Leggo su queste stesse pagine le interessanti riflessioni della professoressa Paola Di Michele (Quella mancanza di visione sui delicati equilibri della relazione educativa), che conosco da anni e che ho sempre apprezzato per professionalità e partecipazione, sia quando era assistente per l’autonomia e la comunicazione, sia adesso che è docente di sostegno.
Nel suo contributo critica fortemente l’articolo 8 del recente Decreto Legge 71/24 (Disposizioni urgenti in materia di sport, di sostegno didattico agli alunni con disabilità, per il regolare avvio dell’anno scolastico 2024/2025 e in materia di università e ricerca), emanato dal governo, concernente la possibilità di conferma per un anno della supplenza dei docenti di sostegno precari. Siccome di questo argomento mi sono già occupato precedentemente su queste pagine, quando circolava una prima bozza di quell’articolo, voglio interloquire pacatamente con la professoressa Di Michele, poiché non condivido alcuni aspetti delle sue critiche.
Condivido infatti pienamente le sue critiche all’articolo 6 del decreto, riguardante un’immissione in ruolo ope legis [“per forza di legge”] di docenti che vengono formalmente specializzati sul sostegno, solo con la metà di formazione di tutti i “regolari” docenti di sostegno e senza avere superato le prove attitudinali fortemente selettive alle quali debbono sottoporsi tutti gli insegnanti che vogliono intraprendere questa delicata professione di sostegno, discriminando così tutti quelli che si sono iscritti all’ultimo corso di specializzazione ordinario.
Per amor di patria, la professoressa sorvola poi sull’incredibile sanatoria, di cui all’articolo 7 del Decreto, dei docenti che hanno conseguito un titolo all’estero assolutamente inidoneo a svolgere l’inclusione scolastica realizzata in Italia. Come pure non entro nel merito dell’anomala decisione del governo di affidare la formazione degli “specializzandi parziali” all’INDIRE (Istituto Nazionale Documentazione, Innovazione, Ricerca Educativa), istituzionalmente finalizzato a compiti ben diversi dalla formazione dei docenti quali sono invece le università.
Soffermiamoci, invece, sull’articolo 8, secondo il quale, a richiesta della famiglia e sentito il docente interessato, il dirigente scolastico può autorizzare la permanenza su posto di sostegno del supplente per l’anno successivo; ciò sempre che la cattedra non sia sede di trasferimento richiesta da un docente di sostegno di ruolo o non spetti ad altro supplente situato in graduatoria in posizione migliore rispetto a quella del docente di cui si chiede il non licenziamento (che è invece obbligatorio per i supplenti annuali).
Concordo innanzitutto con la professoressa Di Michele sulla parzialità della scelta urgente di attuare la continuità didattica, sia pure per un anno, del solo docente di sostegno, in contraddizione col principio dell’inclusione, costituito dal dovere di presa in carico da parte di tutto il Consiglio di Classe del progetto inclusivo dell’alunno con disabilità.
È però da osservare, cosa purtroppo ben nota a tutti, che per legge sino ad oggi i docenti disciplinari non hanno avuto mai l’obbligo di una formazione pedagogica e didattica su come insegnare nelle scuole la propria disciplina e in particolare su come farlo con gli alunni/alunne con disabilità. Pertanto, prima ancora di pretendere, come sarebbe giusto e doveroso, la continuità didattica anche per tutti i docenti disciplinari, occorre insistere per una formazione iniziale obbligatoria di tutti i docenti disciplinari sulla pedagogia e sulle didattiche anche speciali.
Questo assurdo vuoto normativo è stato formalmente colmato solo nel 2022 con la Legge 79/22, che ha introdotto per tutti i docenti delle scuole secondarie di primo e secondo grado l’obbligo di un anno abilitante all’insegnamento dopo la laurea quinquennale magistrale. La legge ha avuto un suo regolamento applicativo solo il 3 agosto 2023, i cui adempimenti, però, non sono stati effettuati in tempo utile per consentire ai docenti laureati di poter iniziare ad insegnare con l’abilitazione annuale per l’anno scolastico 2024/2025. Tuttavia, dei 60 CFU (Crediti Formativi Universitari) previsti per l’anno abilitante obbligatorio, solo poche unità sono previste per la pedagogia e le didattiche speciali. Pertanto se si vuole evitare seriamente la delega ai soli docenti di sostegno è indispensabile, come richiesto dalla SIPeS (Società Italiana di Pedagogia Speciale) e dalla FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap) che tale misero numero di CFU venga notevolmente aumentato, sia a livello di didattica generale che a livello di princìpi delle didattiche speciali, sia con riguardo alle principali tipologie di bisogni educativi derivanti dalle minorazioni, e anche rispetto alle differenti discipline.
Fermo restando, dunque, quanto fin qui detto, l’articolo 8 del Decreto Legge 71/24 è “meno grave” di quanto si pensi. Infatti:
° La famiglia non sceglie il docente, come comunemente si dice; quel docente, essendo supplente, non potrebbe rimanere sulla stessa classe per l’anno successivo. Pertanto, la richiesta della famiglia non è tanto di una nomina, ma per evitare una discontinuità didattica. Quindi per questo aspetto non mi pare che si possa parlare di privatizzazione dell’incarico, ciò che sarebbe deprecabile, ma di richiesta di continuità, cosa invece desiderabile per tutti i docenti.
° Non è vero che la richiesta della famiglia sia “insindacabile”, come detto dalla professoressa Di Michele, poiché la decisione finale spetta al dirigente scolastico il quale, per motivi di carattere giuridico o di opportunità amministrativa, potrebbe non accoglierla.
° Come detto or ora, i motivi devono essere o di carattere giuridico o di opportunità amministrativa e quindi formalmente espressi e posti a base della decisione del dirigente, pertanto pienamente controllabili.
° Tra i motivi giuridici, l’articolo 8 espressamente prevede il diritto prioritario dei docenti di ruolo al trasferimento su quella cattedra e il diritto di aspiranti a supplenza con punteggio maggiore del docente di cui si chiede la continuità didattica.
° Infine, il rischio che siano i supplenti a premere sulla famiglia per essere confermati anche accontentandola, indipendentemente dalle effettive esigenze dell’alunno con disabilità, mi pare possa essere fugato dall’intervento del dirigente scolastico che, come sopra detto, deve effettuare una scelta ponderata e documentata.
In conclusione, quindi, personalmente ritengo che, pur con le limitazioni dovute alla carenza normativa e ai ritardi circa la formazione pedagogica e didattica di tutti i docenti disciplinari, questa soluzione – certamente parziale – è comunque migliore e quindi preferibile a quella di lasciare la discontinuità anche per i docenti per il sostegno.
Nel ringraziare la professoressa Di Michele per l’impegno umano e professionale dimostrato anche con questo suo articolo, mi auguro che esso riesca pure a sollecitare il governo a realizzare la continuità didattica per i docenti di sostegno a tempo indeterminato, come richiesto nella Proposta di Legge della FISH sull’istituzione di apposite “cattedre di concorso per il sostegno didattico” e quella, auspicata da tutti, della continuità didattica per tutti i docenti.