In redazione arrivano ogni tanto segnalazioni di prodotti video dedicati al tema della disabilità provenienti dal mondo della produzione indipendente. Associazioni che operano nel settore o privati che per le più diverse ragioni si imbattono sul tema della disabilità e sentono il desiderio di raccontarla per immagini, tanto più se per professione o passione hanno confidenza con il linguaggio audiovisivo. Di recente, ad esempio, abbiamo presentato La stanza di Hamdan, il breve documentario sulla situazione delle persone con disabilità in Palestina, realizzato dal volontario italo-siriano Abdullah Al Atrash. In quel caso l’esperienza cinematografica era praticamente inesistente e l’idea-guida era stato il desiderio di portare anche al fuori dai confini palestinesi la testimonianza delle difficili condizioni in cui versano i profughi e gli abitanti tutti con una mobilità ridotta.
Francesco Boschetti, trentaquattrenne romano, ha bussato alla nostra casella e-mail presentando il proprio lavoro di fiction, Il mondo di tutti – protagonisti Francesca Orrù e Antonio Ianiro – dedicato anche questo al tema della disabilità. Questa volta però ci troviamo davanti a un aspirante regista, che ha già all’attivo alcuni prodotti di corto e mediometraggio, e a una storia di fantasia, scritta per l’occasione dallo stesso Boschetti, anche se ispirata a fatti che realmente accadono nel nostro Paese.
Siamo sempre nell’ambito del cortometraggio – l’opera dura 28 minuti – e della piccola produzione, anche se in questo caso ci sono 20.000 euro del Municipio Roma XV Arvalia-Portuense, consegnati tramite la Cooperativa Sociale H Anno Zero, insieme alla quale il lavoro è stato svolto nel corso del 2011.
Boschetti ha deciso di mettere a disposizione Il mondo di tutti nel web. In Youtube è possibile infatti visionare non solo il trailer, ma anche l’intero cortometraggio.
H Anno Zero ha lasciato libertà all’autore, vincolandolo solo per quanto riguarda il tema: l’inclusione sociale delle persone con disabilità. Inoltre, ha sottolineato che la destinazione prima dello stesso sarebbe stata, almeno negli intenti, all’interno degli ambienti scolastici. Boschetti decide allora di affrontare una storia di studenti con disabilità, insegnanti di sostegno, compagni di classe, prèsidi, genitori e gite scolastiche: a Martin, giovane studente con disabilità fisica e intellettiva, viene preclusa la possibilità di andare in gita a Firenze insieme al resto della classe perché il pullman noleggiato per il viaggio non è dotato di sollevatore.
Una storia, questa, che noi di Superando abbiamo già conosciuto e trattato più di una volta, purtroppo in termini di realtà. È di neanche due mesi fa, e cioè dello scorso mese di dicembre 2011, il caso – tanto eclatante da essere stato ripreso da giornali nazionali come il «Corriere della Sera» – del professor Orazio Caschetto, dirigente dell’Istituto Comprensivo “Giuseppe Rogasi” di Pozzallo (Ragusa), che in vista di una settimana bianca dei propri studenti in Trentino, ha scritto testualmente ai genitori degli alunni una lettera di questo tipo: «Occorre essere atletici perché diversamente si rischia di rovinare la gita per sé e per il gruppo. Esempio: in una gara di matematica non ci va chi ha insufficienza grave».
Superando aveva trattato anche una storia che aveva direttamente a che fare con l’accessibilità del pullman. Ci riferiamo al caso genovese di Sestri Ponente.
Lì protagonista era una studentessa della scuola media, impossibilitata a partecipare alla gita di classe per mancanza di pullman accessibili. Pare che si fosse cercato in lungo e in largo per la Liguria e il basso Piemonte ma non fosse saltato fuori niente. Mentre in precedenza era stata caricata nel mezzo in braccio, nel 2011 – anno in cui il caso è esploso – nessuna delle ditte consultate ha accettato di assumersene la responsabilità. A differenza che nel corto di Boschetti, qui il problema autobus è “esterno” alla scuola, visto che i docenti si sono schierati al fianco della ragazza e insieme alla classe hanno dichiarato che se il problema non si fosse risolto avrebbero scelto di rinunciare tutti alla gita.
Ricordiamo ancora qualche altro caso. Andando più indietro nel tempo, nel 2008, alla Scuola dell’Infanzia di Castelbellino (Ancona), c’è un’altra testimonianza di disagio legata all’evento della gita. Questa volta l’impossibilità di trasportare la bimba per motivi regolamentari (guscio non omologato, problemi assicurativi in caso di incidente ecc.) è stata aggirata invitando i genitori a provvedere loro stessi ad accompagnarla, assumendosene però la piena responsabilità, in modo che la figlia risultasse a tutti gli effetti, per quel giorno, assente da scuola.
E ancora, un altro caso imbarazzante risale al 2010, quando alla quattordicenne Noemi era stato chiesto un contributo extra di 400 euro per poter seguire i compagni nella gita di tre giorni a Berlino. La somma doveva servire a sovvenzionare l’assistente per l’autonomia e la comunicazione che per legge (articolo 13, comma 3 della Legge 104/92) spetta di diritto agli studenti con disabilità.
Insomma, la questione “gite scolastiche” può ancora talvolta essere assai delicata e foriera di eventi di discriminazione. Infatti, accanto a numerose esperienze positive di inclusione, che vanno assolutamente valorizzate, rimangono gravi le eccezioni che impediscono ad alcuni studenti di seguire il percorso scolastico in tutti i suoi aspetti.
Il cortometraggio di Boschetti è dunque un’occasione in più per sollevare questo tema e promuovere l’inclusione. Ad apprezzare i buoni intenti del regista e della cooperativa sono stati anche alcuni attori professionisti, impegnati in piccoli ruoli di contorno. Si tratta di Luigi Diberti e Francesca Nunzi. Peccato che la scelta narrativa, giustificata in termini di “eroe”, “ostacoli” e “antagonista”, abbia dato vita a personaggi che non riflettono la complessità umana e rientrano schematicamente nella categoria dei “buoni” oppure in quella dei “cattivi” (o meglio, in questo caso, dei “rigidi”, persone mentalmente chiuse a nuove possibilità).
Ci teniamo a sottolineare questo aspetto perché è da diverso tempo che la nostra testata riflette sulla cosiddetta “sindrome di Lavazza”, per cui la persona con disabilità o chi pèrora la causa della disabilità, viene rappresentata come migliore delle altre, come moralmente inattaccabile.
Ne avevamo parlato anche con lo sceneggiatore e regista Stefano Rulli. Questo tipo di caratterizzazioni, per altro, non solo falsa la realtà della complessità degli esseri umani e delle situazioni umane, ma incappa in una sorta di “discriminazione al contrario”, per cui il disabile ancora una volta non è, semplicemente, come tutti gli altri, ma necessariamente migliore.
Una strada, questa, che a nostro parere viene imboccata ripetutamente nel mondo del cinema. Si vedano ad esempio i casi di due lungometraggi di successo, come Mai + come prima di Giacomo Campiotti e Le chiavi di casa di Gianni Amelio.