per altro, il risparmio ottenuto sarebbe ridotto. La versione più “estrema” di introduzione della soglia ISEE – elaborata da Carlos Chiatti e Mirko Di Rosa nel recente Rapporto prodotto per il Forum Nazionale del Terzo Settore [Quale futuro per il welfare? Le politiche assistenziali tra delega assistenziale e prospettive di sviluppo. Un’analisi a partire dai dati, disponibile cliccando qui, N.d.R.] – prevede una diminuzione dell’utenza del 37.5%. Applicarla, significherebbe risparmiare 735 milioni di euro nel 2012, 1 miliardo e 471 milioni nel 2013 e 2 miliardi e 205 milioni nel 2014; si tratta di risparmi inferiori a quanto ipotizzato da molti perché – secondo la legge – si può introdurre la soglia di reddito ISEE solo sulle nuove domande (flusso) e non sulle prestazioni in essere (stock). Detto altrimenti, il cambiamento non potrebbe toccare chi oggi già la riceve, ma si applicherebbe sulle domande presentate successivamente all’entrata in vigore della nuova normativa.
Si tratta, altresì, di risparmi del tutto marginali rispetto agli sforzi di bilancio resi necessari nel prossimo biennio dalle manovre di contenimento della spesa. Il pericolo – dunque – è che per inseguire un piccolo risparmio si produca un danno di portata storica al welfare italiano, destinato a produrre effetti negli anni.

Difesa dell’universalismo e miglioramento della qualità vanno a braccetto
Difendere l’universalismo nell’accesso all’indennità di accompagnamento, però, non significa difendere questa prestazione per com’è oggi. Vuol dire, esclusivamente, sostenere la necessità di mantenere il diritto di riceverla dipendente solo dal bisogno assistenziale del richiedente.
Le analisi proposte nel citato Rapporto indicano, altresì, che l’indennità potrebbe essere riformata, così da meglio rispondere alle esigenze di chi la riceve, ciò che viene sostenuto pure dalla maggior parte degli studi. L’impressione è che la domanda di mantenere l’accesso all’indennità di accompagnamento quale diritto di cittadinanza sia più forte se affiancata da una richiesta di miglioramento della qualità della misura. Per altro, le voci critiche sulla qualità dell’accompagnamento e le richieste di riformare tale prestazione giungono da più parti ed è ragionevole supporre che questo sarà un tema al centro del dibattito prossimo venturo.
Sempre il citato Rapporto prodotto per il Forum del Terzo Settore evidenzia, altresì, che le proposte di riforma dell’indennità presentate sinora sono, per lo più, disegnate pensando agli anziani non autosufficienti e non ai giovani e adulti con disabilità. Sembra dunque necessario che si sviluppino maggiormente proposte di riforma dell’indennità pensate per i giovani e gli adulti con disabilità, proposte – detto altrimenti – di come ridisegnare la misura in modo da renderla meglio in grado di rispondere alle loro specifiche esigenze.

La sfida che l’indennità di accompagnamento pone al mondo della disabilità, dunque, è duplice: da una parte la difesa dell’universalismo nell’accesso, dall’altra la presenza più incisiva  – nel dibattito pubblico – di proposte di miglioramento della prestazione rivolte a giovani e adulti con disabilità.

*Docente di Politica Sociale all’Università Cattolica di Milano e consulente scientifico dell’Istituto per la Ricerca Sociale (IRS). Nel dicembre del 2011, il Forum Nazionale del Terzo Settore ha – opportunamente e tempestivamente – pubblicato il citato Rapporto Quale futuro per il welfare? Le politiche sociali tra delega assistenziale e prospettive di sviluppo. Un’analisi a partire dai dati, documento che prende le mosse dall’analisi del Disegno di Legge Delega per la riforma fiscale e assistenziale – presentato nell’estate del 2011 dal Governo Berlusconi – e che si rivela un utile strumento di approfondimento e di lavoro sulle politiche sociali in Italia, in una fase di profondo cambiamento e di decisioni strategiche per i prossimi decenni.
A progettare il Rapporto è stato lo stesso Cristiano Gori, che ne ha diretto la preparazione, attraverso l’interazione con un gruppo di lavoro composto da vari esperti (tra cui anche il direttore editoriale del nostro sito Carlo Giacobini). Se ne consiglia caldamente la consultazione, accedendo al sito del Forum Nazionale del Terzo Settore e cliccando qui.

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